mercoledì, Maggio 8, 2024
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L’ABF SUL CONTRATTO DI LEASING: Responsabilità penali per inadempienze contrattuali

A proposito di ABF Roma, 5 dicembre 2014, n. 8227; ABF
Roma, 12 dicembre

Penali da inadempimento nel leasing ci sono dei limiti!,
2015


ABF Roma, 5 dicembre 2014, n. 8227

ABF Roma, 12 dicembre 2013, n. 6492

Ancora l’ABF
sul contratto di leasing con la decisione del 5 dicembre 2014 in epigrafe, il
Collegio ABF di Roma, ribadisce
l’importante orientamento già espresso, con riferimento a clausole standard del
medesimo tenore, nella decisione n. 6492 del 12 dicembre 2013.

La clausola
in questione prevedeva, in caso di risoluzione per inadempimento del cliente,
una penale pari «al restante corrispettivo contrattuale complessivamente
pattuito a carico dell’Utilizzatore per tutta la durata del contratto,
maggiorato del prezzo previsto per l’opzione, attualizzato a un tasso pari
all’indice di riferimento di cui alla clausola n. 4 delle Condizioni Particolari
del presente contratto diminuito di 1 punto percentuale, e detratto quanto sarà
ricavato dalla Concedente con il realizzo dell’immobile, ovvero per indennizzi
assicurativi o di terzi al netto di spese, imposte, tasse e tributi, ivi
comprese tutte le spese per il ripristino dell’immobile ed il suo realizzo».

Il Collegio
ha ritenuto tale clausola affetta da nullità. E ciò, in quanto la stessa è
contraria alla norma imperativa di cui all’art. 1526 c.c., di carattere
inderogabile (sul punto cfr., da ultimo, Cassazione 12 settembre 2014, n.
19272). In effetti, è ormai principio acquisito che «al leasing traslativo
si applica la disciplina di carattere inderogabile di cui all’art. 1526 c.c. in
tema di vendita con riserva della proprietà, la quale comporta, in caso di
risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore la restituzione dei canoni già
corrisposti e il riconoscimento di un equo compenso in ragione dell’utilizzo
dei beni, tale da remunerare il solo godimento e non ricomprendere anche la
quota destinata al trasferimento finale di essi» (ex plurimis, Cass. 28
gennaio 2015, n. 1625; Cass., 27 settembre 2011, n. 19732; Cass. 10 settembre
2010, n. 19287; Cass. 8 gennaio 2010, n. 73).

Come
correttamente affermato dall’Arbitro, pertanto, laddove il concedente cumulasse
– secondo quanto previsto da clausole analoghe a quella in questione – il
residuo valore del bene con l’importo dei canoni già corrisposti, «egli
conseguirebbe … un arricchimento senza causa, il quale è generalmente vietato
dall’ordinamento giuridico (Cass., 27 settembre 2011, n. 19732)». Sul punto si
è espressa, di recente, la Cass. 17 gennaio 2014, n. 888: «le clausole
contrattuali che attribuiscono alla società concedente il diritto di
recuperare, nel caso di inadempimento dell’utilizzatore, l’intero importo del
finanziamento ed in più la proprietà ed il possesso dell’immobile,
attribuiscono alla società stessa vantaggi maggiori di quelli che essa aveva
diritto di attendersi dalla regolare esecuzione del contratto, venendo a
configurare gli estremi della penale manifestamente eccessiva».

Le pronunce
fin qui citate dovrebbero, se non altro, mettere definitivamente a tacere gli
orientamenti scopertamente filobancari di alcuni Tribunali (Treviso e Udine in
particolare), secondo i quali la disciplina pattizia prevarrebbe, a prescindere
dalla natura del contratto di leasing, sul disposto di cui all’art. 1526
c.c.; e ciò, anche perché l’art. 72-quater l.f., sempre secondo tali non
condivisibili orientamenti, segnerebbe «l’abbandono della dicotomia … tra leasingdi godimento e leasing traslativo» (Trib. Torino, 23 aprile 2012, n.
1241) anche al di fuori della materia fallimentare.

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