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LAVORO ED ECCEZIONI PRELIMINARI: Possono essere contestate dal Giudice anche con udienza già fissata

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO 

Sentenza 22.10.2010 n. 21756

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. FOGLIA Raffaele – Consigliere –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

 

sentenza sul ricorso 32520-2006 proposto da:

 

C. – ricorrente –

 

contro

 

DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO  – controricorrente –

 

avverso la sentenza n. 352/2005 del TRIBUNALE di MACERATA, depositata il 21/11/2005 R.G.N. 876/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/09/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato CIPRIETTI SABATINO;

udito il P.M. In persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA MARCELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

 

1. Con sentenza depositata il 21 novembre 2005, il Tribunale di Macerata, in funzione di giudice del lavoro , dichiarava inammissibile l’opposizione proposta dalla società C. di B. Enio ;

F.lli s.r.l. Avverso l’ordinanza ingiunzione n. 220 del 2003 emessa dalla Direzione provinciale del lavoro  di Macerata per violazione di norme sulla disciplina del lavoro.

1.1. A fondamento di tale decisione, il Tribunale, accogliendo la relativa eccezione sollevata in giudizio dalla Direzione del lavoro , rilevava che l’ordinanza era rivolta, non già alla società opponente, ma a B.E., suo rappresentante legale ed autore degli illeciti contestati, mentre la medesima società, quale coobbligata solidale ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 6, era destinataria di una distinta ordinanza ingiuntiva, n. 220-bis del 2003, ed era perciò carente di legittimazione in relazione alla opposizione alla ordinanza n. 220 del 2003.

2. Di tale sentenza la società domanda la cassazione deducendo due motivi di impugnazione, cui la Direzione provinciale del lavoro  di Macerata resiste con controricorso.

 

Diritto

 

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione del giudicato” deducendosi che il Tribunale, avendo rinviato la causa per la decisione nel merito, aveva implicitamente respinto l’eccezione pregiudiziale della Direzione del lavoro  in ordine alla legittimazione attiva all’opposizione e non avrebbe potuto, perciò, pronunciare sulla medesima.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, nonché erronea interpretazione degli atti processuali e vizio di motivazione, rilevandosi che l’ordinanza ingiuntiva opposta – a prescindere dalla attribuzione del numero d’ordine (220 e 220-bis) – si riferiva ad un’unica violazione, contestata sia alla società, quale responsabile in solido, sia al rappresentante legale, sì che all’opposizione dovevano ritenersi legittimati, distintamente, entrambi i soggetti destinatari dell’ingiunzione.

3. Entrambi tali motivi sono infondati.

3.1. La fissazione dell’udienza di discussione per la decisione della causa nel merito non preclude al giudice di pronunciare su eccezioni preliminari, sollevate dalle parti o rilevabili d’ufficio, né comporta, evidentemente, alcun “giudicato” in ordine a tali eccezioni; nella specie, peraltro, l’eccezione preliminare si riferiva alla legitimatio ad causam, che integrava una condizione dell’azione e costituiva oggetto della pronuncia di merito.

3.2. Come questa Corte ha più volte precisato, legittimato passivo nel giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione emanata ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, è – anche in caso di eventuale responsabilità sanzionatoria con vincolo di solidarietà – esclusivamente il destinatario dell’ingiunzione al quale viene addebitata la violazione amministrativa, in quanto tale giudizio, sebbene abbia ad oggetto un rapporto giuridico avente fonte in un’obbligazione di tipo sanzionatorio, è formalmente strutturato quale impugnazione di un atto amministrativo, sì che non è consentita in esso la partecipazione di soggetti diversi dall’amministrazione ingiungente e dall’ingiunto (o dagli ingiunti) (cfr. ex plurimis Cass. n. 14098 del 2006, n. 19284 del 2005). Nella specie, pertanto, è corretta la statuizione della sentenza impugnata in ordine alla carenza di legittimazione in capo alla parte opponente, in quanto non destinataria del provvedimento ingiuntivo opposto, ben distinto dal separato provvedimento rivolto al soggetto coobbligato, così come accertato dal giudice di merito.

4. Il ricorso è quindi respinto. La ricorrente va condannata al pagamento delle spese di giudizio, secondo soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro mille per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2010

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