mercoledì, Maggio 15, 2024
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LA POLITICA IN VETRINA: Destinati alla “palude”!



Finanche Vasco ERRANI, il Commissario per il terremoto del Centro Italia ha deciso di dimettersi, di uscire dal Partito democratico.
La notizia fa scalpore, molto più delle precedenti.
Non portare a termine un alto incarico di recente assegnazione con il compito di ricostruire quattro Regioni del Centro Italia devastate del terremoto del 2016, significa molto più di un gesto politico.
Significa che siamo destinati alla “palude”, tutti nessuno escluso.


I motivi per farlo sono tanti, non li conosco ma posso immaginarli e tutti hanno un denominatore comune: la burocrazia è troppa e la macchina organizzativa non funziona.


Provo ad elencarli:
1. A sei mesi dal primo devastante evento tellurico, non siamo stati ancora in grado di rimuovere le macerie, ripulire le strade;
2. La burocrazia impazza, uccide, impedendo la realizzazione di interventi che andrebbero fatti ad horas mentre qui non bastano anni;
3. Neanche le case in legno, operazione abbastanza facile a parole, ma nei fatti no. Per assegnare le prime arrivate sul posto, se non vado errato una trentina di moduli abitativi, si è fatto ricorso ad una riffa (lotteria – estrazione a sorte);
4. Malgrado la possibilità del ricorso a “Trattativa privata” – per necessità ed urgenza, di cui al punto 5 del 1° comma dell’art.41 del Regolamento sulla contabilità generale dello Stato (Regio decreto 23 maggio 1924, n.827), poco o nulla si sta facendo: Povera Italia e poveri quegli italiani, disgraziati e colpiti dal terremoto.


Ma, mi chiedo, mettendo io stesso i piedi nella palude: “Quale funzionario o amministratore pubblico si assumerebbe la responsabilità di prendere decisioni in tal senso assicurando rapidità ed efficienza a questo sistema bloccato, arrugginito?
Per bene che possa andare, alla prima inchiesta lo stesso amministratore, pur evidenziando l’assenza di alcun interesse personale si becca una denuncia per “ABUSO D’UFFICIO” ex art.323 del Codice penale che, per la sua formulazione e senza alcuna prova consente alla Polizia giudiziaria una contestazione di tal fatta, quasi come una violazione residuale, in mancanza d’altro e spesso per dare un senso al proprio lavoro investigativo (nel 90% dei casi trattasi di contestazione inesistente).


Dopo un processo mediatico, a prescindere dal merito dei fatti di causa, a distanza di anni arriva l’assoluzione, quella piena: Il fatto non costituisce reato.


A questo punto una domanda è doverosa: vale la pena impegnarsi con determinazione per risolvere un problema, anche sfidando delle regole astruse, spesso contraddittorie e incomprensibili?


Matteo Renzi, con il suo Governo, oltre che sfidare la natura – promuovendo e spesso realizzando una riforma al mese – ha anche presentato una proposta di riforma costituzionale a tutti i cittadini nell’intento di semplificare la burocrazia e quindi la corruzione, accelerando i processi amministrativi, ridurre i costi della politica, abolire gli enti inutili.
Sappiamo com’è andata a finire! Siamo arretrati di trent’anni!
Intanto, io dalla palude voglio uscire, prima possibile.
Cercasi Politica!
Povera Italia!


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BUONA LETTURA
Fonte: L’Unità
Di Fabrizio RONDOLINO


Renzi ha rappresentato un’autentica rivoluzione, parola di Padellaro


In un paese dove “nessuno si azzarda a smuovere una scartoffia”, ha rimesso in moto una macchina sclerotizzata e inefficiente. Ora la politica non fa nulla e Padellaro s’indigna.
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“L’Italia è senza governo”, titolava ieri il Fatto: oggi Antonio Padellaro, il Fondatore, allarga lo sguardo e spiega che “l’unica vera Costituzione è il decreto milleproroghe”. La tesi, brutalmente riassunta, è che in Italia non funziona niente perché nessuno fa nulla: il governo, la politica, le istituzioni e chiunque sia preposto alla soluzione di un qualsiasi problema, anziché affrontarlo preferisce rimandare, rinviare, prorogare, troncare, sopire.
L’esecutivo in carica sarebbe, secondo il Fatto, il simbolo perfetto del “tempo perduto” (nel senso di sprecato), e Paolo Gentiloni “l’incarnazione stessa dell’inerzia virtuosa”, al punto, osserva Padellaro, da “non escludere lo zero assoluto: come estrema prova di lealtà (avrebbe detto con humour nero) posso farmi venire un altro infarto”.
C’è qualcosa di vero nella riflessione di Padellaro: l’Italia sembra essersi fermata, incerta su tutto e priva di una prospettiva chiara. Non c’è una legge elettorale e non si sa quando e come si voterà, ma si sa che le prossime elezioni quasi certamente non produrranno una maggioranza politicamente omogenea; le forze politiche si spaccano e si ricompongono con ritmo vorticoso, mentre i confini fra maggioranza e opposizioni si fanno vaghi e sfuggenti; il partito di maggioranza relativa che esprime il presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica e i presidenti delle Camere non ha un segretario né, dunque, una linea precisa; il governo dà l’impressione di vivere alla giornata.
Perché? Scrive Padellaro: “Ci fu, è vero, Matteo Renzi l’ex premier futurista che vrooom accelerò le lancette degli orologi approvando a tambur battente riforme su riforme (stiamo cambiando l’Italia, diceva gioiosamente saltellando sulle vette della modernità). Solo che – prosegue il Fondatore – le riforme risultarono tutte sbagliate. Memori della lezione ricevuta nessun politico, fateci caso, si azzarda più a smuovere una scartoffia”.
Al netto dell’ironia sul Renzi “futurista” e del giudizio liquidatorio, e dunque profondamente inesatto, sulle riforme messe in campo e realizzate, Padellaro non poteva descrivere meglio la grandezza, la forza e l’originalità dell’ex sindaco di Firenze: in un paese dove “nessuno si azzarda a smuovere una scartoffia”, Renzi ha rappresentato un’autentica rivoluzione. Ha rimesso in moto una macchina sclerotizzata e inefficiente. Ha dato la scossa ad un sistema politico paralizzato dalle divisioni e dall’inconcludenza. Ha messo al lavoro uffici e funzionari abituati a passare le giornate in compagnia del Corriere dello Sport. Ha impresso un’accelerazione portentosa a istituzioni decrepite e inefficienti. Ha rimesso in discussione i privilegi delle piccole e grandi corporazioni che paralizzano il Paese. Ha risvegliato energie, forze, speranze. Ha dimostrato che la politica non sa soltanto parlare, ma è anche in grado di fare.
E ha pagato per questo un prezzo molto alto: non tanto la sconfitta referendaria o le dimissioni che ne sono seguite – la politica è fatta di vittorie e cadute –, quanto l’odio sordo dell’intero sistema politico-mediatico, che semplicemente non tollera, né può tollerare, che in Italia si faccia qualcosa.
I politici passano il tempo a rimproverarsi a vicenda di non aver fatto ciò che andava fatto, i media a denunciare con sdegno che nulla è stato fatto: un meccanismo perfetto a somma zero, che sull’immobilismo costruisce carriere e fatturati. Renzi ha provato a rovesciare questo schema, e politici e media hanno reagito rabbiosamente, come neppure ai tempi di Berlusconi. E ora che siamo rientrati nella grande stagnazione, tutti possono tranquillamente riprendere la routine di sempre: la politica non fa nulla, e Padellaro s’indigna.

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