venerdì, Maggio 17, 2024
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LA POLITICA IN VETRINA: Cronaca giudiziaria di Napoli – Solidarietà al carabiniere, cordoglio per la vittima

Per parlare della vicenda che ha visto la morte di un giovane diciassettenne (Luigi BIFOLCO), voglio ricordare un aneddoto di vita vissuta che risale al 1986, quando fui assegnato – come prima destinazione con l’incarico di ufficiale della Guardia di finanza – proprio nel capoluogo partenopeo.
In occasione della prima uscita con la macchina di servizio – colore blu, scritta laterale e lampeggianti sul tetto – in uniforme, notai subito che l’autista, con fare assolutamente disinvolto, passava tranquillamente agli incroci pur con semaforo di colore sfacciatamente rosso. Alla mia immediata e vivace protesta, laddove gli facevo notare che se il daltonismo aveva a ripetersi, lo avrei immediatamente fatto scendere e sostituito personalmente alla guida. Il militare mi osservò: “Comandante, lei non conosce Napoli: qui la regola è che se si può passare (nel senso che non ci sono macchine in direzione opposta), a prescindere dal colore del semaforo, si passa. Non ci si può assolutamente fermare, sennò tutti gli automobilisti che ti circondano ti suonano prendendoti come un extraterrestre. Questa è la regola, non si scappa”.
Gli ripetetti testuale: se non ti fermi scendi! Naturalmente, all’incrocio successivo non ha suonato nessuno.

A Napoli si vive senza regole, o meglio si vive con la consapevolezza che le regole sono una cosa e la vita reale è una cosa diversa. E’ un posto dove si è soliti ripetere, per assuefazione, per un perdonismo dettato da contingenze legate alla stessa sopravvivenza, dove l’arte di arrangiarsi primeggia su tutto e tutti.
Se una pattuglia di carabinieri, ad un posto di blocco, vede un ciclomotore che non si ferma all’alt, cosa avrebbe dovuto fare? Lasciar correre: personalmente penso di no. Una pattuglia con un alto senso del dovere, decide di inseguire – prima in macchina e poi addirittura a piedi nei tanti vicoli del quartiere – per identificare i tre teppisti, perché tali sono, e svolgere il servizio istituzionale per il quale sono pagati. In altre parole fare il proprio dovere (1).
Abbiamo sentito qualcuno per caso affermare che se non fossero scappati nessun incidente sarebbe successo?
La responsabilità dell’accaduto, per quanto deprecabile, per il quale la magistratura accerterà i fatti e le responsabilità conseguenti, è certamente ascrivibile, a mio avviso al guidatore dello scooter – certamente caldeggiato dagli altri due occupanti – a non fermarsi all’Alt dei carabinieri. Se consideriamo questo, si comprende anche che non possiamo confondere “la causa e l’effetto”.

Consentire o addirittura tollerare ulteriori disordini di piazza, laddove tanti facinorosi per vendicare la morte di un coetaneo teppista hanno bruciato macchine della polizia, è altrettanto grave perché pur senza volerlo, trasmette un messaggio sotteso: tutto è giustificato e giustificabile e all’Alt dei carabinieri ognuno è libero di scegliere se fermarsi o scappare.
Le regole sono una cosa seria, dove la sua cultura, l’applicazione quotidiana nella vita di ognuno, rappresenta il primo baluardo di ogni civile convivenza.
In conclusione, esprimo massima e convinta solidarietà al carabiniere e cordoglio per la vittima.

(1) Si saprà solo successivamente che uno dei tre era latitante da alcuni mesi, perché scappato dagli arresti domiciliari

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