giovedì, Maggio 2, 2024
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DECRETO 231/01: Società condannata anche con il cambio dei manager – L’importanza del Modello organizzativo

Cassazione
Penale, Sentenza n. 50320 del 2/12/2014

La Corte di
Cassazione con la sentenza n. 50320, del 2 dicembre 2014, ha affermato che il sequestro
“ex-231”
alla società è corretto anche se sono cambiati i vertici, durante
l’inchiesta sul reato fiscale commesso dagli amministratori; il
consiglio di amministrazione può evitare le conseguenze patrimoniali solo
quando riesce a dimostrare che il “manager” ha agito di propria iniziativa.

La vicenda
riguarda una società in liquidazione a cui era stato confiscata la
propria imbarcazione; il sequestro era stato disposto in relazione alla
contestata sottrazione del pagamento dell’IVA a seguito dell’immissione
al consumo in Italia delle predetta imbarcazione.

Il Tribunale
ha rigettato il ricorso della società avverso il provvedimento con il quale il
Giudice delle indagini preliminari aveva attuato il provvedimento di sequestro
preventivo finalizzato alla confisca
dell’imbarcazione di diporto della
società; i giudici del merito in riferimento alla confiscabilità
dell’imbarcazione hanno escluso la tesi sostenuta della buona fede della
società ricorrente, attraverso il suo legale rappresentante dell’epoca (diverso
dall’attuale), nella complessa operazione di importazione.

La normativa sulla responsabilità amministrativa ex
D.Lgs. 231/2001

Il D.Lgs. 8
giugno 2001, n. 231 ha previsto nel nostro ordinamento la possibilità che
società ed enti possano essere direttamente chiamati a rispondere dei reati
commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da dirigenti, dipendenti e da
tutti coloro che operano in nome e per conto della società; tale responsabilità
si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il
fatto.

La platea
degli enti interessati è costituita sia da quelli dotati di soggettività
giuridica (società di persone e di capitali)
, sia da società ed
associazioni anche prive di personalità giuridica (ad esempio, le
associazioni sportive dilettantistiche).

Sono esclusi dal novero degli enti interessati
dalla norma lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici
non economici nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale
(ad esempio, la Corte dei Conti).

L’art. 27 ,
della Costituzione che prevede il carattere personale della responsabilità
penale e della finalità rieducativa della pena, escluderebbe l’ente dai
soggetti imputabili poiché persona non fisica e quindi non dotata della
capacità di autodeterminazione necessaria per formare ed attuare una volontà
criminosa caratterizzata almeno dalla colpa.

Pertanto il
legislatore ha introdotto la responsabilità amministrativa dell’ente come
autonoma da quella penale della persona fisica che ha agito nel nome e
nell’interesse dell’ente stesso; così facendo ha ovviato all’ostacolo,
individuando una responsabilità dualistica basata sui seguenti concetti:

=> 1) la
responsabilità per l’ente in caso di fatto omissivo proprio;

=> 2) la
responsabilità dell’ente per colpa nell’accezione di “colpa di organizzazione
e/o di politica di impresa”;

=> 3) l’assenza
di colpa se l’ente si è dotato di un sistema organizzativo e gestionale idoneo
a prevenire la commissione di reati.

L’analisi della Cassazione

La società
ricorrente non contesta l’estraneità del fatto dei suoi precedenti legali
rappresentanti, ma fonda le proprie ragioni su un principio diverso, secondo il
quale l’estraneità di un ente al fatto-reato si misura in base alle diversità
degli organi amministrativi
che successivamente la rappresentano.

Per i
giudici di legittimità si tratta di un principio infondato che confonde laresponsabilità personale da reato con la responsabilità patrimonialeper le conseguenze da reato , che vengono imputate all’ente dotato di
personalità giuridica in virtù del rapporto di immedesimazione organicache lo lega ai propri amministratori; rapporto di immedesimazione, affermano i
giudici di legittimità, in conseguenza del quale all’ente non vengono imputate
solo gli effetti dell’atto, ma l’atto stesso.

Talerapporto organico può essere escluso nelle sue conseguenza da reato,
solo mediante l’adozione di specifiche modalità organizzative che, nel
caso in esame, neppure sono dedotte dalla società (ex art. 5 e seguenti del
D.Lgs. 231/2001).

Per i
giudici di legittimità quando l’attività illecita viene posta in essere da una
persona giuridica attraverso i propri organi rappresentativi, mentre a costoro
fa capo la responsabilità penale per i singoli fatti di reato, ogni altra
conseguenza patrimoniale ricade sull’ente esponenziale in nome e per conto del
quale la persona fisica ha agito, con esclusione della sola ipotesi di avvenuta
rottura del rapporto organico per avere l’imputato colpevole agito di propria
elusiva iniziativa.

La
Cassazione , pertanto, respinge il ricorso e condanna la società anche al
pagamento delle spese.


Fonte:
Ipsoa.it

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