sabato, Maggio 18, 2024
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LA POLITICA IN VETRINA: Per la sicurezza della navigazione, non basta un processo

 

Il disastro della nave da crociera della COSTA CONCORDIA,
avvenuto in una fredda notte del gennaio 2013 e che ha registrato la morte di
32 persone, sembra aver individuato un responsabile: Francesco SCHETTINO, già
Comandante della nave e docente provetto in aula universitaria a discettare su
come gestire “il panico”.

Il Pubblico ministero a conclusione della propria
requisitoria, profusa nel dibattimento che si svolge all’interno del Teatro
Moderno di Grosseto all’uopo adibito, ha chiesto 26 anni e tre mesi di carcere
per l’ex Comandante Schettino.

Nel contempo, ritenendo sussistere il rischio di fuga, è
stata altresì richiesta una Misura cautelare di natura preventiva. Le prime
dichiarazioni rese dall’accusatore
sembrano convergenti nel circoscrivere il complesso delle responsabilità nella
condotta dell’ex Comandante della nave naufragata nelle acque dell’Isola del
Giglio.

Indico e ricordo le principali apparse sulla stampa più
recente da parte del Pubblico Ministero:


“Anche se incensurato” il giudizio non è
positivo circa la capacità di delinquere”;


“L’aver voluto fare un favore a un capo
cameriere che gli aveva chiesto di passare vicino all’isola, per fare il c.d.
inchino”;


“E’ stata una bravata per gli amici passare a
pelo di scoglio al Giglio, sono stati dei futili motivi”.

Ancora il P.M., aggravando la responsabilità dello
Schettino, ha anche aggiunto la “ingiustificabile e ignominiosa fuga dalla
nave. Infatti, parla inoltre della gravità della condotto dallo Schettino in
riferimento alle persone abbandonate a se stesse, di notte, senza sapere
neanche come provare a salvarsi.

Il Procuratore generale della Toscana al riguardo ha detto:
” La richiesta dell’accusa è più che congrua, mentre per la difesa è
esagerata”.

Staremo a vedere il prosieguo!

Quello che mi preme sottolineare oggi è, invece, l’esigenza
di dare una lettura più ampia alla intera e drammatica vicenda non tanto e non
solo per onorare le tante vittime innocenti, ma soprattutto per contribuire a
dare elementi di riflessione che devono ispirare tutti coloro sono chiamati al
controllo della sicurezza della navigazione e della vita umana in mare.

La richiesta di condanna dell’ex Comandante della COSTA
Concordia sembra scaturire, in primo luogo, dalla grave condotta dello
Schettino con l’abbandono anzitempo della nave in pieno naufragio,
disinteressandosi completamente dei passeggeri e dell’intero equipaggio.

A molti, nella lettura di questa drammatica vicenda, sfugge
il ruolo nefasto della locale Capitaneria di Porto che pur conoscendo l’andazzo
del c.d. “inchino” in uso da anni, non è mai intervenuta per far cessare simile
spregio alla sicurezza della navigazione.

La Compagnia inoltre, ben volentieri accettava e addirittura,
promuoveva quel modus operandi che meglio di qualunque campagna promozionale
serviva ad esibire la bellezza e il fascino delle sue navi.

Ecco, la responsabilità è certamente di Schettino cui
nessuna pena potrà bastare a compensare le morti causate dal disastro, ma è
altrettanto vero che ad esso si dovrebbe aggiungere quella dell’Istituzione e
della Compagnia di navigazione.

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