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CONFISCA: Prima la società, poi l’amministratore

Cassazione Penale, sentenza depositata il 19 ottobre 2015

GIUSTIZIA (3)
La
confisca per il reato fiscale è obbligatoria anche in caso di
patteggiamento. Tuttavia, quando l’imputato è il legale rappresentante
di una società, il giudice è tenuto alla preventiva ricerca del profitto
presso la persona giuridica.

È quanto emerge dalla sentenza n. 41842/2015 della Corte di Cassazione – Terza Sezione Penale.

Gli
ermellini hanno accolto il ricorso di un imprenditore che ha
patteggiato la pena in relazione al reato di omesso versamento di
ritenute certificate ex art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000.

Con
la sentenza ex art. 444 c.p.p., è stata disposta anche la confisca di
una somma equivalente all’imposta evasa, la quale, secondo la difesa
dell’imputato, è stata quantificata “arbitrariamente”, posto che il
giudice di merito ha fatto riferimento a quanto dichiarato nei modelli
770, senza acquisire la prova (necessaria) del rilascio delle
certificazioni ai sostituiti.

Ebbene, la Suprema Corte ha osservato che la confisca non può mai superare il profitto del reato,
inteso come risparmio di spesa derivante dall’evasione d’imposta,
comprensivo anche degli ulteriori vantaggi riflessi riconducibili alle
sanzioni e alle altre somme eventualmente dovute. Pertanto, “il giudice è tenuto a valutare l’equivalenza tra il valore dei beni e l’entità del profitto medesimo”. Il giudice è altresì tenuto, quando l’imputato è un legale rappresentante di società, ad accertare se il profitto del reato possa essere rinvenuto presso la società medesima.

E difatti le Sezioni Unite hanno chiarito (sentenza n. 10561/2014) che:

è consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro
preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili
o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario
commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale
profitto (o beni direttamente riconducibili al profitto) sia nella
disponibilità di tale persona giuridica;
– non è consentito il
sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei
confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il
profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona
giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo
fittizio;
– non è consentito il sequestro preventivo finalizzato
alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona
giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile
il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni
fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato
tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a
costoro o a persona (compresa quella giuridica) non estranea al reato;

l’impossibilità del sequestro del profitto di reato può essere anche
solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca
generalizzata dei beni costituenti profitto del reato.

Ecco,
dunque, l’errore del giudice di merito: ha disposto la confisca per
equivalente di una somma che ha assunto come pari all’imposta evasa, “limitandosi ad affermare”, scrivono gli ermellini, “che essa rientrasse nell’ambito applicativo degli artt. 1, comma 143, della L. 244/2007 e 3222 ter cod. pen., e quindi senza affrontare la problematica in precedenza evidenziata”.

Di qui l’annullamento della sentenza di condanna limitatamente alla disposta confisca con rinvio al Tribunale.

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