Le spighe si elevano con la testa dritta e fiera finché sono vuote. Quando,
nella loro maturità, sono colme e piene di grano, si fanno umili e abbassano il
capo.
Hanno rinunciato alla loro presunzione, hanno riconosciuto la loro
condizione naturale.
Quando scriveva queste righe, Montaigne forse guardava da
una bifora del suo studiolo la campagna bordolese che circondava il castello
paterno. E un semplice fenomeno naturale si trasformava in una metafora morale.
Un po’ tutti, quando siamo ancora giovani e immaturi, siamo pronti ad essere
giudici sferzanti, a impancarci nell’assegnare soluzioni sbrigative a tutti i
problemi.
Avanzando negli anni, sotto la frusta dell’esperienza o
curvando il capo nello studio, diventiamo anche noi come le spighe colme di
chicchi, più umili, più consapevoli dei limiti, più saggi nel giudicare,
perdendo quella presunzione che ci faceva levare il capo in un altezzoso giro d’orizzonte.
Purtroppo, però, non tutte le spighe si riempiono di grano; non poche rimangono,
anche quando sono secche (cioè vecchie), con la loro fluttuante vuotezza e
vacuità …
DAL SOLE 24 ORE
DEL 19 GIUGNO 2016
