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Il pericolo di investire in azioni di cui nessuno parla

Il pericolo di investire in azioni di cui nessuno parla

Violetta Silvestri

23 Febbraio 2024 – 10:45

Fonte: Money.it

Investire esclusivamente in azioni è davvero la mossa giusta, sulla scia dell’attuale euforia azionaria? Gli analisti mettono in guardia sui pericoli di questa strategia di cui nessuno parla.

 

Gli investitori dovrebbero puntare tutto sulle azioni?

La domanda sembrerebbe avere una risposta scontata vista l’euforia azionaria da inizio anno a oggi. Tuttavia, il dilemma su come costruire il proprio portafoglio di investimenti è più vivo che mai e l’entusiasmo nei confronti della propensione al rischio scricchiola dinanzi a pericoli spesso trascurati.

Euforia azioni, investire tutto in questi asset?

Sono trascorsi meno di due mesi del 2024, ma l’anno si prospetta già da record e molto promettente per gli investitori del mercato azionario.

L’indice S&P 500 delle grandi aziende americane è in rialzo del 5%, dopo aver superato quota 5.000 per la prima volta in assoluto, spinto da un’ondata di entusiasmo per i giganti della tecnologia, come Meta e Nvidia. Proprio i risultati soddisfacenti del colosso dei chip hanno trainato i listini mondiali verso impennate da record, riportando entusiasmo nei confronti della propensione al rischio, soprattutto legata al settore tech.

Tra gli studi più recenti sul tema c’è quello di ottobre scorso di un trio di accademici finanziari Aizhan Anarkulova, Scott Cederburg e Michael O’Doherty. Essi sostengono la necessità di un portafoglio composto al 100% da azioni, un approccio diverso e contrario a quello tradizionale secondo il quale una combinazione di azioni e obbligazioni è la soluzione migliore per la maggior parte degli investitori.

Un portafoglio composto esclusivamente da azioni (anche se per metà americane e per metà globali) probabilmente batterà un approccio diversificato, sostengono gli autori, su una scoperta basata su dati risalenti al 1890.

Investire solo in azioni: attenzione all’inganno

Cliff Asness, fondatore di aqr Capital Management, un hedge fund quantitativo è d’accordo sul fatto che un portafoglio di azioni ha un rendimento atteso più elevato di uno di azioni e obbligazioni. Tuttavia, egli sostiene che potrebbe non avere un rendimento più elevato in base al rischio assunto.

Per gli investitori in grado di utilizzare la leva finanziaria, Asness sostiene che è meglio scegliere un portafoglio con il miglior equilibrio tra rischio e rendimento, e poi prendere in prestito per investire in una quota maggiore. Anche per coloro che non possono facilmente contrarre prestiti, un’allocazione azionaria del 100% potrebbe non offrire il miglior rendimento in base al rischio che gli investitori vogliono assumersi.

Il problema quando si decide tra un’allocazione azionaria del 60%, 100% o addirittura 200% è che la storia dei mercati finanziari è troppo breve. Le argomentazioni di entrambe le parti si basano, esplicitamente o meno, su un giudizio sulla performance delle azioni e di altri asset nel lungo periodo. E la maggior parte delle ricerche che rilevano che le azioni sovraperformano altre opzioni si riferiscono al loro track record dalla fine del 19° secolo (come nel caso del lavoro di Anarkulova e dei signori Cederburg e O’Doherty) o addirittura dall’inizio del 20° secolo.

Sebbene possa sembrare un periodo lungo, si tratta di un tempo esiguo per un giovane investitore che pensa a come investire per il resto della propria vita lavorativa, un periodo di forse mezzo secolo. Per risolvere questo problema, la maggior parte delle indagini utilizza periodi consecutivi che si sovrappongono tra loro per creare centinaia o migliaia di punti dati. Ma poiché si sovrappongono, i dati non sono statisticamente indipendenti, riducendo il loro valore se utilizzati per previsioni.

Inoltre, quando i ricercatori adottano una visione ancora più a lungo termine, il quadro può apparire diverso. L’analisi pubblicata a novembre da Edward McQuarrie dell’Università di Santa Clara esamina i dati su azioni e obbligazioni risalenti alla fine del XVIII secolo. Si scopre che le azioni non hanno costantemente sovraperformato le obbligazioni tra il 1792 e il 1941. In effetti, ci sono stati decenni in cui le obbligazioni hanno sovraperformato le azioni.

L’idea di utilizzare dati di un’epoca così lontana per orientare le decisioni di investimento di oggi potrebbe sembrare ridicola. Dopotutto, ricordano gli analisti, la finanza è cambiata in modo incommensurabile dal 1941, per non parlare del 1792.

Entro il 2074 la finanza sarà quasi certamente molto diversa dalla questa recente era di sovraperformance del mercato azionario. Oltre al rischio misurabile, gli investitori devono fare i conti con un’incertezza di cui non si ha conoscenza.

I sostenitori della diversificazione si trovano in difficoltà quando i mercati sono nel pieno di una ripresa, poiché un approccio cauto può sembrare troppo timido. Tuttavia, la storia finanziaria fornisce numerose ragioni per restare prudenti: le prove sui rendimenti relativi sono limitate e le analisi su periodi precedenti suggeriscono che le azioni non sempre sovraperformano. Come minimo, coloro che optano per un’allocazione azionaria del 100% non possono fare appello a ciò che accadrà nel lungo periodo. Questo è l’avvertimento degli esperti.

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1 commento

  1. Forse anche le guerre in atto contribuiscono nella scelta, modificando radicalmente il mantra dell’investimento diversificato per ridurre i rischi: Investimento azionario ed obbligazionario.
    Da sempre, investire in azioni, ha sempre comportato un rischio maggiore, in quanto si ripone la propria fiducia nella crescita sicura di un determinato settore economico.
    Nell’ultimo anno, in verità, la concorrenza dello Stato si sta facendo sentire con una emissione continua di Titoli pubblici a tassi decisamente interessanti.
    La prossima emissione “obbligazionaria” partirà il 26 febbraio con Btp Valore, promossi come i titoli di Stato dedicati ai piccoli risparmiatori ovvero alla rete Retail di tutte le banche. Lo ha comunicato inegli ultimi giorni il Ministero dell’Economia, specificando che i tassi cedolari minimi saranno pari al 3,25% per il 1°, 2° e 3° anno e al 4% per il 4°, 5° e 6° anno.
    Come tutti i titoli di Stato, anche i Btp Valore hanno una tassazione agevolata al 12,5%, anziché al 26% come è il caso delle altre rendite finanziarie. Oltre ai rendimenti di cui abbiamo parlato sopra (3,25% per i primi tre anni e 4% per i successivi tre) il Bpt valore prevede cedole nominali pagate trimestralmente e un premio finale extra pari allo 0,7% del capitale investito.
    Quale che sia la scelta finale, auspico un impegno pubblico a tutelare gli interessi del risparmiatore, in armonia al dettato costituzionale dell’art.47 quando si legge che “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme …”.
    Bisogna recuperare il clima di fiducia perso con il “Risparmio tradito” dove la “Truffa diamanti”, ha rappresentanto l’apice del malaffare.
    Ben tornata “fiducia!”

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