venerdì, Maggio 17, 2024
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ATTO NOTARILE: Si allarga la responsabilità del professionista anche in materia fiscale




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La Corte di Cassazione avvicina sempre più la figura del notaio a quella di un vero e proprio consulente delle parti, dotato di una diligenza qualificata che “include la consulenza, anche fiscale, nei limiti delle conoscenze che devono far parte del normale bagaglio di un professionista che svolge la sua attività principale nel campo della contrattazione immobiliare”.


Con questa motivazione, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto da un cliente, facendo ricadere sul professionista le conseguenze dell\’erronea compilazione delle dichiarazioni INVIM relative ad atti di compravendita.


Stante l\’elevata diligenza professionale, la Corte afferma che l\’attività del notaio non potrà limitarsi alla mera registrazione delle dichiarazioni delle parti,
dovendo realizzare un\’attività di consulenza ed assistenza estesa anche
agli aspetti fiscali accessori alla stipula dell\’atto “trattandosi
di questioni tecniche che una persona non dotata di competenza specifica
non sarebbe in grado di percepire e per le quali può fare affidamento
sulla professionalità del notaio, anche in considerazione del ruolo
pubblicistico della sua attività.


Nella situazione in
esame, pur essendo la dichiarazione ai fini INVIM un\’attività riservata
alla parte, il professionista ha “l\’obbligo di informare il cliente
delle conseguenze nel caso di dichiarazioni non veritiere in riferimento
all\’INVIM, almeno quando le stesse appaiono ragionevolmente non
verosimili” e simile obbligo “trova fondamento nell\’incarico
professionale ricevuto di redigere l\’atto pubblico di trasferimento
immobiliare”.





Siccome
il complesso incarico affidato al notaio ricomprende sia attività
preparatorie che successive alla stesura dell\’atto, emerge un gravissimo inadempimento del professionista che, redigendo e presentando dichiarazioni INVIM sulla base di valutazioni palesemente erronee di parte venditrice, abbia omesso di far rilevare alla parte l\’incongruenza presente impedendo il conseguimento di un regime fiscale più favorevole.


Sul notaio, precisa la Corte, grava il cosiddetto “dovere di consiglio” relativamente a questioni tecniche che una persona priva di competenza
specifica non sarebbe in grado di percepire, quindi l\’attività del
professionista dovrà essere “finalizzata non solo al raggiungimento
dello scopo privatistico e pubblicistico tipico al quale l\’atto rogando è
preordinato, ma anche a conseguire gli effetti vantaggiosi
eventualmente previsti dalla normativa fiscale e a rispettare gli
obblighi imposti da tale normativa”.


A seguito della
violazione degli obblighi contestuali di assistenza e consulenza, la
Suprema Corte stabilisce la responsabilità del notaio, il quale sarà
tenuto a rispondere dei danni originati da simile comportamento anche nella sola ipotesi di colpa lieve.

SENTENZA INTEGRALE

Cassazione Civile, sentenza 16 dicembre 2014, n. 26369

Fatto

1.
La Venerabile […], ONLUS, convenne in giudizio il notaio Dott. C.G.
e, assunta la responsabilità dello stesso per aver erroneamente
compilato le dichiarazioni INVIM, ne chiese la condanna al risarcimento
del danno equivalente a quanto da corrispondere in esito
all\’accertamento dell\’INVIM dovuta da parte della Amministrazione
finanziaria.
Espose che, in riferimento a tre atti di
compravendita rogati in data 24 novembre 1998, venivano predisposte e
presentate dal notaio tre dichiarazioni INVIM, sottoscritte dai legale
rappresentante della Confraternita, registrate nel dicembre 1998, e
nelle quali il notaio aveva attribuito valori finali e iniziali di pari
importo.
Il Tribunale di Firenze accolse la domanda e
condannò il notaio al pagamento della somma, come precisata in corso di
causa dall\’attrice e pari a quella pagata mediante definizione bonaria
della lite con l\’Amministrazione finanziaria (circa Euro 13.700,00 oltre
interessi).
La Corte di appello di Firenze, accogliendo
l\’impugnazione del notaio, respinse la domanda e condannò l\’… alla
conseguente restituzione di quanto ricevuto in esecuzione della sentenza
di primo grado (sentenza dell\’11 febbraio 2011).
2. Avverso la suddetta sentenza, l\’… propone ricorso affidato a un unico motivo, articolato in più profili.
Resiste con controricorso il notaio.
Entrambe le parti depositano memorie.

Diritto

1.
Secondo la Corte di merito, che ha rigettato la domanda accogliendo
l\’appello del notaio, la delibera adottata dalla Confraternita è un mero
atto interno, dove viene formalizzata la volontà di vendere,
autorizzando il legale rappresentante a sottoscrivere i contratti, e al
notaio Ca. , officiato dalla parte acquirente, non è stato conferito
alcun mandato. Il notaio, in ottemperanza al mandato conferito dagli
acquirenti, avrebbe dovuto redigere l\’atto tenendo presenti anche le
norme fiscali. Ma, rispetto alla normativa fiscale relativa all\’INVIM,
fondata sulla differenza di valore degli immobili intervenuta tra due
atti successivi, calcolandosi l\’imposta, da versare da parte del notaio
al momento della registrazione, su tale differenza, la dichiarazione
relativa alla base imponibile competeva alla parte venditrice. E, da
questa il notaio non aveva ricevuto alcuna mandato per indagare
sull\’incremento verificatosi, né avrebbe potuto ricostruire i valori di
interesse sulla base della sua sola esperienza. Né le informazioni di
cui era in possesso, per aver rogato altro atto nel 1996 relativo allo
stesso frazionamento dell\’originaria unità immobiliare, erano
sufficienti allo scopo.
La Corte di appello, inoltre, non
condivide il giudizio del Tribunale di inattendibilità della teste (Z. ,
all\’epoca impiegata del notaio) – secondo la quale i dati INVIM vennero
forniti al notaio dal rappresentante della confraternita e il notaio si
limitò a riempire gli stampati – perché tale giudizio di
inattendibilità, fondato sulla circostanza che i rogiti vengono di
regola predisposti dal notaio che è già in possesso della
documentazione, oltre che sul diretto coinvolgimento della impiegata
nello studio, non considera che la stessa Confraternita nell\’atto di
citazione allega la contestualità del rogito e delle dichiarazioni
INVIM, né considera che la dichiarazione INVIM non è necessaria al
rogito dovendo essere presentata al momento della registrazione
dell\’atto pubblico. Su questa premessa, di assenza di ragioni per
ritenere inattendibile la dichiarazione della Z. , la Corte di merito
aggiunge che la testimone aveva anche dichiarato che il rappresentante
della venditrice al momento del rogito fu invitato dal notaio a
comunicargli, previo interpello del commercialista, se i valori INVIM
ipotizzati erano corretti e, che, invece, alcuna comunicazione era poi
intervenuta.
La Corte conclude nel senso che il notaio, il
quale non aveva ricevuto apposito incarico per effettuare accertamenti
relativi all\’INVIM, limitò il proprio intervento ad un\’opera materiale
per quanto attiene alla dichiarazione INVIM, per di più sollecitando
senza esito la venditrice ad interpellare il commercialista affinché
fornisse riscontro ai dati a lui comunicati. Pertanto, esclude la
responsabilità del notaio per le conseguenze dell\’accertamento fiscale
originato dalla erroneità delle dichiarazioni formate dalla parte.
2.
L\’unico motivo di ricorso è complesso e si articola in due diverse
violazioni e false applicazioni di norme, unitamente a rispettivi
difetti di motivazione.
Si deduce, infatti, la violazione
dell\’art. 1176, secondo comma cod. civ., e vizi motivazionali, nonché
omessa e insufficiente motivazione in ordine alla valutazione delle
prove circa l\’incapacità a testimoniare del teste Z. e violazione
dell\’art. 246 cod. proc. civ..
3. Lo scrutinio del motivo di ricorso attinente alla testimonianza Z. è logicamente preliminare.
Pur
prospettandosi anche l\’erronea valutazione della testimonianza sotto il
profilo della attendibilità e, quindi, del difetto di motivazione, la
censura si incentra in realtà solo sulla mancata ritenuta incapacità di
testimoniare ex art. 246 cit., per avere la Z. un interesse diretto,
avendo acquistato uno dei beni compravenduti e, quindi, per essere
coobbligata solidale rispetto a imposte e sanzioni. A tal fine, si
riproduce parte del verbale di udienza dove tale incapacità era stata
eccepita.
La censura è inammissibile quanto alla violazione di legge e quanto al difetto motivazionale.
3.1.
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità
quello secondo cui, la nullità della testimonianza resa da persona
incapace, ai sensi dell\’art. 246 cod. proc. civ., essendo posta a tutela
dell\’interesse delle parti, è configurabile come nullità relativa e, in
quanto tale, deve essere eccepita subito dopo l\’assunzione della prova,
rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell\’art. 157, secondo comma, cod.
proc. civ. (da ultimo, Sez. Un. 23 settembre 2013, n. 21670).
In
particolare, quanto al momento in cui l\’incapacità debba essere
eccepita, la Corte lo ha costantemente individuato in quello
immediatamente successivo all\’assunzione della prova o, nel caso di
assenza del difensore, nell\’udienza immediatamente successiva, e ciò
quand\’anche, prima dell\’assunzione, fosse stata eccepita l\’incapacità a
testimoniare (tra le tante, Cass. 21 aprile 1999, n. 3962).
Poiché
dal verbale riportato nel ricorso non risulta in quale fase
l\’incapacità è stata eccepita, la censura manca di specificità, mentre
la ricorrente, ai sensi dell\’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., avrebbe
dovuto indicare specificamente gli atti processuali e riprodurli nel
ricorso per la parte di interesse, per consentire alla Corte l\’esame
diretto degli atti, possibile nel caso di prospettata violazione delle
norme processuali.
3.2. Pure inammissibile è il prospettato
difetto di motivazione in ordine alla valutazione compiuta dal giudice
di merito relativamente alla attendibilità della testimonianza. Infatti,
la censura sul punto non è stata svolta dalla ricorrente nella parte
esplicativa del motivo, incentrata, come detto, sulla eccezione di
incapacità.
4. La prospettata violazione dell\’art. 1176 cod.
civ. si coniuga con difetti motivazionali, relativi alle argomentazioni
usate dalla Corte di merito per escludere la responsabilità del notaio,
senza mai tradursi in autonome censure motivazionali.
Si
censura la sentenza per aver ritenuto, contrariamente alla
giurisprudenza di legittimità, che l\’obbligo di assistenza fiscale non
rientra tra gli obblighi propri del notaio in difetto di espresso
incarico in tal senso. Mentre, invece, secondo la ricorrente, la
funzione del notaio non può esaurirsi nella mera registrazione delle
dichiarazioni delle parti, dovendosi ritenere che, ai sensi dell\’art.
1176 cit., l\’attività di consulenza sia estesa anche agli aspetti
fiscali accessori alla stipula dell\’atto, con l\’obbligo per il notaio di
far conseguire alle parti il regime più favorevole. Da ciò il
gravissimo inadempimento del notaio che ha redatto e presentato
dichiarazioni INVIM sulla base delle indicazioni della parte venditrice,
palesemente e chiaramente errate per essere identici i valori iniziali e
finali; mentre, avrebbe dovuto indicare alla venditrice l\’incongruenza
nelle dichiarazioni per essere indicati valori identici tra il momento
dell\’acquisto da parte della Confraternita e il momento della vendita.
Da
ciò, anche, l\’irrilevanza della delibera adottata dalla Confraternita, e
l\’irrilevanza che un soggetto delegato dalla Confraternita avesse
indicato i valori riportati dal Notaio nelle dichiarazioni, atteso che
gli stessi erano palesemente incongrui e il notaio aveva l\’obbligo di
individuare i valori corretti.
La censura merita accoglimento.
4.1.
Prima di procedere alla individuazione del fondamento giuridico della
responsabilità del notaio nella specie – negata dalla Corte di merito – è
necessario perimetrare gli accertamenti in fatto, quali oramai
definitivamente fissati anche per effetto della dichiarazione di
inammissibilità di parte della censura.
Data
l\’inammissibilità del motivo di ricorso sotto il profilo della
incapacità e della inattendibilità del teste, resta accertato in fatto,
sulla base della testimonianza della Z. , che il notaio, il quale aveva
compilato i moduli INVIM secondo quanto a lui dichiarato dalla parte
venditrice, aveva sollecitato la stessa parte a verificare con il
commercialista i valori dichiarati, e, non avendo ricevuto risposta,
aveva proceduto alla registrazione.
Pacifico è pure che non
era stato conferito al notaio un mandato specifico per l\’accertamento
dell\’INVIM dovuta, ma era stato conferito, al notaio indicato dagli
acquirenti, un mandato a redigere gli atti di compravendita.
4.2.
La questione all\’attenzione della Corte è “se il notaio, incaricato di
redigere l\’atto pubblico di trasferimento immobiliare, il quale abbia
compilato la dichiarazione a fini INVIM, sottoscritta dal venditore,
riportando quanto da questi dichiarato rispetto a valori finali e
iniziali di pari importo, e abbia provveduto alla relativa registrazione
dopo il mancato seguito del venditore alla sua richiesta di verificare
gli importi con il commercialista, così esponendo il venditore
dichiarante all\’accertamento fiscale e al pagamento della somma dovuta
all\’Amministrazione finanziaria, abbia o meno adempiuto la prestazione
inerente all\’esercizio della sua attività professionale con la diligenza
richiesta dalla natura dell\’attività esercitata”.
Ritiene il Collegio che la risposta al quesito debba essere negativa.
4.2.1.
In riferimento al pagamento dell\’INVIM, secondo la disciplina
legislativa (art. 18 del d.P.R. n. 643 del 1972), i notai, per tutti gli
atti stipulati con il loro ministero, devono richiedere ai cedenti la
loro dichiarazione, rilasciata su modello fornito dall\’Amministrazione, e
devono produrla all\’ufficio con l\’atto stipulato.
La
dichiarazione è rilasciata dal cedente, ma la legge impone al notaio,
quando questi sia stato incaricato della stesura di un atto pubblico di
trasferimento immobiliare, di chiedere al proprio cliente la
dichiarazione e di produrla all\’ufficio insieme all\’atto stipulato.
Certamente,
la dichiarazione ai fini INVIM è un\’attività della parte contenente una
dichiarazione di scienza (in tal senso anche la giurisprudenza in
materia tributaria, Cass. 17 novembre 2006, n. 25056); e, certamente,
non è ipotizzabile che il notaio possa sostituirsi alla parte in una
dichiarazione di scienza della stessa.
Qualunque siano le
ragioni – dalla certezza in ordine alla contestualità nella acquisizione
di notizie, alla semplificazione delle attività delle parti, sgravate
di una iniziativa autonoma, a mere ragioni di praticità – per le quali
il legislatore abbia imposto al notaio di chiedere al cliente tale
dichiarazione e di trasmetterla, unitamente all\’atto stipulato,
all\’autorità competente, è indubbio che, attraverso questo obbligo
legislativo, la dichiarazione della parte a fini INVIM entra a far parte
della complessa attività del notaio nella predisposizione degli atti
pubblici di trasferimento immobiliare. Attività che si snoda attraverso
una fase preparatoria, un\’altra propria di redazione dell\’atto e una
fase successiva. Attività tutta ricollegabile all\’incarico professionale
di redigere l\’atto pubblico, conferito al notaio dal cliente e, quindi,
all\’obbligo di adempimento contrattuale dell\’attività professionale con
la diligenza qualificata, da valutarsi avendo presente la natura
dell\’attività esercitata.
4.2.2. Per individuare la diligenza
richiesta al notaio nella specie in esame è utile la sintetica
ricognizione della giurisprudenza di legittimità in materia.
Una
linea costante rinvenibile negli arresti giurisprudenziali, in tema di
atto pubblico di trasferimento immobiliare e in riferimento alle visure
catastali, è data dalla riconduzione nell\’oggetto della prestazione
d\’opera professionale del notaio delle attività preparatorie e
successive necessarie ad assicurare la serietà e la certezza dell\’atto
rogando e ad assicurare la sua attitudine al conseguimento dello scopo
tipico e del risultato pratico voluto dalle parti (ex plurimis, Cass. 11
gennaio 2006, n. 264).
Centrale è il richiamo ai canoni
della “diligenza qualificata” di cui all\’art. 1176, secondo comma, cod.
civ. per l\’adempimento della prestazione professionale (Cass. 19 giugno
2013 n. 15305). E, in tale contesto, viene valorizzato il dovere della
normale diligenza professionale media esigibile ai sensi della norma
richiamata, riconducendo ad essa, come sanzionabili con la sola colpa
lieve, fattispecie di inadempimento in cui il notaio aveva invocato la
limitazione di responsabilità al dolo e alla colpa grave, prevista per
il professionista dall\’art. 2236 cod. civ., quale limitazione rilevante
nel solo caso di imperizia rispetto a problemi tecnici di particolare
difficoltà (Cass. 2 marzo 2005, n. 4427; Cass. 27 ottobre 2011, n.
22398). Si assiste, sempre ad opera della giurisprudenza, ad un
allargamento dell\’oggetto della prestazione professionale del notaio
nell\’adempimento della quale, per essere esente da responsabilità, al
professionista è richiesta una diligenza media qualificata la cui soglia
è sempre più alta. Infatti, sempre sul presupposto che il notaio non è
un destinatario passivo delle dichiarazioni delle part, si è ritenuto: –
che, anche in caso in cui il notaio sia stato esonerato dalle visure,
deve informare le parti quando abbia avuto conoscenza o anche solo il
sospetto di un\’iscrizione pregiudizievole (Cass. 2 luglio 2010, n.
15726); – che il notaio deve osservare un principio di precauzione ed
adottare la condotta più idonea a salvaguardare gli interessi del
cliente (Cass. 27 novembre 2012, n. 20995); – che l\’acquirente che si
rivolge al notaio per la redazione di un atto traslativo effettua l\’atto
di acquisto nella ragionevole presunzione che l\’ufficiale rogante abbia
compiuto le opportune verifiche in ordine alla titolarità del bene e
alla libertà dello stesso (Cass. 14 marzo 2012, n. 4063).
In
particolare, ai fini di interesse per la presente controversia, si è
affermato che la funzione del notaio non si esaurisce nella mera
registrazione delle dichiarazioni delle parti, ma si estende
all\’attività di consulenza, anche fiscale, nei limiti delle conoscenze
che devono far parte del normale bagaglio di un professionista che
svolge la sua attività principale nel campo della contrattazione
immobiliare. Con la conseguenza di ravvisare la violazione dell\’obbligo
di diligenza di cui all\’art. 1176, secondo comma cod. civ. in capo al
notaio che non svolga una adeguata ricerca legislativa, ed una
successiva consulenza, al fine di far conseguire alle parti il regime
fiscale più favorevole (Cass. 13 gennaio 2003, n. 309). Si è individuato
il contenuto essenziale della prestazione professionale del notaio nel
cosiddetto “dovere di consiglio” avente ad oggetto questioni tecniche
che una persona non dotata di competenza specifica non sarebbe in grado
di percepire (Cass. 29 marzo 2007, n. 7707). Qualora il notaio non
compia una attività che potrebbe compiere in base alla legge ai fini di
una agevolazione fiscale, si è individuato in capo al notaio l\’obbligo
di informare le parti, non potendosene disinteressare, quando le parti
abbiano dichiarato nei contratto di volersi avvalere di tale
agevolazione (Cass. 26 marzo 2008, n. 7857).
4.2.3. In
sintesi, traendo le fila degli approdi giurisprudenziali esaminati, si
può dire che all\’allargamento dell\’oggetto della prestazione
professionale di redazione degli atti pubblici di trasferimento,
comprensivo della fase preparatoria e successiva a quella propria di
redazione, si unisce l\’innalzamento della soglia di diligenza media
esigibile, cui corrisponde l\’estensione dell\’area di responsabilità per
sola colpa lieve e la riduzione dell\’area di speciale difficoltà della
prestazione, della quale il professionista risponde solo in caso di dolo
o di colpa grave. Nel condurre a questi risultati ha svolto un ruolo
determinante, con ogni probabilità, la congiunzione tra la particolare
qualificazione tecnico/giuridica del notaio e la connotazione peculiare
della funzione notarile, dove interessi privatistici si intersecano con
l\’interesse generale connesso alla attribuzione di funzioni
pubblicistiche. Così, l\’alta specializzazione professionale unita alle
funzioni pubblicistiche ha fatto sempre più del notaio un “consulente”
delle parti, che ad esso devono rivolgersi per la redazione degli atti
pubblici. Un consulente “privato e pubblico” sulla cui competenza le
parti fanno affidamento, non solo affinché l\’atto redatto raggiunga lo
scopo privatistico tipico al quale è preordinato e assicuri la certezza
pubblicistica connessa, ma anche per conseguire gli effetti vantaggiosi
eventualmente previsti dalla normativa fiscale e per rispettare gli
obblighi imposti da tale normativa. Va precisato che il rispetto degli
obblighi imposti dalla normativa fiscale non consente, naturalmente,
generalizzazioni; dipendendo dalla disciplina di dettaglio e dal “se” e
in “quale modo” il notaio e l\’incarico professionale dallo stesso svolto
ne sono coinvolti (un esempio è costituito dalla giurisprudenza in tema
di imposta di registro, tra le tante, Cass. n. 15005 del 2014).
4.2.4.
Rispetto alla specie al nostro esame, si ritiene che dalla linea
evolutiva della giurisprudenza di legittimità possa agevolmente
ricavarsi, tenuto conto del ruolo attribuito dalla legge al notaio ai
fini delle dichiarazioni INVIM (cfr. p.4.2.1.), un obbligo di avvertire
la parte delle conseguenze derivanti da dichiarazioni non veritiere,
almeno quando è ragionevolmente probabile che quelle fornite dalla parte
non lo siano; come nella specie, in cui la coincidenza dei valori
iniziali e finali dopo un lungo periodo di tempo intercorso tra gli atti
di trasferimento delle parti strideva con periodi di mercato
immobiliare notoriamente in crescita.
L\’obbligo del notaio di
informare il cliente delle conseguenze nel caso di dichiarazioni non
veritiere in riferimento all\’INVIM, almeno quando le stesse appaiono
ragionevolmente non verosimili, trova fondamento nell\’incarico
professionale ricevuto di redigere l\’atto pubblico di trasferimento
immobiliare. Incarico che comprende nel proprio oggetto, oltre all\’atto
in senso proprio, le attività preparatorie e successive, e rispetto al
quale la diligenza qualificata, richiesta ai sensi dell\’art. 1176 cod.
civ., include la consulenza, anche fiscale, nei limiti delle conoscenze
che devono far parte del normale bagaglio di un professionista che
svolge la sua attività principale nel campo della contrattazione
immobiliare, trattandosi di questioni tecniche che una persona non
dotata di competenza specifica non sarebbe in grado di percepire e per
le quali può fare affidamento sulla professionalità del notaio, anche in
considerazione del ruolo pubblicistico della sua attività. Obbligo di
informazione che si differenzia, per fonte e contenuto, dallo specifico
incarico eventualmente conferito dalla parte ai fini della esatta
determinazione degli importi INVIM da dichiarare, nella specie
sicuramente mancante.
4.2.5. Va esaminato un ulteriore
profilo che emerge, seppure in modo confuso, dalla sentenza impugnata,
laddove la stessa sembra voler alludere ad una diversa responsabilità
del notaio a seconda della parte che ha conferito l\’incarico, sino ad
arrivare ad ipotizzare un diverso atteggiarsi dell\’obbligo professionale
se il notaio incaricato sia stato designato dalla controparte (cfr.
sintesi della sentenza nel p.1).
La giurisprudenza della
Corte, infatti, ha chiarito che, ai fini della individuazione della
responsabilità professionale del notaio nella stipulazione dell\’atto
pubblico di vendita, sempre che dal comportamento del professionista
siano derivati danni, non ha alcun rilievo che l\’incarico di redigere
l\’atto pubblico sia stato conferito, e remunerato, da una delle parti,
sussistendo la responsabilità professionale nei confronti di tutte le
parti dell\’atto rogato sulla base dell\’art. 1411 cod. civ. per quella
parte che non lo ha conferito (Cass. n. 14865 del 2013).
4.2.6.
In conclusione, può enunciarsi il seguente principio di diritto: “Il
notaio incaricato di redigere l\’atto pubblico di trasferimento
immobiliare, il quale abbia compitato la dichiarazione a fini INVIM,
sottoscritta dal venditore, riportando quanto da questi dichiarato
rispetto ai valori finali e iniziali, e abbia provveduto alla relativa
registrazione senza avvertire la parte delle conseguenze derivanti da
dichiarazioni non veritiere, almeno quando è ragionevolmente probabile
che quelle fornite dalla parte non lo siano, pone in essere un
comportamento non conforme alla diligenza qualificata richiesta dalla
particolare qualificazione tecnico/giuridica della prestazione
professionale – oggetto dell\’incarico conferito dal cliente e quindi
ricompresa nel rapporto di prestazione di opera professionale (artt.
1176, 2230 e segg. cod. civ.) e nel contempo intrecciata alle peculiari
funzioni notarili pubblicistiche – atteso che tra i mezzi e i
comportamenti rientranti nella prestazione professionale cui il notaio
si è obbligato vi è quello di fornire consulenza tecnica alla parte,
finalizzata non solo al raggiungimento dello scopo privatistico e
pubblicistico tipico al quale Tatto rogando è preordinato, ma anche a
conseguire gli effetti vantaggiosi eventualmente previsti dalla
normativa fiscale e a rispettare gli obblighi imposti da tale normativa;
con la conseguenza di rispondere dei danni originati da tale
comportamento anche nella sola ipotesi di colpa lieve”.
5. In conclusione, l\’unico motivo di ricorso è accolto nei confini precisati e la sentenza impugnata è cassata.
Non
sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e, pertanto, ricorrono
le condizioni per la pronuncia nel merito ai sensi dell\’art. 384,
secondo comma cod. proc. civ..
Per l\’effetto, l\’appello va rigettato con conferma integrale della sentenza di primo grado.
In
ragione della relativa novità della questione giuridica decisa,
sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese
processuali del giudizio di appello.
Le spese, liquidate
sulla base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, seguono
la soccombenza per il giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La
Corte di Cassazione accoglie il ricorso nei sensi di cui in
motivazione; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta l\’appello e conferma la sentenza di primo grado anche per le
spese processuali; compensa integralmente le spese processuali del
giudizio di appello; condanna C.G. al pagamento delle spese processuali
del giudizio di cassazione, che liquida, in Euro 4.800,00, di cui Euro
200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

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