domenica, Maggio 19, 2024
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LA POLITICA IN VETRINA: Un costume, una vita, un popolo

Il primo dovere di ogni immigrato, a mio avviso, dovrebbe essere quello di rispettare gli usi e costumi del Paese ospitante che, a sua volta, deve fare di tutto per fare sentire a proprio agio il nuovo arrivato.
Nuovo arrivato che, molto spesso, è giunto al termine di sofferenze indicibili, scappando letteralmente da un territorio devastato da una guerra infinita e persecuzioni di ogni genere.
Personalmente non sono e non voglio essere razzista, ma un minimo di disponibilità all\’accettazione dei nostri costumi appare quanto meno doveroso (1).

Mio padre era solito ripetere: “Mangia a gusto tuo e vistit a gust d l\’alt” (Taduzione: Mangia a gusto tuo e vestiti a gusto degli altri”.

In questo caso, di fronte a scenografie di tal fatta, dove la libertà delle donne diventa un optional, credo che gli altri siamo noi e i nostri gusti sono decisamente diversi. Punto!

Viva la libertà, viva la democrazia, viva l\’Italia!

(1) https://www.giovannifalcone.it/54/immigrazione__territorio_non_sono_razzista.html

FONTE: blitsquotidiano.it

BUONA LETTURA

Burkini, l’Imam di Firenze provoca: “E le suore?”

MILANO – Il burkini come l’abito religioso delle suore. La provocazione arriva da Izzeddin Elzir, presidente dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia e imam di Firenze. Giovedì sera il religioso ha postato la foto di alcune suore in spiaggia sul suo profilo Facebook, che venerdì mattina è stato bloccato.

Una provocazione per sottolineare la somiglianza dell’abito delle suore cattoliche con il burkini delle donne musulmane. Con una differenza. Che le suore scelgono liberamente di intraprendere la vita religiosa (e quindi di coprirsi dalla testa ai piedi con l’abito dell’ordine a cui appartengono), mentre le donne musulmane, secondo quanto lo stesso Elzir ha detto a Marzio Fatucchi del Corriere della Sera, devono coprirsi in quanto donne, dal momento che “la nostra religione prevede che il corpo debba essere coperto, tranne viso, mani e piedi”.

L’imam fiorentino ricorda che il burkini è un’invenzione recente, diventata un vero e proprio marchio che ha fatto la fortuna di chi l’ha creato, la stilista australiana di origine libanese Aheda Zanetti. Prima che esistesse le donne musulmane in spiaggia semplicemente andavano in giro coperte come potevano, magari indossando una maglietta e una gonna. Cosa che però gli uomini, come è noto, non erano e non sono tenuti a fare.

Al Corriere della Sera Elzir parla poi di una questione culturale:

“Ormai tutti viviamo in un gioco mediatico. E in troppi, quando vedono una persona musulmana “coperta”, dimenticano che la persona vestita è la radice della cultura occidentale. Guardate nelle chiese, la figura di Maria o Mosè: è sempre vestita, no? Volevo un contrasto per dimostrare l’ipocrisia di una parte politica”,

dice, intendendo però con il termine “persona musulmana” solo la donna musulmana, lei sì tenuta a coprirsi.

Il presidente dell’Ucoii continua dicendo che

“se una donna ha scelto di essere musulmana e di mettere in pratica i precetti religiosi, non capisco perché debba dare noia: dobbiamo parlare di libertà”.

Il problema, va ricordato, è che non tutte le donne che sono musulmane scelgono di esserlo. Molte, come sapeva bene la povera Hina Saleem, vorrebbero altro, o quanto meno vestirsi come vogliono. Ma non possono. Non possono scegliere.

Ma gli obblighi o i divieti non riguardano solo le donne musulmane in Francia (o in altri Paesi cosiddetti occidentali). Se una donna non musulmana va in alcuni Paesi islamici non può girare vestita con un paio di jeans e una maglietta. E questo che lo voglia oppure no. La libertà di scelta? Non è contemplata.

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