FONTE: www.laprevidenza.it
Vi sono giochi di ruolo che si svolgono all’interno di una cornice predeterminata lasciando ai giocatori la definizione dei singoli passaggi. A qualcosa del genere assistiamo quando affrontiamo il procedimento di formazione dello strumento urbanistico generale, durante il quale sembra di percepire il senso di una carambola di atti e comportamenti che genera un prisma di molteplici e proteiformi rifrazioni.
La cornice è disegnata dal secondo comma dell’art. 78 D.Lgs. 267/00,secondo cui l\’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell\’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado. La costruzione in forma negativa del periodo è il certificato di nascita di un problema genetico, che assume come peccato originale il tema del conflitto d’interessi. Nonostante la recente e costante presenza del tema, tutti gli ordinamenti giuridici democratici hanno fatto i conti con il conflitto di interessi per evitare lo sfruttamento della propria posizione per interessi personali a discapito di altre parti in causa. Platone, nei dialoghi politici, sostiene che la classe economica non deve avere spazio nella guida politica della comunità, poiché ispirata da logiche privatistiche;Aristotele in “Politica e Costituzione di Atene”, dice che la migliore forma di governo è quella che si fonda sulla classe media, quella cioè a metà strada tra democrazia ed oligarchia, poiché ha il pregio di costruire un punto di equilibrio tra la forza del numero e la forza del denaro. In tempi più recenti, e con specifico riferimento all’ordinamento degli enti locali, interviene il T.U. approvato con R.D. 4/2/1915, n. 148. In particolare l’articolo 290 stabiliva che i consiglieri, ………… devono astenersi dal prendere parte alle deliberazioni riguardanti liti o contabilità loro proprie, verso i corpi cui appartengono, con gli stabilimenti dai medesimi amministrati, o soggetti alla loro amministrazione o vigilanza; come pure quando si tratta d\’interesse proprio, o d\’interesse, liti o contabilità dei loro congiunti od affini sino al quarto grado civile, o di conferire impieghi ai medesimi.
Per la giurisprudenza che ha interpretato la norma: l\’incompatibilità configurata dall\’art. 290 del R.D. 4 febbraio 1915 n. 148, e dall\’art. 279 del R.D. 3 marzo 1934 n. 383 non è esclusa dalla natura della variante del P.R.G. o del P.D.F., quale atto di pianificazione territoriale generale, attesa l\’idoneità di detto atto, modificativo dell\’assetto generale preesistente, a favorire o a ledere situazioni soggettive determinate ancorché ciò avvenga attraverso il mutamento di destinazione di intere zone del territorio comunale ; presupposto della violazione dell\’art. 290 del R.D. 4 febbraio 1915 n. 148 (testo unico delle leggi comunali e provinciali) è l\’incidenza diretta della deliberazione sull\’interesse proprio del votante o dei suoi congiunti, col conseguente obbligo di astensione;tale incidenza diretta deve ritenersi sussistente nell\’adozione di un P.R.G., quando la deliberazione, cambiando la destinazione di determinate aree rispetto a quella prevista nel piano precedentemente adottato, riguarda per tale motivo in modo specifico i proprietari delle aree medesime. In ultimo si è consolidato un orientamento giurisprudenziale secondo cui un sede di adozione del piano regolatore generale, risultante dall\’apporto di più soggetti e conseguente a un complesso procedimento in cui confluiscono e si compensano interessi molteplici (pubblici, collettivi e individuali), il voto espresso dal singolo amministratore non riguarda una specifica prescrizione, ma tocca il contenuto complessivo dell\’atto; pertanto, non è sufficiente a far sorgere l\’obbligo di astensione posto dall\’articolo 290 del R.D. 4 febbraio 1915 n. 148 la semplice allegazione dell\’esistenza di interessi confliggenti con l\’atto, occorrendo, altresì, la prova, concreta e specifica che l\’atto generale sia stato emanato anche in considerazione di tali personali e particolari interessi.
Tale interpretazione sembra rappresentare plasticamente la distinzione tra utilitarismo e deontologismo: perché non si domanda quale norma promuoverà il maggior bene generale per tutti ma quale interpretazione è più utile per il maggior numero di persone. In concreto: aderendo all’interpretazione secondo cui l’obbligo di astensione scatta solo se la discussione verta su un oggetto specifico rispetto al quale è evidente l’interessamento, agli amministratori e agli operatori è consegnata una ciambella,costruita sulla debole (il perché lo vedremo più avanti)distinzione tra correlazione diretta e correlazione indiretta, per salvare persone e atti assunti da consigli comunali composti da soggetti che,inevitabilmente, sono anche titolari,direttamente o indirettamente, di beni interessati dagli strumenti urbanistici.
Non so se il diritto si sia identificato con lo Stato borghese che ha capito il valore politico del diritto e lo ha legato a sé, facendogli perdere corrispondenza alla complessità del reale; fatto sta che l’articolo 78 non sembra altro che una proiezione bidimensionale della nostra realtà tridimensionale, in altre parole non è altro che una proiezione delle esigenze pratiche manifestate dal vivere quotidiano dei temi urbanistici. Ciononostante l’idea espressa dalla norma che l\’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell\’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado,sembra cedere di fronte alla forza immanente dei principi di legalità, imparzialità e trasparenza che debbono caratterizzare l\’azione amministrativa ai sensi dell’art. 97 Cost..
Di recente il TAR Liguria ha osservato che l’obbligo di astensione, fondato sui principi di legalità, imparzialità e trasparenza che devono caratterizzare l\’azione amministrativa ai sensi dell’art. 97 Cost., non ammette deroghe, neppure a voler tenere conto delle specificità dei piccoli Comuni, sui quali un orientamento “realistico” della giurisprudenza di merito riconosce, al più, la possibilità di fare luogo a votazioni frazionate su singole componenti del piano, di volta in volta senza la presenza di quei consiglieri che possano astrattamente ritenersi interessati, in modo da conciliare l’obbligo di astensione con l’esigenza – improntata al rispetto del principio di democraticità – di evitare il ricorso sistematico al commissario “ad acta” (. T.A.R. Veneto – Venezia, sez. I, 6 agosto 2003, n. 4159). Si precisa inoltre che il conflitto d’interessi non è escluso nell’ipotesi che nessun concreto beneficio economico scaturisca per gli immobili di proprietà dei consiglieri o dei loro prossimi congiunti, ai fini dell’incompatibilità essendo sufficiente che sussista una relazione personale fra l\’oggetto dell\’atto e l\’amministratore, secondo una regola di carattere generale che non ammette eccezioni e ricorre anche qualora la scelta discrezionale adottata sia in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico
E allora? La ciambella lanciata prima dalla giurisprudenza,poi dal legislatore, sembra essersi sgonfiata, come dimostrano gli interventi della Prefettura di Genova e della Regione Liguria che hanno voluto fornire suggerimenti per evitare la nomina del Commissario ad acta ai sensi del combinato disposto dell’articolo 78 e 136 del testo unico.
Il ragionamento è il seguente:
1) Il Comune intende adottare il PUC, ma si accorge che si trova nella sostanziale impossibilità di procedere all’adozione perché alcuni consiglieri, a volte tutti i Consiglieri, versano nella situazione descritta dall’articolo 78 perché sono proprietari o sono coniugi o parenti di persone che hanno proprietà sul territorio comunale.
2) Che fare? Esclusa la spoliazione francescana di tutti i beni,il menù prevede tre ipotesi:
a) Nomina commissario ad acta . L’ente procede in Consiglio a una prima verifica ed accerta che nessun consigliere è in grado di certificare di non essere nelle condizioni di cui all’articolo 78. E’ inevitabile, ma in seguito esporremo una soluzione alternativa, chiedere alla Regione Liguria la nomina del Commissario ad acta. Non solo. Ma sarà necessario – perché i mali non vengono soli – nominare anche un sub commissario con il compito di verificare che la preparazione del documento non sia stato condizionato dall’interessamento dei Consiglieri. Il ragionamento non fa una piega, perché risponde alla seguente domanda:d’accordo, il PUC è adottato dal Commissario,ma trattandosi di mero provvedimento deliberativo,chi mi dice che nella fase di preparazione del provvedimento i Consiglieri,in non pochi casi Assessori ( almeno nei Comuni sotto i 15.000 abitanti), non abbiano inquinato la programmazione infettando le previsioni con i loro interessi. Solo un’attenta verifica da parte di un soggetto terzo, per l’appunto il sub commissario, mi può dare questa certezza, o almeno tenta di farlo (non solo Nietzsche direbbe che ci proviamo),certificando che dalla sovrapposizione della disciplina urbanistica ex ante e quella ex post non emerge la manina maliziosa dell’amministratore
2)Perché la conformità ha un costo in termini economici e di tempo, si consiglia di ricorrere alla richiesta del Commissario solo se la verifica esclude il ricorso alle altre due ipotesi. Come in alcuni giochi di biliardo la biglia del Commissario è l’ultima a dover essere indirizzata in buca. Prima dobbiamo dedicarci alle altre due biglie. Non è un gioco facile;è un gioco di sponde e carambole e non sempre si ottiene quello che si vorrebbe ottenere.
Il primo passaggio è quello comune alle tre ipotesi:devo superare il sospetto che l’interesse privato dell’amministratore possa condizionare la formazione dello strumento urbanistico;e allora sottopongo a tutti gli amministratori una semplice domanda: voi o i vostri parenti o i coniugi avete proprietà sul territorio comunale ? Dove sono queste proprietà? A quale tipologia appartengono? Immaginiamo che non tutti i Consiglieri comunali, sindaco compreso, rispondano positivamente; in questa ipotesi la legge ci consente di utilizzare un espediente. Più precisamente: ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo n.267/2000, è conforme all’ordinamento la disposizione in base alla quale nelle sedute di seconda convocazione le deliberazioni sono valide purché partecipi almeno 1/3 dei Consiglieri assegnati al Comune.
L’ipotesi in esame si snoda con i seguenti passaggi: a) verifica proprietà;b)attestazione che almeno 1/3 dei consiglieri potrebbe votare; c) (eventuale) adeguamento del regolamento del Consiglio comunale inserendo la disposizione in base alla quale nelle sedute di seconda convocazione le deliberazioni sono valide purché partecipi almeno 1/3 dei Consiglieri assegnati al Comune.
C) Se tale percorso non è percorribile (perché neanche 1/3 versa in una situazione di assenza di potenziale conflitto d’interesse), rimane l’ultimo rimedio (difficile come montare un armadio dell’IKEA). Secondo i più recenti orientamenti della Giurisprudenza è ammesso il ricorso alla cosiddetta votazione frazionata , che sia attua con deliberazioni separate – relative a singole zone del territorio comunale o componenti del Piano urbanistico – per le quali si asterranno quei consiglieri che versano in una delle condizioni previste dall’articolo 78,comma 2; una volata preparato lo “spezzatino”, prestando attenzione di ritagliare i vari pezzi a seconda delle potenziali situazioni di conflitto, il tutto è sottoposto alla votazione finale.
A mio avviso è ammesso combinare la seconda e la terza ipotesi per rendere valida la votazione per le componenti dove ricorrano più ipotesi di incompatibilità.
Adesso proviamo a ricapitolare, snocciolando i vari passaggi.
I) Preverifica. I singoli Consiglieri devono essere invitati, ovviamente in via preventiva, a rendere nota l’esistenza di eventuali situazioni d’incompatibilità:dichiarando se e dove loro,o i loro parenti o i coniugi, hanno proprietà. La verifica deve essere compiuta in Consiglio comunale.
2) Verifica Sulla base delle dichiarazioni assunte in Consiglio e autenticate dal Segretario comunale, l’Ufficio tecnico verificherà quale dei tre rimedi appena illustrati possa essere assunto, tenendo conto che la nomina del Commissario costituisce una soluzione residuale, da seguire sole le altre ipotesi non consentano di raggiungere l’obiettivo.