sabato, Maggio 18, 2024
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SUCCEDE IN ITALIA: Voluntary e i beni della figlia vissuta in Svizzera che vanno rimpatriati

Vi scrivo a
proposito della legge “voluntary disclosure” che a quanto pare, dopo lunga
gestazione, sta per entrare in vigore. Il problema riguarda mia figlia e marginalmente,
come spiegherò poi, anche me.

Come molti
giovani laureati, mia figlia nello scorso decennio ha “scelto” (anche se in
pratica è stata obbligata a farlo) di lavorare all’estero, con contratti di
lavoro subordinato, sempre affidando ai datori di lavoro esteri la gestione
degli aspetti fiscali.

A causa di un
suo risentimento verso l’Italia, e della sfiducia verso i suoi governanti, ha
scelto di far accreditare i suoi compensi presso una banca svizzera.

Durante questo
suo periodo, non avendo prodotto altri redditi in Italia, non ha mai presentato
la denuncia dei redditi, che in effetti si sarebbe dovuta limitare al solo
quadro RW.

Adesso che anche
il segreto bancario svizzero sembra venir meno, mia figlia si viene a trovare
in una situazione potenzialmente pericolosa. Secondo quanto si è letto,
infatti, “…occorre documentare al fisco da che fonte di reddito non dichiarato
in Italia derivano le somme detenute all’estero”. A sostegno della sua
situazione può portare alcuni elementi: il conto era intestato a lei (non si
trattava di un conto cifrato, non c’è stata volontà di occultarlo) e i
versamenti sono sempre stati effettuati dai datori di lavoro (a tutti gli
effetti si trattava del suo salario mensile, quindi non c’è mai stata attività
in nero). Il problema è però che durante tutti questi anni lei, anche per sua
negligenza, non si è mai preoccupata della documentazione relativa (che spesso
il datore di lavoro neppure le consegnava) e oggi è impossibilitata a
ricostruire una situazione contabile chiara.

Aggiungo che la
cifra complessiva a oggi è relativamente modesta, e di gran lunga inferiore ai
due milioni di euro che costituiscono il limite del sistema forfettario.

Ho provato a
chiedere lumi a diversi commercialisti, ottenendone risposte pessimistiche:
secondo la maggior parte delle risposte che ho ricevuto, infatti, la
legislazione introdotta finirebbe paradossalmente per accordare un miglior
trattamento ai detentori di capitali frutto reale di evasione fiscale e di
altri reati, che dovrebbero pagare una tassa più o meno corrispondente a quella
che hanno evaso originariamente.

Al contrario
stritolerebbe i pesci piccoli che hanno avuto l’unica colpa di detenere in
Svizzera capitali non dichiarati ma “puliti” (perlopiù risparmi di famiglia,
prodotti da redditi già tassati all’origine) ma impossibilitati a provarlo,
vista l’inversione dell’onere della prova.

Di fronte a
questa situazione, mia figlia sarebbe intenzionata a spostare il suo deposito
presso un altro paese europeo (Olanda o Regno Unito) prima dell’entrata in
vigore dell’accordo bancario con la Svizzera. Io temo che questa mossa potrebbe
peggiorare ulteriormente la sua situazione, facendola apparire come una vera
“criminale fiscale” (ciò che indubbiamente non è). A tutto ciò si aggiunga che
il conto svizzero è cointestato a me; io ero abbastanza sicuro del fatto che,
essendo sempre stato alimentato con bonifici di terzi a favore di mia figlia,
non potevo essere chiamato in causa. Ma adesso anche questa certezza non è più
granitica.

Tutto ciò mi ha
spinto a richiedere il vostro consiglio. Nei nostri panni come vi
comportereste?

Lettera firmata

(Serravalle
Sesia, VC)

RISPONDEL’ESPERTO FABRIZIO VEDANA

Senza entrare in
valutazioni di ordine etico ma limitandosi a quelle di tipo normativo, è bene precisare,
in primo luogo, che la detenzione all’estero di patrimoni (siano essi
mobiliari, come il conto corrente, o immobiliari) non è vietata ma occorre fare
i conti da un lato con gli obblighi dichiarativi nascenti dalla normativa
fiscale (compilazione del quadro RW) e dall’altro con il pagamento dell’imposta
sui valori delle attività estere (Ivafe e Ivie), introdotta nel 2011 dal
Governo Monti.

Per quanto hanno
omesso la compilazione del citato quadro RW, il disegno di legge recante
disposizioni in materia di emersione volontaria dei capitali esteri (cosiddettavoluntary disclosure), già approvato
dalla Camera dei Deputati e ora in attesa della definitiva approvazione da
parte anche del Senato della Repubblica, consente di regolarizzare la propria
posizione mediante il pagamento integrale delle imposte evase maggiorate di
interessi e sanzioni in misura ridotta.

Le attività
potranno, comunque, rimanere all’estero, una volta regolarizzate; se intestate
a una fiduciaria italiana che fungerà da sostituto d’imposta, le sanzioni
saranno ulteriormente ridotte sino al 50 per cento.

L’utilizzo, per
i patrimoni sino a 2 milioni, del metodo forfettario (ovvero il calcolo delle
imposte in misura pari all’1,35 per cento/anno), eviterà al contribuente di
dover fare complessi calcoli e ricerche spesso difficili di estratti conti o
analoghi giustificativi.

Prima di
decidere il trasferimento in altro Stato del conto estero non dichiarato al
fisco, il lettore farà bene a valutare, con l’aiuto di un professionista,
l’opportunità di aderire alla voluntary disclosure.

DA”PLUS24” DEL “IL SOLE 24
ORE” DEL 29 NOVEMBRE 2014

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