sabato, Maggio 18, 2024
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DECRETO 231/01: Falso DURC, si traduce in Responsabilità amministrativa d’impresa

“Il fine giustifica i mezzi” diceva il Principe Macchiavelli.

In effetti, l\’amministratore di una società di persone, pur di vincere un\’appalto – quindi agendo nell\’interesse e a vantaggio dell\’azienda di cui era amministratore – lo ha indotto a dichiarare il falso.
Su queste basi, vinto l\’appalto e scoperto il fatto che aveva dichirato il falso nel senso che la regolarità contributiva era troppo aleatoria, il castello è crollato con le inevitabili consguenze ai fini del Decreto 231/01.
Ancora una volta la previsione di rischio e un adeguato Modello
organizzativo d\’impresa può fare la differenza, soprattutto se si
incorra in una delle tante sanzioni amministrative di cui alla
Responsabilità della persona giuridica.

La stretta, questa volta, riguarda le dichiarazioni false o mendaci
dell\’amministratore (nel caso in specie il socio accomandatario di una
Sas), il quale, pur di raggiungere l\’obiettivo di vincere un appalto
pubblico non si risparmia in niente e fa il finto tonto, dichiarando il
falso.

Le conseguenze sono salate.

Quello di attestare il falso circa il regolare versamento di
contributi previdenziali in capo ai dipendenti di una società, oltre a
costituire il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto
pubblico (ex art.483 del cp) e truffa in danno dello Stato (ex 2° comma
dell\’art.640 cp), in materia di appalti pubblici, importa anche una
Responsabilità amministrativa d\’impresa di cui al D.lgs 231/01. A
stabilirlo è la
Cassazione, sezione V penale, con la sentenza 14359 depositata il 16
aprile 2012.
Il
rappresentante legale di una Sas attestava in una dichiarazione sostitutiva di
atto notorio di essere in regola con gli obblighi relativi alla contribuzione
sociale e con gli adempimenti fiscali. L\’atto era destinato ad un ente pubblico
per la partecipazione ad una gara di appalto, che veniva aggiudicata proprio
dalla società in questione.
Successivamente veniva scoperta la falsità di
detta attestazione e il rappresentante legale veniva condannato per i reati di
cui agli articoli 483 (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico)
e 640 del codice penale (truffa) per aver attestato falsamente la regolarità
contributiva e fiscale della società e posto in essere atti idonei diretti in
modo non equivoco ad indurre in errore i funzionari dell\’ente preposti alla
gara, ottenendo indebitamente l\’aggiudicazione dell\’appalto in pregiudizio
dell\’ente e delle altre ditte partecipanti Nei confronti della società, invece,
veniva affermata la responsabilità per il correlato illecito amministrativo (ex
Dlgs 231/2001).
Il rappresentante legale e la società ricorrevano in
Cassazione evidenziando, tra l\’altro, che una precedente decisione delle Sezioni
Unite aveva escluso la truffa in presenza del delitto di indebita percezione di
elargizioni a carico dello Stato e ritenuto assorbente le condotte di falso.
La Suprema corte ha rigettato il ricorso rilevando, in estrema sintesi, che
nella vicenda in esame, non si trattava di un\’indebita elargizione, ma di
un\’illegittima aggiudicazione di appalto. Da qui la conferma della condanna
anche ai fini del Dlgs 231/2001 nei confronti alla società, per aver omesso,
evidentemente, la predisposizione di idonei modelli organizzativi
preventivi.

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