domenica, Maggio 5, 2024
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OMESSA SEGNALAZIONE OPERAZIONE SOSPETTA: Condanna della banca!

OMESSA SEGNALAZIONE OPERAZIONE SOSPETTA: Condanna della banca!

Signori Giudici, signori della Guardia di finanza, signori bancari, signori soggetti obbligati, signori avvocati, avete modo di difendervi, con buon senso, applicando la normativa.

E’ facile perché avete modo di dimostrare che l’asino non vola e che pertanto non siete tenuti a pagare!!!

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Con il presente articolo, sia pure abbastanza datato, voglio commentare una vicenda riguardante una sanzione amministrativa per oltre 500mila euro irrogata contro il Monte Paschi di Siena da parte del Ministero dell’Economia e delle finanze, per una “Omessa segnalazione di operazione sospetta” posta in essere da un cliente, titolare di attività economica.

Avverso il decreto ingiunzione di pagamento del Mef n. 81147/2009, l’Istituto di credito presentava ricorso basandosi su una decadenza dell’azione della PA e sull’assoluta insussistenza delle contestazioni e sulle stesse ragioni del contendere. Il giudice monocratico concluse con il Rigetto  dell’avverso ricorso, perché inammissibile ed infondato. Vinte le spese‘.

Al netto di eventuali approfondimenti e valutazioni che ognuno di voi potrà trarre dalla lettura del contenuto integrale della sentenza di merito, ripotata in appresso, voglio fare qualche breve osservazione per dire che, laddove fossero stati compiutamente  spiegati le ragioni del contendere, soprattutto con riferimento all’operato della banca, nessuna sanzione sarebbe stata irrogata e l’inquisito andava assolto da ogni accusa.

Trattandosi di una storia passata, sia pure malamente conclusa, tanto in termini di logica che di diritto, ne voglio parlare non certo per modificare la storia ma solo per fornire qualche spunto di riflessione utile per evitare in futuro accadimenti del genere.

Questo articolo pertanto, forse con qualche presunzione di troppo, è rivolto al mondo dei soggetti obbligati agli adempimenti antiriciclaggio e delle banche in particolare, è rivolto al modus operandi della Guardia di finanza – piuttosto allegro e superficiale – alle difese sui generis organizzate dagli studi legali e, paradossalmente, anche agli stessi giudici.

Esame di merito

L’accusa, formulata dalla Guardia di finanza è basata sul fatto che il cliente – nella veste di amministratore di un’attività economica, società di capitali – nel periodo compreso fra l’anno 2000 – 2003 – emettendo assegni con la formula “mm” (me medesimo) prelevava, per cassa, denaro contante per la complessiva somma di Euro 11.316.871,23 (importo così ottenuto: Euro 103.291,38 per l’anno 2000; Euro 5.486.321,57, per l’anno 2001; Euro 4.410.258,28 per l’anno 2002; Euro 1.317.000,00 per l’anno 2003).

Pur senza indicare in alcuna parte della sentenza il fatturato annuo registrato dalla Società che ho ragione di presumere almeno superiore a cinque volte tanto (15milioni di euro all’anno), visto che spende circa tre milioni di euro all’anno di spese di personale (maestranze), andiamo a leggere i contenuti salienti della sentenza.

Tale operatività, secondo quanto emerso dall’interrogatorio della Guardia di finanza nei confronti del direttore di filiale, si dice:   “questa operatività rientrava nella normalità bancaria in quanto venivano versati assegni di varie aziende benefondate e alla maturazione della valuta venivano prelevati contanti per il pagamento degli stipendi in contanti ” (pag. 11 del processo verbale), aggiungendo ulteriormente che il sistema Gianos non aveva evidenziato alcuna anomalia e che il M. era conosciuto in filiale e nel corso dei vari colloqui intervenuti aveva chiarito che i soldi in questione servivano per il pagamento della maestranze.

Attività operativa

Nel caso di specie, stiamo parlando di un conto aziendale che, per definizione sottende la esistenza di una contabilità – Libro giornale, registro della fatture emesse, ricevute, dichiarazioni fiscali, registro beni ammortizzabili, libro paga e matricola etc. e che pertanto ha osservato per intero i prescritti adempimenti fiscali e tributari. Ne consegue che tutte le operazioni in avere, accrediti, sono stati regolarmente fatturati, peraltro tracciati, come si legge nella stessa sentenza, da ritenersi, ragionevolmente, strumentali all’esercizio dell’attività d’impresa.

Fino a questo punto, tutto regolare, tutti bravi e tutti assolti!

Come ho avuto modo di dire in tante altre occasioni, il riciclaggio di denaro sporco e quindi l’eventuale sospetto per l’eventuale inoltro di una Segnalazione di operazione sospetta – nella generalità dei casi (escludendo la ipotesi di false fatturazioni), deve interessare il momento in cui la provvista arriva sul conto e non certo quando esce che pure, deve trovare riscontro nelle scritture contabili (libo giornale) circa la sua causale e reale destinazione. Ne consegue che, pertanto, una verifica che andava molto opportunamente  fatta dalla Guardia di finanza era il riscontro del citato Libro giornale per verificare la destinazione delle risorse (circa 3milioni di euro all’anno), asseritamente destinate alle maestranze.

Infatti è quando arriva la provvista sul conto che, in quanto soggetto obbligato – parliamo del direttore della banca – che devo chiedermi: “Ma questo Ciccillo Cacace tiene la potenzialità economica in grado di giustificare simili accrediti?

La verifica del Libro giornale, avrebbe consentito, fra l’altro, di confermare l’assunto sostenuto dal direttore di filiale oltre che riscontrare la correttezza dei trasferimenti che, all’epoca, se non ricordo male era di circa 10.314,00 (i vecchi venti milioni di lire). 

Ad abundantiam voglio solo ricordare che, dei miei dieci ricorsi – due dei quali in Tribunale, svolti nella veste di assistenza tecnica di studio legale – li ho vinti tutti. Ho semplicemente dimostrato che è impossibile che un asino possa volare.

Storia passata, finita male per la banca che, se non si cambia registro, finirà sempre peggio!

 

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Archivio selezionato: Sentenze di merito

Estremi

Autorità:
Tribunale  Lucca
Data:  19 maggio 2011

Intestazione  

                         REPUBBLICA ITALIANA
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Civile e Penale di Lucca, in  persona del G.I. Dott. Giulio Giuntoli in funzione monocratica ha

pronunciato la seguente

                              SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 5983 Reg. Gen. Anno 2009 e promossa  da BANCA  MONTE  DEI  PASCHI  DI  SIENA  S.P.A.    P. A., elettivamente domiciliati   in   Lucca   Via   B.   e  rappresentati   e   difesi  rispettivamente  dagli  Avv.ti  Umberto  Morera,  Alessandro Centini, Rosanna  Cappelletti  e  Umberto  Giannini,  e  dagli  Avv.ti Umberto Morera  e  Umberto  Giannini,  giusta  procura  a  margine  dell’atto introduttivo.

                                 ATTORI

contro  MINISTERO  DELL’ECONOMIA  E  DELLE  FINANZE,  in  persona del Ministro  pro  tempore,  difeso all’Avvocature  Distrettuale  dello Stato di Firenze ed elettivamente domiciliato in Firenze Via degli A.

                                      CONVENUTO

All’udienza  del  15  febbraio 2011, la causa andava a sentenza sulle seguenti conclusioni:

per le parti attrici: 

Voglia  il  Tribunale  di Lucca in via preliminare:

accertare  e  dichiarare  la  tardività  della  contestazione  della violazione;  nonché,  per  l’effetto,  l’intervenuta  decadenza  del Ministero  dell’Economia  e  delle  Finanze dalla potestà di irrogare sanzioni   conseguenti   alle   rilevate   infrazioni;   ed   altresì l’estinzione  della  (eventuale)  obbligazione di pagarle, ex art. 14 ult.  comma  legge  689/81;  nel  merito: subordinatamente al mancato accoglimento   della   domanda   preliminare   di   tardività   della  contestazione,  annullare  il  decreto n. 81147 emanato dal Ministero dell’Economia  e  delle  Finanze  e notificato agli esponenti in data 30.1.2006   e   20.2.2006,  in  quanto  non  sussiste  la  contestata violazione  dell’art.  3 legge n. 197/1991 per i motivi tutti dedotti

in narrativa“;

Rigetto  dell’avverso ricorso, perché inammissibile ed infondato. Vinte le spese‘.

 

Fatto

 

FATTO E DIRITTO

 

– Con ricorso depositato in data 15 dicembre 2009, la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., in persona del legale rappresentante, e P. dott. A. proponevano opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 81147/2009 emessa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la quale veniva ingiunto al P., quale responsabile principale, e all’istituto, quale responsabile in via solidale, il pagamento dell’importo di Euro 517.426,00, oltre spese, per l’asserita omessa segnalazione di cui all’art. 3 d. l. n. 143/91, sanzionata ai sensi dell’art. 5 comma 5 d.l. n, 143/91.

Si costituiva con comparsa l’amministrazione resistente, reclamando la reiezione dell’interposta opposizione.

La causa, istruita in via documentale, veniva quindi discussa e decisa all’udienza del 15 febbraio 2010, con la lettura dell’infrascritto dispositivo.

– Va preliminarmente rilevato che non appare apprezzabile alcun profilo di nullità in ordine alla costituzione in giudizio di parte resistente, che ebbe in un primo momento a depositare un propria memoria con documenti allegati il 14 maggio 2010, per poi costituirsi a mezzo dell’Avvocatura dello Stato II successivo 21 maggio 2010.

L’avvenuto deposito di documenti in sede di costituzione a mezzo dell’Avvocatura dello Stato -peraltro non oggetto di specifica eccezione ad opera degli opponenti (cfr. verbale udienza del 25 maggio 2010), che nel merito delle stesse produzioni hanno svolto appropriate difese in merito-, non espressamente sanzionato in termini decadenziali dall’art. 23 legge n. 689/81, non rileva nei termini ostativi dedotti dai ricorrenti (per utili riferimenti, cfr.: Cass., 5 luglio 2006, n. 15828; Cass. 3 settembre 2003, n. 12821).

– Col primo motivo di opposizione, i ricorrenti deducono la tardività della contestazione della violazione amministrativa ai sensi dell’art. 14 legge n. 689/81.

Rilevano in merito i ricorrenti che la notifica del verbale di accertamento è avvenuta ben oltre il termine perentorio di 90 giorni dal momento (28 ottobre 2005) in cui la Guardia dì Finanza aveva acquisito dalla banca il nominativo del direttore della filiale, dott. P.; che la notifica al P. risulta effettuata soltanto in data 30 gennaio 2006 (dopo 94 giorni), mentre quella alla banca è
avvenuta addirittura il 20 febbraio 2006 (dopo 115 giorni); che la contestazione risulta pertanto notificata ad entrambi i soggetti interessati oltre il termine perentorio di 90 giorni imposto dall’art. 14 cit.; che per l’effetto la P.A. deve intendersi decaduta dalla potestà di irrogare sanzioni conseguenti alla asserite infrazioni rilevate; che pertanto l’obbligazione di pagamento, ex art. 14 cit. comma legge n. 689/81, deve considerarsi estinta.

L’assunto è infondato.

Costituisce canone giurisprudenziale ormai consolidato che “in tema di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata della violazione, l’attività di accertamento dell’illecito, in relazione alla quale collocare il dies a quo del termine per la notifica degli estremi della violazione, non può coincidere con il momento in cui viene acquisito il
“fatto” nella sua materialità, ma deve essere intesa come comprensiva del tempo necessario alla valutazione dei dati acquisiti ed afferenti gli elementi (oggettivi e soggettivi) dell’infrazione, quindi, della fase finale di deliberazione correlata alla complessità, nella fattispecie, delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell’infrazione medesima e ad acquisire piena
conoscenza della condotta illecita, sì da valutarne la consistenza agli effetti della corretta formulazione della contestazione
” (Cass., 4 febbraio 2005, n, 2363; negli stessi termini, ex plurimis, adde: Cass., 30 maggio 2006, n. 12830; Cass., 18 aprile 2007, n. 9311). 

Nel caso di specie, tenuto conto della particolare difficoltà delle svolte indagini (dirette a ricostruire i termini complessi delle numerose operazioni bancarie relative al c/c in contestazione) e della necessità di acquisire un quadro probatorio completo ai fini dell’adozione degli eventuali provvedimenti sanzionatori (quadro probatorio che non poteva non includere anche l’esame del
direttore di filiale -avvenuto il 23 novembre 2006-, al fine di acquisire necessari riferimenti circa le modalità e le ragioni dell’operato della banca), la dedotta doglianza appare destituita di fondamento.

– Con gli ulteriori motivi i ricorrenti deducono :

a) la mancata individuazione del reato da cui sarebbero, in ipotesi, potuti provenire i beni (denaro) oggetto delle operazioni non segnalate, nonché la carenza di motivazione relativamente ad un elemento essenziale della fattispecie;

b) l’erroneità delle argomentazioni poste a base della sanzione, nonché il difetto di motivazione.

 

Detti motivi vanno congiuntamente esaminati, siccome diretti complessivamente a provocare l’esame del merito della fattispecie controversa e la congruità della irrogata sanzione.

I fatti contestati muovono dagli accertamenti di polizia valutaria nei confronti della Itasco s.r.l. corrente in Viareggio e amministrata da M. G. e possono essere così riassunti:

1) presso la filiale di Lido di Camaiore la predetta società era titolare del conto corrente bancario n. omissis) l’esame della
documentazione bancaria acquisita dalla Guardia di Finanza ha evidenziato “che il conto corrente in oggetto è stato accreditato mediante ricezione di bonifici bancari e/o versamenti di titoli di credito, rispettivamente, disposti ed emessi da società committenti localizzate nelle province di Bergamo e di Brescia. Per contro gli addebiti erano costituiti dalla traenza di assegni bancari e, raramente, da prelievi con moduli di sportello. Il controllo de visu dei titoli tratti ha evidenziato che essi erano
stati emessi all’ordine dello stesso traente (Itasco s.r.l.) e, contestualmente, monetizzati tutti allo sportello
” (pag, 2 del
processo verbale di contestazione versato in atti); 3) il riepilogo delle somme uscite per contanti, suddivise per anni, evidenzia un complessivo ammontare delle somme uscite per contanti, per gli anni 2000 – 2003, pari a Euro 11.316.871,23 (importo così ottenuto: Euro 103.291,38 per l’anno 2000; Euro 5.486.321,57, per l’anno 2001; Euro 4.410.258,28 per l’anno 2002; Euro
1.317.000,00 per l’anno 2003); 4) il ricorrente P. ha ricoperto la carica di direttore della filiale in oggetto per il periodo 18 aprile 2001 – 16 giugno 2003, periodo nel quale risultano tratti e monetizzati assegni per un complessivo importo pari a Euro 10.348.514,54; 5) interrogato dalla Guardia di Finanza il P. riferì che “questa operatività rientrava nella normalità
bancaria in quanto venivano versati assegni di varie aziende benefondate e alla maturazione della valuta venivano prelevati contanti per il pagamento degli stipendi in contanti
” (pag. 11 del processo verbale), aggiungendo ulteriormente che il sistema Gianos non aveva evidenziato alcuna anomalia e che il M. era conosciuto in filiale e nel corso dei vari colloqui intervenuti aveva
chiarito che i soldi in questione servivano per il pagamento della maestranze.

 

Da tali elementi in fatti i ricorrenti deducono. sulla scorta della prospettata ricostruzione esegetica della vigenti disposizioni normative, l’insussistenza dei fatti contestati.

La complessiva impostazione difensiva non appare meritevole di accoglimento.

 

E’ stato affermato dal Supremo Collegio che “in materia di sanzioni amministrative per la violazione della disciplina antiriciclaggio, l’obbligo di segnalazione a carico del responsabile della dipendenza, dell’ufficio o di altro punto operativo di operazioni che, a suo avviso, sulla base dei parametri indicati dalla legge, potrebbero provenire da taluno dei reati indicati
nell’articolo 648 bis del Codice penale, stabilita dall’art. 3, primo e secondo comma del d.l. 3 maggio 1991 n. 143 (convertito nella legge n. 197 del 1991) non è subordinata all’evidenziazione delle preliminari indagini dell’operatore e degli intermediari di un quadro indiziario di riciclaggio e neppure dell’esclusione, in base al loro personale convincimento, dell’estraneità delle
operazioni ad un’attività delittuosa, ma ad un giudizio obiettivo sulla idoneità di esse, valutati gli elementi oggettivi e soggettivi che la caratterizzano, ad essere strumento di elusione delle disposizioni dirette a prevenire e punire l’attività di riciclaggio
” (Cass., 10 aprile 2007, n. 8699).

 

In altre parole, come chiarito dalla Corte, la valutazione dell’operatore dell’intermediario, “anche se costituisce il risultato di un apprezzamento soggettivo, deve avere natura impersonale, come evidenziato dalla necessità e sufficienza che
essa “induca a ritenere che il denaro, i beni o le utilità possano provenire” da delitto e conseguentemente la nozione di sospetto, nel quale essa si deve concretizzare per imporre l’adempimento all’obbligo di segnalazione dell’operazione, va individuata tenendo conto che la segnalazione ha la funzione di mero filtro
” (Cass., 10 aprile 2007, cit.), attraversato il quale le successive indagini in sede amministrativa possono chiudersi, eventualmente, anche con esito positivo per il soggetto che ha posto in essere l’operazione sospetta.

 

Nel caso di specie, precisato ulteriormente che il fine perseguito dalla legge n. 197/91 è quello di reprimere condotte di pericolo e non di danno (sul punto, cfr: Cass., 24 marzo 2006, n. 6647), debbono ritenersi sussistenti le condizioni di fatto che avrebbero dovuto imporre la segnalazione ex lege, avuto riguardo: a) al complesso delle operazioni poste in essere e al rilevantissimo
ammontare degli importi in questione; b) alla estraneità alla prassi commerciale del reiterato e continuo pagamento di maestranze esclusivamente a mezzo contanti per un importo superiore a Euro 10.000.000,00; c) alla circostanza che tale specifico e costantemente perseguito modus operandi obiettivamente valeva di fatto a rendere non più rintracciabile la catena dei flussi finanziari inerenti l’attività d’impresa svolta dalla Itasco s.r.l.,  valendo ad ingenerare un indice obiettivamente valorizzabile ai fini della segnalazione; d) alla irrilevanza dei profili soggettivi dedotti dal P. a giustificazione della mancata segnalazione (conoscenza del M., assicurazioni ricevute dallo stesso circa l’utilizzo dei denari prelevati; congruità dei
prelevamenti rispetto all’ammontare e alla frequenza degli accrediti, provenienti da imprese operanti nel Nord Italia).

 

Al contrario, l’oggettiva anomalia risultante dal valore sintomatico degli elementi sub a), b) e c), non può non valere a privare ex se di rilievo il mero convincimento interiore dell’operatore dell’intermediario. Per ciò solo va quindi respinta la spiegata opposizione. Le spese legali, liquidate (ex officio, in mancanza di notula) nel dispositivo, vanno poste a carico solidale delle parti soccombenti. 

P.Q.M.

 

Il Tribunale di Lucca, in funzione monocratica, definitivamente pronunciando sull\’opposizione proposta da Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e P. P. A., così provvede: 

respinge l’opposizione;

 

condanna parti opponenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, ivi compresi Euro 1.800,00 per onorari.

 

Lucca, 15 febbraio 2011.  

 

Tribunale Lucca,  19 maggio 2011

 

 



 

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