giovedì, Maggio 2, 2024
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IL LICENZIAMENTO: Disciplina normativa (Agosto 2016)

La disciplina
normativa del licenziamento. Guida legale.
Edizione Agosto 2016


Il rapporto di lavoro (la cui durata non è stata predeterminata
mediante apposizione di un termine) può estinguersi, alla pari degli altri
rapporti di durata, per recesso delle parti.

Con il termine licenziamento, in particolare, si fa riferimento
al recesso esercitato dal datore di lavoro. Esso è assoggettato a
numerosi limiti ispirati ad esigenze di tutela della parte debole del rapporto,
ovverosia il lavoratore, e a garantire, così, la stabilità del posto di lavoro.

Il licenziamento nel codice
civile

La normativa del licenziamento originariamente prevista dal codice
civile prevedeva, come regola generale, la libera recedibilità dal
rapporto di lavoro sia per il lavoratore che per il datore di lavoro. L\’unica
forma di tutela per le parti era rappresentata dal preavviso, peraltro
sostituibile con un\’apposita indennità economica.

Un\’eccezione, però, vi era ed era rappresentata (e lo è tuttora) dal licenziamento
nel rapporto a tempo determinato
: con riferimento ad esso la libera
recedibilità lasciava il passo alla possibilità di licenziare solo in presenza
di una giusta causa (nozione sulla quale ci soffermeremo più avanti).

Tale affermazione, in considerazione della perdurante vigenza con
riferimento ai contratti a termine dell\’articolo 2119 del codice civile, vale
tuttora
.

Diverso discorso, invece, va fatto con riferimento al rapporto a
tempo indeterminato
: numerosi interventi legislativi speciali, infatti,
negli anni hanno limitato in maniera netta l\’area della libera recedibilità,
vincolando il recesso datoriale al rispetto di stringenti limiti sostanziali
e formali
.
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]

La libera recedibilità

Ciò, tuttavia, non vuol dire che la libera recedibilità sia scomparsa
del tutto dal nostro ordinamento.

Rispetto a particolari categorie di lavoratori, infatti, il recessoad nutum datoriale è ancora possibile. Ci si riferisce, nel
dettaglio, ai dirigenti, ai lavoratori in prova, ai lavoratori
domestici
, agli atleti professionisti e ai lavoratori
ultrasessantacinquenni
in possesso dei requisiti pensionistici.
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Requisiti sostanziali del
licenziamento

Al di fuori dei casi in cui resta possibile il recesso ad nutum,
nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato le possibilità di licenziamento,
come visto, sottostanno al rispetto di alcuni requisiti sia sostanziali che
formali.

I requisiti sostanziali sono rappresentati dalla sussistenza di
una giusta causa (come per il licenziamento nel contratto a tempo determinato),
di un giustificato motivo soggettivo o di un giustificato motivo oggettivo.

La giusta causa

La giusta causa, in particolare, è rappresentata da qualsiasi
causa che impedisca la prosecuzione anche provvisoria del rapporto di
lavoro.

Essa attiene alla condotta del lavoratore e comprende sia le violazioni
gravi degli obblighi
contrattuali che gli altri fatti idonei a ledere in
maniera irreparabile il legame di fiducia
.

Proprio l\’impossibilità di proseguire il rapporto di lavoro fa sì che
il licenziamento per giusta causa sia svincolato dall\’obbligo di preavviso.
La sua legittimità, tuttavia, è subordinata alla immediatezza e alla tempestivitàdella sua adozione.

Il giustificato motivo
soggettivo

Affine, ma distinto, dalla giusta causa è il giustificato motivo
soggettivo
.

Esso si estrinseca in un inadempimento degli obblighi contrattualida parte del lavoratore notevole, ovverosia di non scarsa importanza
rispetto agli interessi datoriali.

Anche il licenziamento per giustificato motivo soggettivo deve esseretempestivo ed immediato. A differenza del licenziamento per giusta causa,
però, soggiace all\’obbligo di preavviso, la cui durata è disciplinata
dalla contrattazione collettiva.

Sia il licenziamento per giusta causa che il licenziamento per
giustificato motivo soggettivo si configurano come licenziamenti
disciplinari
, con la conseguenza che ad essi deve applicarsi la procedura
prevista dall\’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori. Ciò vuol dire che, prima
di irrogarli, il datore di lavoro deve procedere a una preventiva e
specifica contestazione dell\’addebito
e garantire la difesa del
lavoratore.

Il giustificato motivo
oggettivo

Il giustificato motivo oggettivo, infine, si identifica in ragioni
inerenti all\’attività produttiva o all\’organizzazione del lavoro e al regolare
funzionamento di essa
.

Gli interessi dei lavoratori alla conservazione del posto di lavoro,
insomma, vengono meno non solo in presenza di un inadempimento (grave o notevole)
degli stessi ma anche dinanzi ad esigenze tecnico-produttive e a scelte
organizzative dell\’impresa.

Chiaramente tali cause devono effettivamente sussistere ed
essere alla base del recesso datoriale, altrimenti quest\’ultimo non
sarebbe possibile.

Anche situazioni e vicende personali dei lavoratori possono
venire in rilievo come giustificati motivi oggettivi di licenziamento, ma solo
quando incidano in qualche modo sul corretto funzionamento
dell\’organizzazione aziendale
. Si pensi, ad esempio, ai casi di
sopravvenuta inidoneità fisica.

Secondo una consolidata e pacifica interpretazione giurisprudenziale praeter
legem
, il datore di lavoro, prima di procedere a un licenziamento per
giustificato motivo oggettivo, deve verificare che il lavoratore non possa essere
utilizzato in altre posizioni equivalenti. Si parla, a proposito, di obbligo
di repechage
, che rende tale tipologia di licenziamento una extrema
ratio.

Anche il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è subordinato
al preavviso.

Requisiti formali del
licenziamento

I requisiti formali riguardano essenzialmente la forma e il contenuto
dell\’atto di recesso.

In particolare, come sancito dall\’articolo 2 della legge numero
604/1966 (nella versione riformata dalla legge Fornero n. 92/2012), il datore
di lavoro, sia esso imprenditore o non imprenditore, deve innanzitutto comunicare
il licenziamento al prestatore di lavoro per iscritto
.

A differenza di quanto avveniva in passato, quando le ragioni alla
base del licenziamento erano esternate solo a richiesta del lavoratore, oggi la
comunicazione del licenziamento deve inoltre contenere la specificazione dei
motivi che lo hanno determinato
.

In mancanza di tali requisiti, il recesso datoriale è inefficace.

Termini per impugnare il
licenziamento

Il lavoratore che ritenga di aver subito un licenziamento illegittimo
è tenuto ad impugnarlo, a pena di decadenza, entro sessanta giornidalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, con qualsiasi atto
scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la sua volontà.

L\’impugnazione, peraltro, è inefficace se nei centottanta giorni
successivi non è seguita dal deposito del ricorso nella cancelleria del
tribunale
in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla
controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato
.

Se la conciliazione o l\’arbitrato richiesti siano stati rifiutati o
non si sia raggiunto l\’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso
al giudice deve essere depositato entro sessanta giorni dal rifiuto o dal
mancato accordo, a pena di decadenza.

Si sottolinea che l\’onere della prova della sussistenza della
giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento grava in capo al datore
di lavoro, così come su di esso grava la prova dei requisiti dimensionali ove
rilevante ai fini della tutela.

Al lavoratore resta semmai l\’onere della prova circa l\’eventuale
carattere discriminatorio del licenziamento impugnato.

La revoca del licenziamento

La riforma Fornero del 2012 ha introdotto nel nostro ordinamento la
possibilità di revoca del licenziamento da parte del datore di lavoro,
confermata anche dal cd. Jobs Act.

La revoca, in particolare, va fatta entro il termine di quindici
giorni
dalla comunicazione al datore di lavoro dell\’impugnazione del
licenziamento e produce l\’effetto di ripristinare il rapporto di lavoro
senza soluzione di continuità
.

Il lavoratore, dunque, ha diritto a ricevere la retribuzione maturata
nel periodo precedente la revoca.


Fonte:
Il licenziamento – guida
legale congedi parentali

(www.StudioCataldi.it)

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