L’operazione
di calcolo effettuata al fine di affermare il superamento del tasso
soglia, cioè la somma fra la misura percentuale del tasso degli
interessi corrispettivi e la misura percentuale prevista per gli
interessi moratori, è errata sotto il profilo logico e matematico,
perché in tal modo la parte ha sommato due entità tra loro eterogenee,
che si riferiscono a due basi di calcolo differenti.
Infatti, il tasso corrispettivo si applica al debito
capitale residuo, al fine di determinare la quota interessi della rata
di ammortamento, mentre il tasso di mora si calcola sulla singola rata
di ammortamento, nel caso in cui la stessa non sia pagata alla scadenza.
Tali modalità rispecchiano la differente
natura dei due tassi, giacché l’interesse corrispettivo è espressione
della fruttuosità del denaro, mentre quello di mora ha natura
risarcitoria per l’inadempimento.
Ne consegue che non è possibile sommare
la misura percentuale degli interessi corrispettivi e quella degli
interessi di mora, perché tali percentuali si applicano a grandezze
diverse.
La loro somma, quindi, conduce ad un risultato privo di significato, che non esprime alcunché.
La diversa tesi sostenuta da parte attrice è palesemente infondata e disattende nozioni elementari di matematica finanziaria. Né può essere invocata a giustificazione la ben nota sentenza della Corte di Cassazione n. 350/2013, perché essa si è limitata ribadire che anche l’interesse di mora deve rispettare il limite del tasso soglia,
di modo che occorre considerare la maggiorazione prevista per la mora
quando il relativo tasso è costituito da uno spread applicato al tasso
corrispettivo, ma non ha certo affermato che debba essere operata la somma delle misure percentuali del tasso corrispettivo e di quello di mora.
Questo il testo della Sentenza n. 3021/2016 pubbl. il 08/03/2016 del TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO SESTA SEZIONE CIVILE