sabato, Maggio 18, 2024
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LIBERTA’ DI STAMPA & DIFFAMAZIONE: Criticare i “Giudici” è possibile

 I mass media sono il «cane da guardia» del cittadino nei confronti di tutte le istituzioni e dunque anche del potere giudiziario. L’importanza dei mezzi d’informazione nei sistemi democratici, insegna la Corte europea dei diritti dell’uomo, non consente di escludere che l’attività quotidiana si plichi anche attraverso critiche e – perché no? – attraverso attacchi anche contro la magistratura, quando sia l’unico modo per esercitare l’attività di controllo riservata alla stampa. Ciò non significa, tuttavia, che sia lecito qualsiasi tipo di attacco: compie il reato di diffamazione a mezzo stampa chi sui giornali mette in dubbio l’imparzialità della funzione giurisdizionale alludendo pubblicamente all’esistenza di presunti complotti di magistrati nei confronti dei politici. E non conta che le dichiarazioni provengano da un deputato: le affermazioni, che risultano sindacabili dopo una sentenza ad hoc della Corte costituzionale, suonano come diffamanti perché aggrediscono l’altrui sfera morale. Il reato di cui all’articolo 595 Cp è prescritto, ma le statuizioni civili nei confronti del diffamato sono confermate. È quanto emerge da una sentenza emessa il 15 aprile 2011 dalla quinta sezione penale della Cassazione.

Watch dog (Cane da guardia) 

La giurisprudenza della Suprema corte conferma: vanno giustificate, addirittura propiziate, le critiche giornalistiche che tendono a riportare l’attività dei giudici «nell’alveo suo proprio». E se spesso i limiti posti agli attacchi contro la magistratura sono apparsi più forti, spiega la Cassazione, è perché giudici e pm sono tenuti alla riservatezza e non possono reagire quando vengono presi di mira. Se dunque criticare si può, anzi si deve, bisogna comunque restare nei limiti della continenza. Definire invece una procura della Repubblica «un\’associazione a delinquere di tipo istituzionale» costituisce senza dubbio un attacco all’imparzialità della funzione giurisdizionale. Né vale al deputato invocare la scriminante riconosciuta ai toni «fortemente enfatizzati» del dibattito politico laddove le frasi investono l’etica personale e non rientrano dunque nel diritto di critica.

https://www.giovannifalcone.it/upload/uno.pdf

 

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