giovedì, Maggio 2, 2024
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ART.18 RIFORMA FORNERO: No alla retroattività

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

sentenza 9.1.2014 n.301

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:Dott. STILE Paolo – Presidente -Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere -Dott. D\’ANTONIO Enrica – Consigliere -Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere -Dott. TRIA Lucia – Consigliere -ha pronunciato la seguente: sentenzasul ricorso 26153-2012 proposto da:ANSALDO SISTEMI INDUSTRIALI S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona dellegale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,VIA PASUBIO 15, presso lo studio dell\’avvocato TARDELLA CARLO, che larappresenta e difende unitamente all\’avvocato JUCCI GUIDO, giustadelega in atti; – ricorrente – contro F.S.; – intimato -nonchè da: F.S. C.F. (OMISSIS), elettivamentedomiciliato in ROMA, VIA BANCO DI S. SPIRITO 48, presso lo studiodell\’avvocato D\’OTTAVI AUGUSTO, rappresentato e difeso dall\’avvocatoSCISCA ROBERTO, giusta delega in atti; – controricorrente e ricorrente incidentale – controANSALDO SISTEMI INDUSTRIALI S.P.A. C.F. (OMISSIS); – intimata -avverso la sentenza n. 1358/2011 della CORTE D\’APPELLO di MILANO,depositata il 21/05/2012 R.G.N. 89/2010;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del19/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;udito l\’Avvocato TARDELLA CARLO; udito l\’Avvocato SCISCA ROBERTO;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Matera Marcello che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.


Fatto


La Corte d\’appello di Milano, con sentenza emessa il 2.12.11 e depositata il 21.5.12, in riforma diquella n. 5303/09 emessa dal Tribunale della stessa sede, annullava il licenziamento intimato il30.7.07 a F.S. da Ansaldo Sistemi Industriali S.p.A., condannando quest\’ultima al pagamento atitolo risarcitorio dell\’ammontare delle retribuzioni – sulla base di una retribuzione mensile pari aEuro 9.261,78 – maturate da tale licenziamento al secondo recesso poi intimato dalla società, oltrealla regolarizzazione contributiva per lo stesso periodo.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre Ansaldo Sistemi Industriali S.p.A. affidandosi a quattromotivi.

F.S. resiste con controricorso e a sua volta spiega ricorso incidentale basato su un solo motivo.DirittoMOTIVI DELLA DECISIONE


1 – Preliminarmente ex art. 335 c.p.c. si riuniscono i due ricorsi in quanto aventi ad oggetto lamedesima sentenza.


2- Con il primo motivo del ricorso principale si lamenta violazione e falsa applicazione dell\’art.2697 c.c. per avere la Corte territoriale, considerando generica la contestazione sul punto svoltadalla società, accolto la domanda di risarcimento danni sulla base di una retribuzione mensileindicata – ma non provata – dal F. in Euro 9.261,78 e nonostante che la stessa busta paga prodottadal lavoratore recasse una retribuzione mensile pari ad Euro 5.934,33. In tal modo – prosegue lasocietà ricorrente – la sentenza impugnata ha addossato al convenuto l\’onere di dimostrarel\’infondatezza della domanda dell\’attore. Per altro – conclude il motivo – che l\’importo mensiledella retribuzione del F. fosse di Euro 5.934,33 e non di Euro 9.261,78 è circostanza acclarata inaltra sentenza del Tribunale di Milano, che ha rigettato la domanda del lavoratore intesa adottenere il pagamento di differenze retributive e benchè tale sentenza sia stata appellata, essa fastato tra le parti o almeno giustifica la sospensione del presente processo in attesa del passaggio ingiudicato.

Analoga doglianza viene sostanzialmente fatta valere con il secondo motivo (sotto forma di viziodi motivazione e violazione dell\’art. 112 c.p.c.) e con il terzo motivo (ancora sotto forma di viziodi motivazione e violazione degli artt. 112 e 346 c.p.c., considerato che in appello il F. non avevareiterato ed argomentato la domanda risarcitoria concernente detta quantificazione).

Con il quarto motivo (sebbene non numerato come tale) la ricorrente principale chiede comunquela cassazione della sentenza impugnata anche in ragione dello ius superveniens costituito dalnuovo testo della L. n. 300 del 1970, art. 18, come modificato dalla L. n. 92 del 2012, art. 1,comma 42, nuovo testo entrato in vigore il 18.7.12 e che per licenziamenti come quello in discorso(annullato per violazione del c.d. repechage) prevede non più la tutela reintegratoria, ma una meratutela indennitaria. Sostiene la società ricorrente che si tratta di normativa applicabile anche alicenziamenti intimati prima dell\’entrata in vigore della novella, giacchè la (li citata L. n. 92 del2012, mentre dispone che le modifiche processuali abbiano effetto solo per i licenziamentisuccessivi all\’entrata in vigore della legge stessa, non opera analogo rinvio quanto agli effettisostanziali d\’un licenziamento illegittimo.

3 – I primi tre motivi del ricorso principale – da esaminarsi congiuntamente perchè connessi – sonoinfondati.La prima censura contenuta nel ricorso principale sembra sovrapporre onere di contestazione eonere probatorio, trascurando che il secondo sorge solo se e nella misura in cui si sia in presenzadi fatti specificamente contestati: si veda in proposito l\’art. 115 c.p.c., comma 1, nel testo risultantedalla novella di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 45, che ha esteso anche al rito ordinario quelprincipio di non contestazione che – per antica e consolidata giurisprudenza di questa CorteSuprema (cfr., ex aliis, Cass. 13.3.12 n. 3974; Cass. 3.7.08 n. 18202; Cass. 27.2.08 n. 5191; Cass.16.12.05 n. 27833;

Cass. 19.1.05 n. 996; Cass. 6.7.04 n. 12345; Cass. 5.3.04 n. 4556;


Cass. 21.10.03 n. 15746; Cass. 15.1.03 n. 535; Cass. S.U. 23.1.02 n. 761) – governa il rito speciale,alla stregua del disposto dell\’art. 416 c.p.c., che impone al convenuto, a pena di decadenza, l\’oneredi prendere immediata e precisa posizione in ordine ai fatti primari asseriti dall\’attore a sostegnodella propria domanda.


Per l\’effetto, nel rito speciale – e, per i giudizi instaurati dopo il 4.7.09, anche in quello ordinario aseguito della novella dell\’art. 115 c.p.c. operata con L. n. 69 del 2009 – vige il principio per cui lamancata specifica contestazione dei fatti costitutivi della domanda vincola il giudice a riteneresussistenti i fatti stessi, salvo che (ma non è questo il caso) il giudice positivamente accertid\’ufficio l\’esistenza o l\’inesistenza di fatti non contestati che emerga dalle risultanze probatorie giàritualmente e tempestivamente acquisite (cfr. Cass. 4.4.12 n. 5363; Cass. 10.7.09 n. 16201).

Ora, l\’impugnata sentenza ha dato atto che F.S. ha indicato in Euro 9.261,78 la propriaretribuzione mensile e che tale ammontare è stato solo genericamente contestato dalla società.


Dunque, a fronte di un fatto primario solo genericamente contestato, la Corte territoriale ha fattocorretta applicazione del summenzionato principio di non contestazione.

E\’ pur vero che le S.U. di questa S.C., con sentenza 22.5.12 n. 8077, hanno statuito che, quandocol ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento odella sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un\’attività deviante rispetto ad unmodello legale rigorosamente prescritto dal legislatore ed in particolare un vizio afferente allanullità dell\’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell\’oggetto della domanda o delleragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizioneall\’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato laquestione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali ilricorso si fonda.

Tuttavia ciò è consentito – prosegue la citata sentenza n. 8077/12 – purchè la censura sia stataproposta conformemente alle regole fissate a riguardo dal codice di rito e oggi, quindi,conformemente alle prescrizioni dettate dall\’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma2, n. 4.

Nel caso in esame, invece, la Ansaldo Sistemi Industriali non ha nè trascritto il punto della propriamemoria difensiva in cui contestava l\’ammontare della retribuzione mensile indicato dall\’attore(sicchè il ricorso si palesa, a riguardo, non autosufficiente) nè ha indicato gli atti e i documenti sucui si fonda il proprio ricorso, così contravvenendo al cit. art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Analogo difetto di autosufficienza e di rispetto dell\’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 si rinviene anchenella parte del primo motivo in cui si parla di altra sentenza resa inter partes dal Tribunale diMilano; a ciò è appena il caso di aggiungere che, trattandosi – a dire della stessa società ricorrente- di sentenza ancora sub indice, in nessun caso può fare stato tra le odierne parti; in proposito ilricorso sembra non distinguere fra la mera provvisoria esecutività della sentenza di primo grado ela sua efficacia dichiarativa, che ex art. 2909 c.c. consegue solo al giudicato.

La questione del se la provvisoria esecutività possa riferirsi soltanto all\’anticipazione dell\’efficaciaesecutiva della sentenza di condanna, rispetto al momento del suo passaggio in giudicato, od anchead altri tipi di sentenza (v. in particolare le statuizioni inibitorie e quelle costitutive) è stata datempo risolta in senso negativo dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema (cfr., e pluribus,Cass. 26.3.09 n. 7369; Cass. 12.7.2000 n. 9236; Cass. 6.2.99 n. 1037; Cass. 24.5.93 n. 5837):invero, affinchè vi sia un\’anticipazione dell\’efficacia di accertamento e/o costitutiva della sentenzarispetto al momento della formazione del giudicato formale vi sarebbe bisogno d\’una specificaprevisione normativa (come, ad esempio, quella dell\’art. 421 c.c.) che invece nell\’art. 282 c.p.c., eart. 431 c.p.c., comma 1 manca del tutto.

Suffragano tale soluzione anche l\’art. 447 bis – che si riferisce alla sola ipotesi di sentenza dicondanna – e l\’art. 283 c.p.c. (dettato per regolare la sospensione dell\’esecuzione provvisoriageneralizzata sancita, appunto, dall\’art. 282 c.p.c.), che prevede che l\’inibitoria attenga alla”efficacia esecutiva” della sentenza di primo grado.In altre parole, l\’anticipazione dell\’efficacia della sentenza rispetto al suo passaggio in giudicatoriguarda soltanto il momento dell\’esecutività della pronuncia, con la conseguenza – attesa lanecessaria correlazione tra condanna ed esecuzione forzata – che la disciplina dell\’esecuzioneprovvisoria ex art. 282 c.p.c. trova legittima attuazione solo con riferimento alla pronuncia dicondanna, poichè è l\’unica che possa, per sua natura, integrare titolo esecutivo (il concetto stessodi esecuzione postula, infatti, un\’esigenza di adeguamento della realtà al decisum che,evidentemente, manca nelle statuizioni di mero accertamento o costitutive).

In sintesi, deve ribadirsi che le statuizioni dichiarative o costitutive sono inidonee ad acquisireefficacia esecutiva prima del passaggio in cosa giudicata e deve escludersi in relazione ad esseche, prima della definizione della controversia con tale passaggio in giudicato, sussista un titolosuscettibile di provocare l\’immutazione della situazione giuridica preesistente (cfr. Cass. 24.3.98 n.3090).

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