lunedì, Maggio 13, 2024
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PUBBLICO IMPIEGO: Illegittimità del blocco della contrattazione.

 La sentenza della Consulta

(Corte costituzionale, Sentenza 23.7.2015 n. 178)

SENTENZA N. 178



ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



LA CORTE COSTITUZIONALE



composta dai signori: Presidente:
Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Paolo Maria NAPOLITANO, Paolo GROSSI,
Giorgio LATTANZI, AldoCAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS,
NicolòZANON,



ha pronunciato la seguente

SENTENZA nei giudizi di legittimità costituzionale dell\’art. 9,
commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del
decreto-legge 31 maggio 2010, n.78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito,
con modificazioni, dall\’art. 1, comma 1, dellalegge 30 luglio 2010, n.
122 e dell\’art. 16, comma 1, lettere b) e c) del decreto-legge 6 luglio
2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazionefinanziaria),
convertito, con modificazioni, dall\’art. 1, comma 1, della legge 15
luglio 2011, n. 111, promossi dal Tribunale ordinario di Roma
conordinanza del 27 novembre 2013 e dal Tribunale ordinario di Ravenna
con ordinanza del 1° marzo 2014, rispettivamente iscritte ai nn. 76 e
125 delregistro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica nn. 22 e 35, prima serie speciale, dell\’anno 2014.
Visti gli atti di costituzione di FLP ­ Federazione lavoratori pubblici
e funzioni pubbliche ed altra, di Nardini Graziella ed altri, nonché
gli atti diintervento del Presidente del Consiglio dei ministri e della
Federazione GILDA-UNAMS, della CONFEDIR ­ Confederazione autonoma
deidirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione e della
CSE ­ Confederazione indipendente sindacati europei; udito
nell\’udienza pubblica del 23 giugno 2015 il Giudice relatore Silvana
Sciarra; uditi gli avvocati Tommaso De Grandis per la Federazione
GILDA-UNAMS, Sergio Galleano per la CONFEDIR ­ Confederazione
autonomadei dirigenti, quadri e direttivi della pubblica
amministrazione, Michele Lioi per la CSE ­ Confederazione indipendente
sindacati europei, MicheleLioi, Stefano Viti e Michele Mirenghi per la
FLP ­ Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche ed altra,
Pasquale Lattari per NardiniGraziella ed altri e l\’avvocato dello Stato
Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri.



Ritenuto in fatto



1.­ Il Tribunale ordinario di Roma, in
funzione di giudice del lavoro, con ordinanza depositata il 27 novembre
2013 e iscritta al n. 76 del registroordinanze 2014, ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell\’art. 9, commi 1 e 17, primo
periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78(Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica),
convertito, con modificazioni, dall\’art. 1, comma 1, dellalegge 30
luglio 2010, n. 122, e dell\’art. 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio
2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione
finanziaria),convertito, con modificazioni, dall\’art. 1, comma 1, della
legge 15 luglio 2011, n. 111, prospettando la violazione degli artt. 2,
3, primo comma, 35,primo comma, 36, primo comma, 39, primo comma, e 53
della Costituzione. 1.1.­ Il giudice rimettente espone di dover
esaminare i ricorsi presentati il 26 ottobre 2012 dalla Federazione
lavoratori pubblici e funzionipubbliche (FLP) e dalla Federazione
italiana autonoma lavoratori pubblici (FIALP), in qualità di firmatarie
dei contratti collettivi stipulati conl\’Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) per il personale della
Presidenza del Consiglio dei ministri e delcomparto ministeri e per il
personale degli enti pubblici non economici. I sindacati ricorrenti
nel giudizio principale hanno chiesto di accertare il diritto a dar
corso alle procedure contrattuali e negoziali, relative altriennio
2010-2012, per il personale di cui all\’art. 2, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull\’ordinamento
dellavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e di
condannare l\’ARAN ad avviare le trattative per il rinnovo dei contratti,
deducendo, asostegno di tali domande, l\’illegittimità costituzionale
della normativa che “congela” i trattamenti economici percepiti dai
dipendenti e “blocca” lacontrattazione collettiva «con possibilità di
proroga anche per l\’anno 2014». Nel giudizio principale, si è
costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, per contestare la
fondatezza del ricorso, l\’ammissibilità dellaquestione di legittimità
costituzionale, per carenza del requisito dell\’incidentalità, nonché per
contestare la sussistenza dei dedotti profili di contrastocon i
parametri costituzionali evocati. Il giudice rimettente ha
disatteso le eccezioni pregiudiziali, mosse dal Presidente del Consiglio
dei ministri, e ha ritenuto che risulti soddisfatto ilrequisito
dell\’incidentalità. L\’esame della questione di legittimità
costituzionale, invero, rappresenterebbe l\’antecedente ineludibile per
giungere all\’accertamento del diritto(art. 39, primo comma, Cost.),
invocato dalla parte ricorrente. Tali considerazioni confermerebbero la
rilevanza della questione, poiché il diritto dellaparte ricorrente ad
avviare la contrattazione con riferimento al periodo 2010-2012
discenderebbe dal vaglio di costituzionalità della norma in esame.
Con riguardo alla non manifesta infondatezza delle questioni di
legittimità costituzionale, il giudice rimettente argomenta che la
sospensionedella contrattazione collettiva determina una interruzione
delle procedure negoziali che si propongono di garantire la
proporzionalità tra il lavoroprestato e la retribuzione dovuta. La
sospensione della contrattazione sui trattamenti retributivi fino al 31
dicembre 2014 si accompagna all\’impossibilità di qualsivoglia
recupero,se solo si considera che, indipendentemente dalle ragioni
poste a base della decretazione d\’urgenza, si riscontra un prolungamento
dei limiti postiall\’autonomia collettiva. Tali limiti
confliggerebbero con il dettato degli artt. 35, primo comma, 36, primo
comma, e 39, primo comma, Cost. Le disposizioni censurate, inoltre,
si porrebbero in contrasto con l\’art. 3, primo comma, Cost., anche in
relazione all\’art. 2 Cost. Le misure dirisanamento sarebbero, infatti,
destinate a ripercuotersi sulle retribuzioni dei soli pubblici
dipendenti, così violando il principio di eguaglianza tra icittadini e
il dovere di solidarietà politica, sociale ed economica di cui agli
artt. 3, primo comma, e 2 Cost. Tale dovere di solidarietà,
difatti, non potrebbe non gravare sull\’intera comunità. Il giudice a
quo osserva che la sospensione delle procedure contrattuali riguardanti
gli incrementi retributivi, protraendosi fino al 31 dicembre2014, con
esclusione di ogni possibilità di recupero e di ogni adeguamento
dell\’indennità di vacanza contrattuale, interrompe la dinamica
retributiva,senza presentare quei caratteri di eccezionalità e di
temporaneità che la Corte costituzionale ha ritenuto imprescindibili nel
vagliare analoghe misuredi contenimento della spesa pubblica.
1.2.­ Sono intervenute nel giudizio le organizzazioni sindacali FLP e
FIALP, chiedendo l\’accoglimento della questione di
legittimitàcostituzionale e lamentando, in particolare, l\’irragionevole
sacrificio dell\’autonomia collettiva, costituzionalmente garantita ed
espressione delprincipio democratico e partecipativo che permea la
Carta costituzionale. I sindacati intervenuti si dolgono del fatto
che il legislatore abbia inibito del tutto alle organizzazioni sindacali
la libertà di modulare lacontrattazione nella materia retributiva,
alla luce della situazione economica generale, così da impedire la
ricerca di soluzioni volte a non far gravarei sacrifici sui lavoratori
più deboli. A questa stregua, finanche i contratti collettivi dal
contenuto prettamente normativo, che non incidono sulla spesa pubblica,
sarebbero statiarbitrariamente preclusi. La disciplina, destinata a
penalizzare in misura esorbitante il lavoro pubblico, sarebbe
discriminatoria rispetto a quella applicabile al settoreprivato, non
coinvolto da alcuna misura di contenimento delle retribuzioni, e lo
sarebbe anche rispetto a quella che concerne il personale delle
Forzearmate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco, che beneficerebbe di assegni una tantum nel corso del
triennio di bloccodegli adeguamenti retributivi. 1.3.­ Nel
giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall\’Avvocatura generale dello Stato, che
hachiesto di dichiarare l\’infondatezza della questione. Il blocco
delle retribuzioni sarebbe legittimo, in quanto circoscritto ad un
periodo contenuto, in concomitanza con una situazione eccezionale
diemergenza economica e finanziaria, e risponderebbe all\’obiettivo di
rispettare l\’equilibrio di bilancio (art. 81 Cost.) adottando politiche
proiettate inun periodo che necessariamente travalica l\’anno. La
difesa dello Stato rileva che il giudice rimettente censura la
violazione dell\’art. 53 Cost. soltanto nella parte dispositiva. Tale
censura,oltretutto, sarebbe carente di fondamento, in quanto
difetterebbero gli elementi caratteristici del prelievo tributario.
Quanto al merito della questione e all\’adombrata violazione dell\’art.
39, primo comma, Cost., l\’Avvocatura generale dello Stato ribatte che
nonha alcuna ragion d\’essere una contrattazione collettiva che non
possa approdare ad un risultato utile per le parti rappresentate.
La difesa dello Stato esclude che vi siano illegittime disparità di
trattamento tra lavoratori privati e lavoratori alle dipendenze delle
pubblicheamministrazioni, in considerazione delle difformità delle
fattispecie comparate. 1.4.­ Nel giudizio è intervenuta la
Federazione GILDA-UNAMS, che asserisce di essere legittimata ad
intervenire, in quanto portatrice di unaposizione giuridica
suscettibile di essere pregiudicata dall\’esito del giudizio di
legittimità costituzionale. L\’art. 64, comma 5, del d.lgs. n. 165
del 2001 offrirebbe un argomento a favore dell\’ammissibilità
dell\’intervento, in quanto accorderebbe alleorganizzazioni sindacali
firmatarie dei contratti collettivi la facoltà di intervenire nel
giudizio anche oltre il termine previsto dall\’art. 419 del codicedi
procedura civile. La Federazione, qualificandosi come firmataria
dell\’ultimo contratto di lavoro del 27 novembre 2007 e come
organizzazione sindacalemaggiormente rappresentativa del personale del
comparto scuola, ha chiesto, in prima battuta, la rimessione della
questione alla Corte di giustiziadell\’Unione europea, ai sensi
dell\’art. 267, comma 3, del Trattato sul funzionamento dell\’Unione
europea (TFUE), in quanto la disciplina impugnataviolerebbe la
direttiva 11 marzo 2002, n. 2002/14/CE (Direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio, che istituisce un quadro generale
relativoall\’informazione e alla consultazione dei lavoratori). La
normativa, inoltre, contravverrebbe alla Carta sociale europea (art. 6,
sul diritto di negoziazione collettiva), riveduta, con annesso, fatta
aStrasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con legge 9
febbraio 1999, n. 30, e agli artt. 27 e 28 della Carta dei diritti
fondamentalidell\’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e
adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, che tutelano,
rispettivamente, il diritto deilavoratori all\’informazione e alla
consultazione nell\’àmbito dell\’impresa e il diritto di negoziazione e di
azioni collettive. La Federazione ha chiesto l\’accoglimento della
questione di legittimità costituzionale, rilevando che è affidata
all\’autonomia collettiva,sacrificata dalle disposizioni impugnate, la
garanzia del rispetto del principio di proporzionalità tra il lavoro
svolto e la retribuzione e che, alla lucedella giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell\’uomo (sentenza 7 giugno 2011, Agrati e
altri contro Italia), il credito del lavoratore siconfigura come
proprietà, tutelata anche ai sensi dell\’art. 1 Primo Protocollo
addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei
dirittidell\’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il
4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,
n. 848. La norma impugnata istituirebbe, in spregio all\’art. 53
Cost., un prelievo tributario e pregiudicherebbe il diritto dei
lavoratori a percepire unaretribuzione proporzionata alla quantità e
alla qualità del lavoro svolto, violando, inoltre, i princípi di
affidamento, di buona fede e di eguaglianzasostanziale. 1.5.­ Nel
giudizio è intervenuta la Confederazione indipendente sindacati europei
(CSE), insistendo per l\’accoglimento della questione dilegittimità
costituzionale. La CSE asserisce di vantare un interesse
qualificato, inerente al rapporto sostanziale e idoneo a giustificare
l\’ammissibilità dell\’intervento,poiché avrebbe sottoscritto, unitamente
alla FLP, ricorrente nel giudizio principale, il contratto collettivo
nazionale di lavoro relativo al personaledella Presidenza del Consiglio
dei ministri per il biennio economico 2006-2007 e il contratto
collettivo, riguardante il medesimo comparto, per ilbiennio economico
2008-2009. Da tale status discenderebbe l\’interesse qualificato a
intervenire nel giudizio di costituzionalità, poiché le disposizioni
impugnate lederebberol\’esercizio delle prerogative negoziali della
Confederazione. La Confederazione in parola, quanto al merito delle
questioni, ha rilevato che le norme censurate arrestano per un
quadriennio la dinamicasalariale e comprimono, per lo stesso
considerevole arco di tempo, l\’autonomia collettiva, tutelata dall\’art.
39, primo comma, Cost. e dalle fontisovranazionali. Fra tali fonti
sovranazionali, la Confederazione menziona l\’art. 6 della Carta sociale
europea, l\’art. 28 della Carta dei diritti fondamentalidell\’Unione
europea, l\’art. 152 del TFUE, gli artt. 11, 12, 13 e 14 della Carta
comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata
aStrasburgo il 9 dicembre 1989, la Convenzione n. 151
dell\’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), relativa alla
protezione del diritto diorganizzazione e alle procedure per la
determinazione delle condizioni di impiego nella funzione pubblica,
adottata a Ginevra il 27 giugno 1978 nelcorso della 64ª sessione della
Conferenza generale, ratificata e resa esecutiva con legge 19 novembre
1984, n. 862. La parte intervenuta osserva che, secondo la
giurisprudenza costituzionale, la mancata attuazione dell\’art. 39,
secondo comma, Cost. nondovrebbe giustificare alcun impedimento alla
libertà d\’azione dei sindacati e al potere di stipulare contratti,
seppure vincolanti soltanto per gliiscritti. La Confederazione
soggiunge che le uniche limitazioni ammesse dovrebbero essere
eccezionali, transitorie, non arbitrarie, consentanee con loscopo
prefisso. Nel caso di specie, per contro, l\’intervento legislativo,
discriminatorio rispetto ai lavoratori pubblici e immemore del canone
di ragionevolezza,avrebbe «annichilito» la libertà sindacale.
1.6.­ Nel giudizio è intervenuta anche la Confederazione autonoma dei
dirigenti, quadri e direttivi della pubblica amministrazione(CONFEDIR),
rivendicando, a sostegno dell\’ammissibilità dell\’intervento, un ruolo
primario di rappresentanza delle aree dirigenziali, leso dallenorme
censurate e idoneo a giustificare la partecipazione al giudizio di
costituzionalità di una organizzazione, firmataria degli accordi del
1993, del1998, del 2009 e chiamata, in particolare, a partecipare a
tutti i tavoli di contrattazione relativi alle aree dirigenziali II,
III, IV. La CONFEDIR sollecita la rimessione della questione, anche
d\’ufficio, alla Corte di giustizia dell\’Unione europea, individuando
una violazionedella direttiva n. 2002/14/CE sull\’informazione e sulla
consultazione dei lavoratori. Essa denuncia, inoltre, la violazione
degli artt. 5 e 6 della Carta sociale europea, che tutelano,
rispettivamente, i diritti sindacali e il diritto dinegoziazione
collettiva, la violazione degli artt. 27 e 28 della Carta dei diritti
fondamentali dell\’Unione europea, che attengono al diritto
deilavoratori all\’informazione e alla consultazione nell\’àmbito
dell\’impresa e al diritto di negoziazione e di azioni collettive, il
contrasto inconciliabiledelle norme impugnate con la Convenzione OIL n.
87, firmata a San Francisco il 17 giugno 1948, concernente la libertà
sindacale e la protezione deldiritto sindacale, e con la Convenzione
OIL n. 98, firmata a Ginevra l\’8 giugno 1949, concernente l\’applicazione
dei Principi del diritto diorganizzazione e di negoziazione
collettiva, entrambe ratificate e rese esecutive con legge 23 marzo
1958, n. 367. 1.7.­ In prossimità dell\’udienza, la difesa dello
Stato ha depositato una memoria illustrativa, che ribadisce le
argomentazioni già svolte. La difesa dello Stato ha imputato ai
giudici rimettenti di non avere esplorato la possibilità di
un\’interpretazione costituzionalmente orientata, dinon avere offerto
argomentazioni convincenti in merito alla rilevanza, trascurando,
inoltre, lo stato di emergenza, in cui le misure si collocano. Così
inquadrata, la normativa impugnata andrebbe esente dalle censure di
violazione degli artt. 2 e 3, primo comma, Cost. Essa non avrebbe
natura tributaria, perseguirebbe l\’obiettivo di razionalizzare e
contenere la spesa pubblica, in un\’ottica di programmazione dibilancio
necessariamente pluriennale, e si limiterebbe a imporre un contributo
equamente distribuito tra tutte le componenti dell\’apparato
pubblico,senza arrecare alcun vulnus al principio di proporzionalità
della retribuzione al lavoro svolto. Neppure le doglianze sulla
violazione dell\’art. 39, primo comma, Cost. coglierebbero nel segno,
giacché la contrattazione collettiva avrebbeavuto occasione di
svolgersi sia a livello nazionale, sia decentrato. 1.8.­ In vista
dell\’udienza, hanno depositato una memoria illustrativa anche la FIALP e
la FLP, replicando che le disposizioni impugnate
hannoirragionevolmente limitato e perfino «annichilito», per un arco
temporale di ben cinque anni, quella libertà sindacale, che proprio
nella libertà dicontrattazione ha la sua espressione caratteristica.
La contrattazione collettiva nel settore del lavoro pubblico, che può
essere limitata in ragione di esigenze finanziarie di carattere
generale e dellerisorse concretamente disponibili (art. 47 del d.lgs.
n. 165 del 2001), non dovrebbe essere sospesa per un periodo così
lungo. Pur in assenza di risorse finanziarie, le parti collettive
potrebbero operare interventi redistributivi e perequativi, per erogare
tutela nei confrontidelle fasce di lavoratori a più basso reddito.
Per contro, in conseguenza delle misure impugnate, il peso del
risanamento dei conti pubblici graverebbe in misura sproporzionata sulla
solacategoria dei dipendenti pubblici. 2.­ Con ordinanza
depositata il 1° marzo 2014 e iscritta al n. 125 del registro ordinanze
2014, il Tribunale ordinario di Ravenna, in funzione digiudice del
lavoro, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell\’art.
9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l.
n.78 del 2010 e dell\’art. 16, comma 1, lettere b) e c), del d.l. n. 98
del 2011, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 35, primo comma,
36, primocomma, 39, primo comma, e 53 Cost. 2.1.­ Il giudice
rimettente espone di conoscere della controversia promossa da dipendenti
del Ministero della giustizia, in servizio presso ilTribunale
ordinario di Ravenna. I ricorrenti hanno chiesto, previo
accertamento dell\’illegittimità del blocco stipendiale e contrattuale,
di vedere riconosciuto il diritto all\’aumentoe/o all\’adeguamento del
trattamento retributivo, fermo al 2010, e comunque il diritto
all\’indennizzo e/o all\’indennità per il danno patito per effettodella
violazione del diritto a una retribuzione giusta e proporzionata alla
quantità e alla qualità del lavoro prestato o perlomeno
adeguataall\’inflazione e/o al costo della vita. Il lavoro ­
allegano i ricorrenti ­ si sarebbe aggravato in conseguenza della
diminuzione del numero dei dipendenti dell\’Ufficio per il
“blocco”legislativo del turn over. La controversia è stata
incardinata dinanzi al Tribunale di Ravenna anche dalla CONFSAL-UNSA,
Confederazione generale dei sindacatiautonomi dei lavoratori ­ Unione
nazionale sindacati autonomi. In qualità di sindacato maggiormente
rappresentativo del comparto Ministeri e disindacato primo per
rappresentatività del Ministero della giustizia, ha chiesto, in primo
luogo, l\’accertamento del diritto a partecipare alle
procedurecontrattuali collettive e, in secondo luogo, è intervenuta in
senso adesivo alle ragioni dei propri iscritti. Il Ministero della
giustizia si è costituito nel giudizio principale, deducendo
l\’infondatezza delle domande e delle questioni di
legittimitàcostituzionale e sollevando eccezioni pregiudiziali
d\’incompetenza per territorio, di carenza di legittimazione attiva e
passiva delle parti. Il giudice rimettente ha scelto di decidere,
unitamente al merito della causa, le eccezioni relative all\’incompetenza
per territorio, con riguardoalla posizione di D\’A.C. e P.A., le
eccezioni di difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti e di
legittimazione passiva del Ministero della giustizia. Quanto alle
domande proposte dal sindacato, volte ad ottenere la riapertura della
contrattazione collettiva, il giudice rimettente si è spogliatodella
controversia a favore del Tribunale ordinario di Roma, in funzione di
giudice del lavoro. La competenza per territorio si radicherebbe innanzi
atale giudice, in quanto a Roma ha sede il Ministero convenuto in
causa. Tale declaratoria d\’incompetenza ­ ad avviso del giudice
rimettente ­ non elide la rilevanza delle questioni di legittimità
costituzionale delblocco della contrattazione. Il sindacato,
difatti, avrebbe comunque titolo a sostenere le domande degli iscritti,
che presuppongono l\’accertamento dell\’illegittimitàcostituzionale di
tale blocco. In punto di rilevanza, il giudice rimettente evidenzia
che la normativa censurata preclude l\’accoglimento delle domande dei
ricorrenti. Per quel che attiene alla non manifesta infondatezza,
le disposizioni impugnate contrasterebbero con il principio di
eguaglianza (art. 3, primocomma, Cost.), poiché si rivolgerebbero ai
soli pubblici dipendenti “contrattualizzati”, senza coinvolgere altre
categorie del lavoro pubblico(appartenenti al comparto scuola, forze
armate, prefetti, ambasciatori, magistrati). Tali misure
confliggerebbero con l\’art. 3, primo comma, Cost., anche sotto il
profilo dell\’irragionevolezza intrinseca, giacché sarebberoirrispettose
dei caratteri di transitorietà e di eccezionalità, che la
giurisprudenza costituzionale ha indicato come parametri di legittimità
diprovvedimenti affini. Il giudice rimettente scorge un altro
profilo d\’illegittimità costituzionale nel contrasto con la gradualità
dei sacrifici imposti (art. 53 Cost.) e lasolidarietà (art. 2 Cost.).
La disciplina censurata, secondo questa prospettazione,
penalizzerebbe i dipendenti pubblici che percepiscono gli stipendi più
bassi, preservandola posizione di quelli con redditi più elevati.
Il giudice rimettente segnala, inoltre, la violazione dell\’art. 36,
primo comma, Cost., rilevando che il blocco contrattuale e
stipendiale,protraendosi dal 2010, pregiudicherebbe il diritto a una
retribuzione adeguata e proporzionata al lavoro svolto. Il pregiudizio
si aggraverebbe pereffetto del blocco del turn over. Il blocco
contrattuale sarebbe lesivo dei princípi consacrati dagli artt. 35,
primo comma, e 39, primo comma, Cost., visto che andrebbe adetrimento
dell\’autonomia negoziale e della libertà sindacale riservata alle parti
nell\’àmbito della contrattazione collettiva. Gli interventi
normativi, che limitano al 2013/2014 la riapertura delle procedure
contrattuali soltanto per la parte normativa, non varrebbero amutare il
quadro appena delineato. 2.2.­ Nel giudizio sono intervenuti i
lavoratori, ricorrenti nel giudizio a quo, e la Confederazione
CONFSAL-UNSA, chiedendo l\’accoglimentodella questione di legittimità
costituzionale, sollevata dal Tribunale ordinario di Ravenna, sotto
tutti i profili evocati (violazione della libertàsindacale e
dell\’autonomia collettiva, tutelate dall\’art. 39, primo comma, Cost.,
violazione degli artt. 35, primo comma, e 36, primo comma,
Cost.,violazione del principio di eguaglianza e di ragionevolezza).
2.3.­ È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, con una memoria corredata anche da una nota del Dipartimento
dellafunzione pubblica, chiedendo di respingere le questioni di
legittimità costituzionale proposte dal Tribunale ordinario di Ravenna,
in quantoirrilevanti, inammissibili e manifestamente infondate.
L\’Avvocatura generale dello Stato adombra, in via pregiudiziale, la
carenza d\’interesse dell\’organizzazione sindacale, che non ha impugnato
gliatti lesivi applicativi. Per quel che concerne il merito delle
questioni, la difesa dello Stato ribadisce che le disposizioni censurate
mirano a ridurre la spesa pubblica, inadempimento degli obblighi che
derivano dall\’appartenenza all\’Unione europea e dell\’obbligo,
costituzionalmente sancito, di raggiungerel\’equilibrio strutturale
delle entrate e delle spese del bilancio. Sarebbe legittima, alla
luce delle enunciazioni di principio della giurisprudenza
costituzionale, l\’introduzione di misure eccezionali, transitorie,non
arbitrarie e consentanee allo scopo prefisso, volte a fissare limiti di
compatibilità della contrattazione collettiva con le finanze pubbliche.
Tali misure non sarebbero irragionevoli, in quanto
salvaguarderebbero l\’erogazione dell\’indennità di vacanza contrattuale e
nonassoggetterebbero al vincolo né le componenti retributive legate ad
eventi straordinari della dinamica retributiva individuale, né la parte
accessoriavariabile. Tali peculiarità garantirebbero il rispetto
del principio di parità di trattamento, del vincolo sinallagmatico,
tutelato dall\’art. 36, primo comma,Cost., del diritto di azione
sindacale e dell\’autonomia negoziale, che non sarebbe stata affatto
esclusa in radice, come dimostrerebbe l\’esplicarsi dellacontrattazione
integrativa e della contrattazione nazionale. La difesa dello Stato
revoca in dubbio il carattere pregiudizievole della mancata
applicazione dell\’indicatore d\’inflazione IPCA (indice dei prezzial
consumo armonizzato europeo) e della conseguente applicazione, per la
rivalutazione dello stipendio, del tasso d\’inflazione programmata. I
dipendenti pubblici, inoltre, avrebbero percepito quote aggiuntive di
salario in misura percentualmente maggiore rispetto al settore
privato,erogate dalla contrattazione integrativa. Le retribuzioni di
fatto del pubblico impiego beneficerebbero di una dinamica superiore al
TIP (tasso diinflazione programmata) e resisterebbero all\’inflazione
reale registrata a consuntivo. Non sarebbero, dunque, fondati i
rilievi sulla disparità di trattamento tra il settore pubblico e il
settore privato, anche perché pretermettono laspecialità del rapporto
di lavoro pubblico e le esigenze di perseguimento di interessi generali,
coessenziali a tale àmbito. A fronte di una misura sfornita di
ogni carattere tributario, non parrebbero aver pregio neppure le censure
di violazione degli artt. 2 e 53 Cost. La normativa, pertanto,
ripromettendosi di neutralizzare gli effetti della crisi economica, in
un\’ottica di razionalizzazione e di riduzione dellaspesa pubblica, non
presterebbe il fianco alle censure proposte. 2.4.­ Nella memoria,
depositata in prossimità dell\’udienza, il Presidente del Consiglio dei
ministri ha passato in rassegna le argomentazioni giàspese nel giudizio
r.o. n. 76 del 2014 (si veda supra punto 1.7. del Ritenuto in fatto).
2.5.­ In vista dell\’udienza, hanno depositato una memoria
illustrativa anche i dipendenti del Ministero della giustizia e la
CONFSAL-UNSA,confutando le tesi propugnate dalla difesa dello Stato e
puntualizzando che, con la legge di stabilità per il 2015, il blocco
della contrattazioneeconomica è stato esteso fino al 31 dicembre 2015.
Le parti intervenute lamentano che la normativa abbia bilanciato in
maniera irragionevole e sproporzionata i diritti sociali fondamentali
(artt. 35,primo comma, 36, primo comma, e 39, primo comma, Cost.) e gli
obiettivi di pareggio di bilancio e di risanamento economico (art. 81
Cost.). La reiterazione delle misure, così come congegnata in
questi anni, implicherebbe una deroga costante al meccanismo di
adeguamentoretributivo, pregiudizievole per i dipendenti che
percepiscono una retribuzione modesta e sono costretti, in conseguenza
del blocco del turn over, aun carico di lavoro superiore. Quanto
ai contratti integrativi, enumerati dalla difesa dello Stato,
riguarderebbero aspetti estranei al trattamento retributivo, sottoposto,
con ildecorrere del tempo, a una rilevante erosione del potere
d\’acquisto, dovuta anche al temporaneo abbandono del meccanismo di
adeguamentosecondo l\’indice IPCA, che registra dati costantemente
superiori al tasso d\’inflazione programmata. 3.­ All\’udienza
pubblica, le parti costituite nel giudizio e il Presidente del Consiglio
dei ministri hanno insistito per l\’accoglimento delleconclusioni
formulate nelle difese scritte.



Considerato in diritto



1.­ Il Tribunale ordinario di Roma, in
funzione di giudice del lavoro, dubita della legittimità costituzionale
dell\’art. 9, commi 1 e 17, primoperiodo, del decreto-legge 31 maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e
di competitività economica), convertito,con modificazioni, dall\’art. 1,
comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell\’art. 16, comma 1,
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98(Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall\’art.
1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, inriferimento agli
artt. 2, 3, primo comma, 35, primo comma, 36, primo comma, 39, primo
comma, e 53 Cost. La normativa impugnata, che determina per i
lavoratori di cui all\’art. 2, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165 (Norme generalisull\’ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche) una prolungata sospensione delle
procedure negoziali e dell\’ordinariadinamica retributiva, si porrebbe
in contrasto con i princípi di eguaglianza, di tutela del lavoro, di
proporzionalità della retribuzione al lavoro svolto,di libertà di
contrattazione collettiva. Le limitazioni, imposte dal legislatore
per il periodo 2010-2014, introdurrebbero una disciplina irragionevole e
sproporzionata, discriminando,per un periodo tutt\’altro che
transitorio ed eccezionale, i lavoratori pubblici rispetto ai lavoratori
del settore privato. 2.­ Il Tribunale ordinario di Ravenna, in
funzione di giudice del lavoro, sospetta di illegittimità costituzionale
l\’art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primoperiodo, e 21, ultimo periodo, del
d.l. n. 78 del 2010, e l\’art. 16, comma 1, lettere b) e c), del d.l. n.
98 del 2011, in riferimento agli artt. 2, 3, primocomma, 35, primo
comma, 36, primo comma, 39, primo comma, e 53 Cost. Il giudice
rimettente assume che il “congelamento” delle retribuzioni dei pubblici
dipendenti rientranti nel regime della contrattazione
collettiva,prolungatosi per il periodo 2010-2014, senza alcuna
possibilità di recupero, riveli molteplici profili di contrasto con la
Carta costituzionale. Tale disciplina, destinata ad applicarsi per
un periodo apprezzabile, comprometterebbe irreparabilmente lo svolgersi
della contrattazionecollettiva e il diritto dei lavoratori pubblici,
sottoposti ad un carico di lavoro sempre più gravoso, a percepire una
retribuzione proporzionata allavoro svolto. Le norme impugnate,
che trascendono i limiti della transitorietà e dell\’eccezionalità
tracciati dalla giurisprudenza costituzionale per gli interventidi
contenimento della spesa, introdurrebbero un prelievo tributario a
carico dei pubblici dipendenti, in spregio all\’universale dovere di
solidarietàeconomica (art. 2 Cost.) e al principio di gradualità dei
sacrifici imposti (art. 53 Cost.). La disciplina in esame
discriminerebbe i lavoratori pubblici rispetto ai lavoratori privati e
introdurrebbe disparità di trattamento arbitrarie anchetra le varie
categorie di dipendenti pubblici. 3.­ Alle censure dei giudici
rimettenti la difesa dello Stato ha contrapposto l\’eccezionalità
dell\’intervento normativo, che, in armonia con leesigenze
costituzionalmente imposte di salvaguardia della stabilità di bilancio,
si articola comunque in un periodo di tempo circoscritto e impone
unsacrificio ragionevole all\’autonomia collettiva e ai diritti tutelati
dall\’art. 36, primo comma, Cost., senza introdurre alcun prelievo
tributario e senzaingenerare discriminazioni di sorta con altre
categorie di lavoratori. 4.­ I due giudizi, in ragione
dell\’omogeneità delle questioni e dell\’intima connessione delle censure,
devono essere riuniti e decisi con un\’unicasentenza. 5.­ In via
preliminare, dev\’essere confermata l\’ordinanza letta nel corso
dell\’udienza pubblica e qui allegata, che ha dichiarato
ammissibilel\’intervento della Confederazione indipendente sindacati
europei (CSE) e inammissibili gli interventi spiegati dalla Federazione
GILDA-UNAMS edalla Confederazione autonoma dei dirigenti, quadri e
direttivi della pubblica amministrazione (CONFEDIR), nel giudizio
iscritto al n. 76 delregistro ordinanze 2014. 6.­ La normativa
impugnata, nei termini esposti dai giudici rimettenti, concerne le
previsioni del d.l. n. 78 del 2010 e del d.l. n. 98 del 2011,nella
parte in cui sacrificano la libertà di accedere alla contrattazione
collettiva e circondano di limiti rigorosi l\’incremento delle
retribuzioni nellavoro pubblico. Il d.l. n. 78 del 2010 stabilisce
che non si dia luogo, senza possibilità di recupero, «alle procedure
contrattuali e negoziali relative al triennio2010-2012 del personale di
cui all\’articolo 2, comma 2 […] del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e successive modificazioni» e salvaguardal\’erogazione
dell\’indennità di vacanza contrattuale «nelle misure previste a
decorrere dall\’anno 2010 in applicazione dell\’articolo 2, comma 35,
dellalegge 22 dicembre 2008, n. 203» (art. 9, comma 17). Alla
sospensione delle «procedure contrattuali e negoziali» si associa la
previsione del “congelamento” dei trattamenti retributivi, che, per
glianni 2011, 2012, 2013, non possono superare, neppure nelle
componenti accessorie, «il trattamento ordinariamente spettante per
l\’anno 2010» (art.9, comma 1). Anche il trattamento accessorio del
personale, ivi compreso quello di livello dirigenziale, e il
trattamento retributivo delle progressioni dicarriera soggiacciono a
limitazioni drastiche, che sono fatte segno delle specifiche censure del
Tribunale ordinario di Ravenna. Quanto al trattamento accessorio
del personale, l\’art. 9, comma 2-bis, del d.l. n. 78 del 2010 sancisce
che «non può superare il corrispondenteimporto dell\’anno 2010 ed è,
comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione
del personale in servizio». L\’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78 del
2010 attribuisce alle progressioni di carriera, per gli anni 2011,
2012, 2013, una valenza esclusivamentegiuridica. A prolungare gli
effetti di tali misure di contenimento della spesa, interviene il d.l.
n. 98 del 2011, che persegue l\’obiettivo di assicurare ilconsolidamento
delle misure di razionalizzazione e contenimento della spesa in materia
di pubblico impiego adottate nell\’àmbito della manovra difinanza
pubblica per gli anni 2011-2013, indicando ulteriori risparmi in termini
di indebitamento netto che si spingono fino al 2016 (art. 16,
comma1). In tale ottica, il legislatore ha demandato a uno o più
regolamenti, da emanare ai sensi dell\’art. 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400(Disciplina dell\’attività di Governo e ordinamento
della Presidenza del Consiglio dei Ministri), previa proposta dei
Ministri per la pubblicaamministrazione e l\’innovazione e dell\’economia
e delle finanze, la previsione della «proroga fino al 31 dicembre 2014
delle vigenti disposizioniche limitano la crescita dei trattamenti
economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni
previste dalle disposizionimedesime» (art. 16, comma 1, lettera b), e
«la fissazione delle modalità di calcolo relative all\’erogazione
dell\’indennità di vacanza contrattuale pergli anni 2015-2017» (art. 16,
comma 1, lettera c). Il d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122
(Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e
degli automatismi stipendiali per ipubblici dipendenti, a norma
dell\’articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n.
98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15luglio 2011, n. 111)
si colloca nel solco di tali indicazioni normative. L\’art. 1, comma
1, lettera a), proroga sino al 31 dicembre 2014 le disposizioni di cui
all\’art. 9, commi 1, 2-bis e 21 del d.l. n. 78 del 2010, intema di
trattamenti economici individuali, di trattamenti accessori, di
progressioni di carriera. L\’art. 1, comma 1, lettera c), precisa che «si
dà luogo,alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni
2013-2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche così
comeindividuate ai sensi dell\’articolo 1, comma 2, della legge 31
dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, per la sola parte
normativa e senzapossibilità di recupero per la parte economica».
Quanto all\’indennità di vacanza contrattuale, l\’art. 1, comma 1, lettera
d), esclude che, per il periodo 2013-2014, siano dovuti incrementi. Per
latornata 2015-2017, l\’indennità è dovuta «secondo le modalità ed i
parametri individuati dai protocolli e dalla normativa vigenti». Le
previsioni regolamentari sono state trasfuse in una fonte di rango
legislativo (legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per
laformazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ­ Legge di
stabilità 2014»), con riguardo all\’indennità di vacanza contrattuale per
ilperiodo 2015-2017 (art. 1, comma 452), alla sospensione delle
procedure negoziali inerenti alla parte economica per il periodo
2013-2014 (art. 1,comma 453), all\’ammontare dei trattamenti accessori
(art. 1, comma 456). Per effetto dell\’art. 1, comma 254, della legge 23
dicembre 2014, n. 190(Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato ­ legge di stabilità 2015), la
sospensione delle procedure negoziali èdestinata a protrarsi, per la
parte economica, fino al 31 dicembre 2015. A tale sospensione non
fa riscontro alcun incremento dell\’indennità di vacanza contrattuale,
ancorata, fino al 2018, ai valori del 31 dicembre2013 (art. 1, comma
255, della legge n. 190 del 2014). 7.­ Le questioni di legittimità
costituzionale devono essere esaminate alla stregua del quadro normativo
appena delineato, caratterizzato dadisposizioni susseguitesi nel
tempo, legate da un evidente nesso di continuità, al fine di perseguire
un dichiarato obiettivo di contenimento dellaspesa. 7.1.­ La
difesa dello Stato formula alcune eccezioni preliminari. Quanto al
paventato difetto di incidentalità, si deve rilevare che entrambi i
giudizi non si esauriscono nell\’accertamento
dell\’illegittimitàcostituzionale della normativa censurata. Nel
giudizio pendente dinanzi al Tribunale ordinario di Roma, le
organizzazioni sindacali, oltre all\’accertamento del diritto di accedere
allacontrattazione collettiva, hanno chiesto la condanna dell\’ARAN ad
avviare le trattative. Nel contenzioso ravennate il giudice è investito
dellequestioni concernenti le pretese retributive dei lavoratori
ricorrenti, nonché delle domande di natura indennitaria e risarcitoria.
Da tali considerazioni si evince che il petitum del giudizio
principale, in ambedue i casi, ha una maggiore latitudine rispetto
all\’oggetto dellaquestione di legittimità costituzionale e involge un
tema di indagine più complesso, che impone ai giudici rimettenti, dopo
la soluzione del dubbio dicostituzionalità, di orientare su aspetti
diversi il dibattito processuale. Nei giudizi a quibus, pertanto, non è
dato discernere quella perfettasovrapponibilità del petitum del
giudizio principale rispetto all\’oggetto del giudizio di legittimità
costituzionale (sentenza n. 84 del 2006), chesnatura il carattere
incidentale del giudizio. 7.2.­ La difesa dello Stato, nel giudizio
iscritto al n. 125 del registro ordinanze 2014, adombra una carenza
d\’interesse delle organizzazionisindacali ricorrenti, desumendola dalla
mancata impugnazione degli atti lesivi, chiamati a dare applicazione
alle norme censurate. Tale rilievo non può essere condiviso. È
palese l\’interesse delle organizzazioni ricorrenti a reclamare
l\’effettiva tutela di prerogative costituzionali, ad esse riconoscibili,
che si ritienesiano messe a repentaglio dalle norme impugnate.
7.3.­ Nelle memorie integrative, depositate il 29 maggio 2015, la difesa
dello Stato lamenta che i giudici rimettenti abbiano omesso di
esplorarela praticabilità di un\’interpretazione conforme al dettato
costituzionale e di offrire una motivazione esaustiva sulla rilevanza
della questione. Le ordinanze di rimessione superano, anche da tale
angolo visuale, il vaglio di ammissibilità, sollecitato a questa Corte.
Le censure diillegittimità costituzionale si appuntano contro una
normativa con un significato letterale e sistematico inequivocabile, che
non offre alcun appiglioad una interpretazione alternativa, rispettosa
dei princípi della Carta fondamentale. 8.­ Le ordinanze di
rimessione, nondimeno, non appaiono scevre da lacune, che ridondano sul
piano dell\’inammissibilità di alcune dellequestioni proposte.
8.1.­ Presentano, anzitutto, profili di inammissibilità le censure
riguardanti l\’indennità di vacanza contrattuale. I giudici
rimettenti, nell\’impugnare l\’art. 16, comma 1, lettera c), del d.l. n.
98 del 2011, non spiegano per quale ragione sia rilevante
rationetemporis, alla luce delle domande proposte dalle parti sindacali
e dai lavoratori, una normativa che riguarda specificamente le modalità
di calcolorelative all\’erogazione dell\’indennità di vacanza
contrattuale per gli anni 2015-2017. Le ordinanze non chiariscono,
inoltre, il profilo attinente alla non manifesta infondatezza,
incentrato sulla violazione dell\’art. 36, primo comma,Cost. I
giudici a quibus, nell\’esaminare la disciplina che concerne la
determinazione dell\’indennità di vacanza contrattuale e l\’esclusione
degliincrementi di questa voce fino al 2017 (e poi, nella pendenza
della lite, fino al 2018), non enunciano le ragioni del contrasto della
normativa con ilcanone della proporzionalità della retribuzione (art.
36, primo comma, Cost.). Secondo l\’insegnamento costante di questa
Corte, la conformità della retribuzione ai requisiti di proporzionalità e
sufficienza indicati dall\’art.36, primo comma, Cost. deve essere
valutata in relazione alla retribuzione nel suo complesso, non già alle
singole componenti di essa (fra le tante,sentenze n. 366 del 2006 e n.
164 del 1994). Le ordinanze non si soffermano su tale valutazione
complessiva. 8.2.­ Con riguardo alla dedotta violazione dell\’art.
35, primo comma, Cost., le ordinanze di rimessione non offrono, a
sostegno dei dubbi dicostituzionalità, argomentazioni autonome, che
valgano ad affrancare il richiamo al precetto costituzionale dalla sua
funzione ancillare rispetto allecensure fondate sugli artt. 36, primo
comma, e 39, primo comma, Cost. 8.3.­ Sono inammissibili anche le
questioni proposte dal Tribunale ordinario di Roma in riferimento
all\’art. 53 Cost. Su tale profilo, l\’ordinanza di rimessione è
parca di riferimenti circostanziati e ­ come la difesa dello Stato non
ha mancato di eccepire ­ si limitaa menzionare nel dispositivo il
parametro costituzionale, omettendo di fornire un\’argomentazione
esaustiva sulle ragioni del contrasto con le normeinvocate. 9.­
Così delimitato l\’àmbito del giudizio, occorre esaminare le censure che
postulano l\’illegittimità radicale dei provvedimenti
legislativirestrittivi della dinamica contrattuale e salariale nel
lavoro pubblico, senza annettere alcun rilievo al fattore della durata
di tali misure. 9.1.­ Il Tribunale ordinario di Ravenna ritiene di
argomentare tale illegittimità sulla scorta del richiamo all\’art. 53
Cost. e configura, per il casodi specie, un prelievo tributario a tutti
gli effetti. Il giudice rimettente raccorda il principio di “gradualità
dei sacrifici imposti”, di progressivitàdell\’imposizione e di capacità
contributiva (art. 53 Cost.) al più generale dovere di solidarietà,
prescritto dall\’art. 2 Cost. Le censure, così articolate, muovono
dall\’erroneo presupposto interpretativo che il meccanismo di “blocco” si
sostanzi, in ultima analisi,nell\’imposizione di un tributo. Le
caratteristiche delle misure impugnate, che si traducono in un mero
risparmio di spesa e non si atteggiano come decurtazione definitiva
delpatrimonio del soggetto passivo e come atto autoritativo di
carattere ablatorio, diretto a reperire risorse per l\’erario, divergono
dagli elementidistintivi del prelievo tributario (fra le tante,
sentenza n. 70 del 2015, punto 4. del Considerato in diritto). Gli
elementi indefettibili della prestazione tributaria, enucleati dalla
costante giurisprudenza di questa Corte, si identificano, per un verso,
nellapresenza di una disciplina legale, finalizzata in via prevalente a
provocare una decurtazione patrimoniale del soggetto passivo,
svincolata da ognimodificazione del rapporto sinallagmatico. Per altro
verso, a definire la natura tributaria concorre l\’elemento teleologico.
In particolare, le risorse derivanti dal prelievo e connesse a un
presupposto economicamente rilevante, idoneo a porsi come indice della
capacitàcontributiva, devono essere destinate a «sovvenire le pubbliche
spese» (sentenza n. 310 del 2013, punto 11. del Considerato in
diritto). Caduta lapremessa che si tratti di un tributo, anche le
censure di violazione dell\’art. 53 Cost. perdono consistenza. 9.2.­
Altre censure sono accomunate dal riferimento all\’art. 3, primo comma,
Cost., evocato dal Tribunale ordinario di Roma anche in rapportoai
doveri di solidarietà di cui all\’art. 2 Cost., e additano, in prima
istanza, un\’ingiustificata disparità di trattamento tra il lavoro
pubblico e il lavoroprivato. Il Tribunale ordinario di Ravenna,
dal canto suo, evidenzia altre sperequazioni con riferimento a diversi
pubblici dipendenti, lungo il discrimineche corre, da un lato, tra il
lavoro pubblico assoggettato a una disciplina contrattuale e,
dall\’altro, il lavoro pubblico escluso da tale disciplina.Disparità di
trattamento sarebbero anche ravvisabili tra i diversi comparti del
lavoro pubblico regolato dalla fonte contrattuale. Neppure tali
censure sono fondate. La disciplina impugnata, che non lascia
indenne il personale della carriera diplomatica (sentenza n. 304 del
2013) menzionato come termine diparagone dal giudice ravennate,
persegue l\’obiettivo di un risparmio di spesa, che «opera riguardo a
tutto il comparto del pubblico impiego, in unadimensione solidaristica ­
sia pure con le differenziazioni rese necessarie dai diversi statuti
professionali delle categorie che vi appartengono»(sentenza n. 310 del
2013, punto 13.5. del Considerato in diritto). I giudici rimettenti
non tengono conto della diversità degli statuti professionali delle
categorie appartenenti al lavoro pubblico e comparanofattispecie
dissimili, che non possono fungere da utile termine di raffronto.
Il lavoro pubblico e il lavoro privato non possono essere in tutto e per
tutto assimilati (sentenze n. 120 del 2012 e n. 146 del 2008) e
ledifferenze, pur attenuate, permangono anche in séguito all\’estensione
della contrattazione collettiva a una vasta area del lavoro prestato
alledipendenze delle pubbliche amministrazioni. La medesima
eterogeneità dei termini posti a raffronto connota l\’area del lavoro
pubblico contrattualizzato e l\’area del lavoro pubblico estraneoalla
regolamentazione contrattuale. Tale eterogeneità preclude ogni
plausibile valutazione comparativa sul versante dell\’art. 3, primo
comma, Cost. erisalta ancor più netta in ragione dell\’irriducibile
specificità di taluni settori (forze armate, personale della
magistratura), non governati dalla logicadel contratto e indicati dal
giudice ravennate come tertia comparationis. Si valorizza in tal modo
una funzione solidaristica delle misure adottate,strettamente collegata
all\’eccezionalità della situazione economica generale, in piena armonia
con il dettato dell\’art. 2 Cost. Con riguardo al trattamento
differenziato riservato al personale della scuola, il Tribunale
ordinario di Ravenna non offre ragguagli di sorta inmerito alle
peculiarità di tale disciplina e all\’irragionevolezza intrinseca delle
differenze che intercorrono tra il genus del lavoro
pubblico,disciplinato dal contratto, e la species del comparto della
scuola che, pur nella comune matrice negoziale della disciplina del
rapporto, serba intatta lasua particolarità. 10.­ Sgombrato il
campo dalle censure che presuppongono l\’indiscriminata illegittimità
della sospensione delle procedure negoziali, l\’analisinon può che
riguardare ciascun provvedimento legislativo, ricostruendone la ratio e
le finalità, allo scopo di saggiarne la compatibilità con iparametri
costituzionali richiamati. 10.1.­ In tal modo si è mossa la
giurisprudenza di questa Corte, sin dalle pronunce sulla legittimità
costituzionale dell\’art. 7, comma 3, deldecreto-legge 19 settembre
1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di
pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali),convertito, con
modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438 (sentenza n. 245 del
1997, ordinanza n. 299 del 1999). Nella disamina di una normativa
che, per l\’anno 1993, disconosceva ogni incremento retributivo, questa
Corte ha mostrato di ponderare lefinalità particolari, che ispiravano
quei provvedimenti di contenimento della spesa. Le misure a quel tempo
adottate non trasmodavano in unadisciplina arbitraria, proprio perché
circoscritte entro un anno (sentenza n. 245 del 1997, punto 3. del
Considerato in diritto). 10.2.­ Quanto ai vincoli legali
all\’autonomia collettiva, volti a garantire la «compatibilità con
obiettivi generali di politica economica», questaCorte ne ha
riconosciuto la legittimità, giustificando in «situazioni eccezionali»
ed eminentemente transitorie, allorché sia in gioco la «salvaguardiadi
superiori interessi generali», la compressione della libertà tutelata
dall\’art. 39, primo comma, Cost. (sentenza n. 124 del 1991, punto 6.
delConsiderato in diritto). Anche tali rilievi sottendono una
valutazione particolare, condotta caso per caso, e non si accordano con
la tesi che sia per ciò stesso illegittimaogni misura che precluda, per
un arco di tempo comunque definito, gli incrementi salariali e arresti
lo svolgimento delle procedure negoziali. 10.3.­ Tale valutazione
si incentra sul contemperamento dei diritti, tutelati dagli artt. 36,
primo comma, e 39, primo comma, Cost., con«l\’interesse collettivo al
contenimento della spesa pubblica», che deve essere adeguatamente
ponderato «in un contesto di progressivodeterioramento degli equilibri
della finanza pubblica» (sentenza n. 361 del 1996, punto 3. del
Considerato in diritto). Si tratta di misure oggi più stringenti,
in séguito all\’introduzione nella Carta fondamentale dell\’obbligo di
pareggio di bilancio (art. 81, primocomma, Cost., come sostituito
dall\’art. 1 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, recante
«Introduzione del principio del pareggio di bilancionella Carta
costituzionale»). Il sistema della contrattazione collettiva nel
lavoro pubblico, inteso nella sua interezza, contempla la pianificazione
degli oneri connessi al suosvolgersi nel tempo, secondo un modello
dinamico, «in coerenza con i parametri previsti dagli strumenti di
programmazione e di bilancio di cuiall\’articolo 1-bis della legge 5
agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni e integrazioni» (art.
48, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001). 11.­ Ciò posto, l\’analisi
deve muovere dalle disposizioni dell\’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010,
che reca l\’eloquente rubrica «Contenimento dellespese in materia di
impiego pubblico» e, in ossequio a tale linea programmatica, preclude
ogni incremento dei trattamenti economici complessivi deisingoli
dipendenti per gli anni 2011, 2012, 2013 (comma 1), ogni efficacia
economica delle progressioni di carriera (comma 21), e ­ per il
periodoche dal 1° gennaio 2011 giunge fino al 31 dicembre 2013 ­ vieta
ogni incremento dell\’ammontare complessivo delle risorse destinate
annualmente altrattamento accessorio del personale (comma 2-bis).
La scelta di adottare disposizioni restrittive culmina nella sospensione
dello svolgimento delle procedure “contrattuali e negoziali” per il
triennio2010-2012 (comma 17). 12.­ Le disposizioni in esame
sfuggono alle censure dei giudici rimettenti. 12.1.­ Con l\’assetto
normativo delineato dall\’art. 9 del d.l. n. 78 del 2010, questa Corte ha
già avuto occasione di confrontarsi (sentenze n. 219del 2014 e n. 310
del 2013). Seppure sotto angolazioni specifiche, le sentenze citate
hanno respinto le censure di illegittimità costituzionale delle misure
contenute nel d.l. n.78 del 2010, sulla base di un percorso
argomentativo che instrada alla soluzione delle questioni di legittimità
costituzionale qui considerate. Si è precisato, in
quell\’occasione, che le prospettive necessariamente pluriennali del
ciclo di bilancio non consentono analogie con situazionirisalenti in
cui le manovre economiche si ponevano obiettivi temporalmente
delimitati. A tale riguardo, questa Corte ha valorizzato «[l]a
recenteriforma dell\’art. 81 Cost., a cui ha dato attuazione la legge 24
dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l\’attuazione del principio del
pareggio dibilancio ai sensi dell\’articolo 81, sesto comma, della
Costituzione), con l\’introduzione, tra l\’altro, di regole sulla spesa, e
dell\’art. 97, primo comma,Cost., rispettivamente ad opera degli artt. 1
e 2 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del
principio del pareggio di bilancionella Carta costituzionale), ma ancor
prima il nuovo primo comma dell\’art. 119 Cost.» (sentenza n. 310 del
2013, punto 13.4. del Considerato indiritto). Anche la direttiva 8
novembre 2011, n. 2011/85/UE (Direttiva del Consiglio relativa ai
requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri)corrobora la
necessità di considerare le politiche di bilancio in una dimensione
pluriennale, puntualizzando che «la maggior parte delle
misurefinanziarie hanno implicazioni sul bilancio che vanno oltre il
ciclo di bilancio annuale» e che «[u]na prospettiva annuale non
costituisce pertanto unabase adeguata per politiche di bilancio solide»
(considerando n. 20). Alla stregua di tali rilievi, questa Corte
ha riconosciuto la ragionevolezza di un sistema di misure dotate di una
proiezione strutturale, che escludein radice ogni possibilità di
recupero delle procedure negoziali per il periodo di riferimento
(sentenza n. 189 del 2012, punto 4.1. del Considerato indiritto).
La natura pluriennale delle politiche di bilancio, espressamente
considerata nei precedenti citati, è speculare alla durata triennale
delle tornatecontrattuali, nei termini consacrati nell\’ “Intesa per
l\’applicazione dell\’Accordo quadro sulla riforma degli assetti
contrattuali del 22 gennaio 2009 aicomparti contrattuali del settore
pubblico”, siglata a Roma il 30 aprile 2009 dai ministri competenti e da
alcune organizzazioni sindacali (si veda, inparticolare, art. 2,
lettera a). Si prefigura, in tal modo, sia per la parte normativa,
sia per quella economica, una spiccata dimensione programmatica della
contrattazionecollettiva. A conferma di una natura dinamica, tipica dei
meccanismi di rinnovo dei contratti collettivi, si possono osservare le
interrelazioni deglistessi con la manovra triennale di finanza
pubblica, secondo le cadenze scandite dall\’art. 11, comma 1, della legge
31 dicembre 2009, n. 196 (Leggedi contabilità e finanza pubblica) e
secondo i criteri indicati dall\’art. 17, comma 7 della stessa legge.
Spetta alla legge di stabilità indicare, per ciascuno degli anni
compresi nel bilancio pluriennale, l\’importo complessivo massimo
destinato alrinnovo dei contratti del pubblico impiego (art. 11, comma
3, lettera g, della legge n. 196 del 2009, ai sensi dell\’art. 48, comma
1, del d.lgs. n. 165del 2001). 12.2.­ La legittimità delle misure
ricordate, oltre che nella prospettiva programmatica ora esposta,
risiede nella ragionevolezza che ne ispira lelinee direttrici. Si
tratta, invero, di provvedimenti che, pur diversamente modulati, si
applicano all\’intero comparto pubblico e impongono limiti e
restrizionigenerali, in una dimensione che questa Corte ha connotato in
senso solidaristico (sentenza n. 310 del 2013, punto 13.5. del
Considerato in diritto, giàcitato). La ragionevolezza delle misure
varate discende anche dalla particolare gravità della situazione
economica e finanziaria, concomitante conl\’intervento normativo.
Tali dati contingenti sono confermati sia dalle fonti ufficiali
(Rapporto semestrale ARAN sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti,
giugno2010), sia dai lavori preparatori. Il dibattito che, al Senato,
scandisce l\’iter parlamentare della conversione in legge del decreto
polarizza l\’attenzionesulla «particolare gravità della situazione
economica e finanziaria internazionale» e sulle «ripercussioni
sull\’economia nazionale» (seduta dellaQuinta Commissione del Senato ­
Commissione Bilancio ­ del 16 giugno 2010). Dal canto suo, la
magistratura contabile avvalora l\’urgenza di intervenire con misure di
contenimento delle retribuzioni (Corte dei conti, sezioniriunite in
sede di controllo, rapporto 2012 sul coordinamento della finanza
pubblica, e Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo,
rapporto2011 sul coordinamento della finanza pubblica). La
ragionevolezza dell\’intero impianto normativo si coglie anche
nell\’incidenza delle misure su una dinamica retributiva pubblica, che
siattestava «su valori più sostenuti di quanto registrato nei settori
privati dell\’economia» (si veda il citato Rapporto semestrale ARAN,
giugno 2010).Nella seduta della Quinta Commissione del Senato
(Commissione Bilancio), tenutasi il 16 giugno 2010, si è sottolineato
che nell\’ultimo decennio leretribuzioni dei dipendenti pubblici hanno
visto «un incremento di fatto sensibilmente superiore per la pubblica
amministrazione rispetto a quellodegli altri due comparti»
dell\’industria e dei servizi di mercato. Tale dato collima con quanto è
stato segnalato dalla Corte dei conti, sezioni riunite dicontrollo, nel
rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica. Il
carattere generale delle misure varate dal d.l. n. 78 del 2010, inserite
in un disegno organico improntato a una dimensione
programmatica,scandita su un periodo triennale, risponde all\’esigenza
di governare una voce rilevante della spesa pubblica, che aveva
registrato una crescitaincontrollata, sopravanzando l\’incremento delle
retribuzioni del settore privato. Sono dunque da disattendere le
censure di violazione degli artt. 36, primo comma, e 39, primo comma,
Cost., in quanto il sacrificio del dirittoalla retribuzione commisurata
al lavoro svolto e del diritto di accedere alla contrattazione
collettiva non è, nel quadro ora delineato, né irragionevolené
sproporzionato. 13.­ Quanto alle disposizioni introdotte dall\’art.
16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, che demandavano a un
regolamento lapossibilità di prorogare fino al 31 dicembre 2014 le
vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici
anche accessori delpersonale delle pubbliche amministrazioni, si deve
rilevare che il sindacato di costituzionalità non può tralasciare le
norme della legge di stabilità peril 2014, che hanno recuperato al
rango primario la normativa di matrice regolamentare (d.P.R. n. 122 del
2013), inizialmente intervenuta aspecificare e a completare il
contenuto precettivo delle norme di legge (sentenza n. 1104 del 1988,
punto 6. del Considerato in diritto). In particolare,le previsioni di
tale legge riguardano la sospensione delle procedure negoziali inerenti
alla parte economica per il periodo 2013-2014 (art. 1, comma453, della
legge n. 147 del 2013) e la limitazione dell\’ammontare dei trattamenti
accessori (art. 1, comma 456, della legge n. 147 del 2013).
Intercorre, dunque, un nesso inscindibile tra le disposizioni del d.l.
n. 98 del 2011, specificamente impugnate, e le disposizioni della legge
distabilità per il 2014 (sentenze n. 186 del 2013 e n. 310 del 2010).
14.­ In primo luogo, si devono esaminare le censure relative
all\’estensione fino al 31 dicembre 2014 delle disposizioni mirate a
bloccarel\’incremento dei trattamenti economici complessivi dei singoli
dipendenti e dell\’ammontare complessivo delle risorse destinate ai
trattamentiaccessori e gli effetti economici delle progressioni di
carriera (art. 1, comma 1, lettera a, del d.P.R. n. 122 del 2013),
estensione di cui si deduceanzitutto il contrasto con l\’art. 36, primo
comma, Cost. Sotto tale profilo, le censure formulate con riguardo
all\’estensione delle misure restrittive oltre i confini temporali
originariamente tracciati nonsi dimostrano fondate, al pari di quelle
che riguardavano le originarie disposizioni del d.l. n. 78 del 2010.
14.1.­ Entrambi i giudici rimettenti paventano i riflessi del
prolungato blocco della dinamica negoziale sulla proporzionalità della
retribuzione allavoro prestato. Il giudice ravennate, in
particolare, correla la violazione del citato canone di proporzionalità
al mancato adeguamento delle retribuzioni al costodella vita e al fatto
che le retribuzioni non rispecchino il livello di professionalità
acquisito dai lavoratori e la maggiore gravosità del lavoro
prestato,dovuta al blocco del turn over. Neppure tali rilievi
persuadono circa la fondatezza dei dubbi di costituzionalità. Si
deve ribadire, in linea di principio, che l\’emergenza economica, pur
potendo giustificare la stasi della contrattazione collettiva, non
puòavvalorare un irragionevole protrarsi del “blocco” delle
retribuzioni. Si finirebbe, in tal modo, per oscurare il criterio di
proporzionalità dellaretribuzione, riferito alla quantità e alla
qualità del lavoro svolto (sentenza n. 124 del 1991, punto 6. del
Considerato in diritto). Tale criterio è strettamente correlato
anche alla valorizzazione del merito, affidata alla contrattazione
collettiva, ed è destinato a proiettarsipositivamente nell\’orbita del
buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).
Nondimeno, il giudizio sulla conformità al parametro dell\’art. 36 Cost.
non può essere svolto in relazione a singoli istituti, né limitatamente
aperiodi brevi, poiché si deve valutare l\’insieme delle voci che
compongono il trattamento complessivo del lavoratore in un arco
temporale di unaqualche significativa ampiezza, alla luce del canone
della onnicomprensività (sentenza n. 154 del 2014). Con tale valutazione
complessival\’ordinanza non si confronta. Nel considerare ­ alla
stregua della giurisprudenza di questa Corte ­ un siffatto arco
temporale, si deve notare, anzitutto, che le disposizionicensurate
hanno cessato di operare a decorrere dal 1° gennaio 2015. La legge
di stabilità per il 2015 non ne ha prorogato l\’efficacia, in quanto ha
dettato disposizioni che riguardano unicamente l\’estensione fino al31
dicembre 2015 del “blocco” della contrattazione economica (art. 1, comma
254, della legge n. 190 del 2014) ed escludono gli
incrementidell\’indennità di vacanza contrattuale (art. 1, comma 255,
della medesima legge n. 190 del 2014). Emerge dunque con chiarezza
l\’orizzontedelimitato entro cui si collocano le misure restrittive
citate. Tra i fattori rilevanti, da valutare in un arco temporale
più ampio, si deve annoverare, in secondo luogo, la pregressa dinamica
delle retribuzioninel lavoro pubblico, che, attestandosi su valori più
elevati di quelli riscontrati in altri settori, ha poi richiesto misure
di contenimento della spesapubblica. A questo riguardo,
l\’ordinanza di rimessione del Tribunale ordinario di Ravenna non offre
una dimostrazione puntuale del «macroscopico edirragionevole
scostamento», che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (sentenza
n. 126 del 2000, punto 5. del Considerato in diritto), in difettodi un
principio cogente di costante allineamento delle retribuzioni, denota il
contrasto della legge con il precetto dell\’art. 36, primo comma, Cost.
L\’argomento suggestivo del “blocco” del turn over, legato alla
specificità del settore della giustizia e della realtà locale,
analizzata nella predettaordinanza di rimessione, non vale a dar conto
della violazione dei precetti costituzionali denunciata in capo a una
normativa destinata ad applicarsi ­nella sua valenza generale ed
astratta ­ a una platea più vasta di dipendenti del settore pubblico.
Peraltro, dall\’incremento delle pendenze da trattare, congiunto con
l\’assottigliarsi del numero dei dipendenti, non si può inferire, per ciò
stesso,un aumento del carico di lavoro, che renda radicalmente
sproporzionata la retribuzione percepita. Un\’inferenza come quella
ipotizzata potrebbe essere accreditata di un qualche fondamento
empirico, soltanto se le metodologie di lavoro e imoduli organizzativi
permanessero inalterati, senza riverberarsi sul lavoro degli uffici, e
se il disbrigo degli affari avvenisse secondo le medesimescansioni
temporali, imponendo conseguentemente ai dipendenti un carico di lavoro
più gravoso. Nel caso di specie, pertanto, alla stregua di una
valutazione necessariamente proiettata su un periodo più ampio e del
carattere non decisivo deglielementi addotti a fondamento delle
censure, non risulta dimostrato l\’irragionevole sacrificio del principio
di proporzionalità della retribuzione. 14.2.­ L\’infondatezza delle
censure incentrate sull\’art. 36, primo comma, Cost. ha come corollario
l\’infondatezza di eventuali pretese risarcitorieo indennitarie.
15.­ Sono, invece, fondate, nei termini di cui si dirà, le censure
mosse, al regime di sospensione per la parte economica delle
procedurecontrattuali e negoziali in riferimento all\’art. 39, primo
comma, Cost. Esse si incentrano sul protrarsi del “blocco” negoziale,
così prolungato neltempo da rendere evidente la violazione della
libertà sindacale 15.1.­ Le norme impugnate dai giudici rimettenti e
le norme sopravvenute della legge di stabilità per il 2015 si
susseguono senza soluzione dicontinuità, proprio perché accomunate da
analoga direzione finalistica. Tale scansione temporale preclude,
in relazione all\’art. 39, primo comma, Cost., ogni considerazione
atomistica del “blocco” della contrattazioneeconomica per il periodo
2013-2014, avulso dalla successiva proroga. Il “blocco”, così come
emerge dalle disposizioni che, nel loro stessoconcatenarsi, ne
definiscono la durata complessiva, non può che essere colto in una
prospettiva unitaria. Ciò risulta anche dalla formulazione
letterale dell\’art. 1, comma 254, della legge n. 190 del 2014, che
estende fino al 2015 il “blocco” ed èquindi destinato a incidere sui
giudizi in corso. 15.2.­ La disamina unitaria delle misure di
“blocco” della contrattazione collettiva le colloca in un orizzonte meno
angusto e contingente, perporne in luce l\’incidenza, tutt\’altro che
episodica, sui valori costituzionali coinvolti. La valutazione di
tali profili problematici emerge anche dal dibattito parlamentare, che
ha preceduto l\’emanazione del regolamento governativo(Commissioni
riunite I, Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e
Interni, e XI, Lavoro pubblico e privato, della Camera dei
deputati,parere reso il 19 giugno 2013). Inoltre, l\’entrata in
vigore delle disposizioni della legge di stabilità per il 2015 tende a
rendere strutturali le misure introdotte per effetto deld.P.R. n. 122
del 2013 e della legge n. 147 del 2013. Il fatto che tali misure
fossero destinate a perpetuarsi nel tempo si evince dall\’art. 1, comma
255, della legge n. 190 del 2014, che, fino al 2018,cristallizza
l\’ammontare dell\’indennità di vacanza contrattuale ai valori del 31
dicembre 2013. Il carattere strutturale delle misure e la
conseguente violazione dell\’autonomia negoziale non possono essere
esclusi, sol perché, per la tornata2013-2014, è stata salvaguardata la
libertà di svolgere le procedure negoziali riguardanti la parte
normativa (art. 1, comma 1, lettera c, del d.P.R. n.122 del 2013).
La contrattazione deve potersi esprimere nella sua pienezza su ogni
aspetto riguardante la determinazione delle condizioni di lavoro,
cheattengono immancabilmente anche alla parte qualificante dei profili
economici. Non appaiono decisivi, per escludere il contrasto con
l\’art. 39, primo comma, Cost., i molteplici contratti enumerati dalla
difesa dello Stato, chenon attestano alcun superamento della
sospensione delle procedure negoziali per la parte squisitamente
economica del rapporto di lavoro e per gliaspetti più caratteristici di
tale àmbito. L\’estensione fino al 2015 delle misure che inibiscono
la contrattazione economica e che, già per il 2013-2014, erano state
definite eccezionali,svela, al contrario, un assetto durevole di
proroghe. In ragione di una vocazione che mira a rendere strutturale il
regime del “blocco”, si fa semprepiù evidente che lo stesso si pone di
per sé in contrasto con il principio di libertà sindacale sancito
dall\’art. 39, primo comma, Cost. 16.­ La libertà sindacale è
tutelata dall\’art. 39, primo comma, Cost., nella sua duplice valenza
individuale e collettiva, e ha il suo necessariocomplemento
nell\’autonomia negoziale (ex plurimis, sentenze n. 697 del 1988, punto
3. del Considerato in diritto, e n. 34 del 1985, punto 4.
delConsiderato in diritto). Numerose fonti internazionali
soccorrono nella definizione del nesso funzionale che lega un diritto a
esercizio collettivo, quale è lacontrattazione, con la libertà
sindacale. Pertanto, l\’interpretazione della fonte costituzionale
nazionale si collega sincronicamente con l\’evoluzionedelle fonti
sovranazionali e da queste trae ulteriore coerenza. Tra tali fonti
spiccano la Convenzione dell\’Organizzazione internazionale del lavoro
(OIL) n. 87, firmata a San Francisco il 17 giugno 1948,concernente la
libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, la Convenzione
OIL n. 98, firmata a Ginevra l\’8 giugno 1949, concernentel\’applicazione
dei Principi del diritto di organizzazione e di negoziazione
collettiva, entrambe ratificate e rese esecutive con legge 23 marzo
1958, n.367, e, con specifico riguardo al lavoro pubblico, la
Convenzione OIL n. 151, relativa alla protezione del diritto di
organizzazione e alle procedureper la determinazione delle condizioni
di impiego nella funzione pubblica, adottata a Ginevra il 27 giugno 1978
nel corso della 64ª sessione dellaConferenza generale, ratificata e
resa esecutiva con legge 19 novembre 1984, n. 862. Un rapporto di
mutua implicazione tra libertà sindacale e contrattazione collettiva
traspare dall\’evoluzione della giurisprudenza della Corteeuropea dei
diritti dell\’uomo sulla libertà sindacale, che interpreta estensivamente
l\’art. 11 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
dirittidell\’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il
4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,
n. 848(Grande Camera, sentenza 12 novembre 2008, Demir e Baykara contro
Turchia, riguardante il diritto di stipulare contratti collettivi nel
lavoropubblico). Si deve inoltre citare l\’art. 6 della Carta
sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio
1996, ratificata e resa esecutivacon legge 9 febbraio 1999, n. 30, che
affianca all\’esercizio collettivo del diritto di contrattazione la
procedura dei reclami collettivi, disciplinata dalProtocollo
addizionale alla Carta del 1995. Il «diritto di negoziare e di
concludere contratti collettivi» è riconosciuto anche dall\’art. 28 della
Carta dei diritti fondamentali dell\’Unioneeuropea, proclamata a Nizza
il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, che ha
ora «lo stesso valore giuridico dei trattati», inforza dell\’art. 6,
comma 1, del Trattato sull\’Unione europea (TUE), come modificato dal
Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, ratificatoe reso
esecutivo con legge 2 agosto 2008 n. 130, ed entrato in vigore il 1°
dicembre 2009. Infine, in un quadro inteso a riconoscere e a
promuovere il ruolo delle parti sociali, a favorire il dialogo tra le
stesse, nel rispetto della loroautonomia, si deve ricordare l\’art. 152,
comma 1, del Trattato sul funzionamento dell\’Unione europea (TFUE),
norma introdotta con il Trattato diLisbona. 17.­ Il reiterato
protrarsi della sospensione delle procedure di contrattazione economica
altera la dinamica negoziale in un settore che alcontratto collettivo
assegna un ruolo centrale (sentenza n. 309 del 1997, punti 2.2.2.,
2.2.3. e 2.2.4. del Considerato in diritto). Nei limiti tracciatidalle
disposizioni imperative della legge (art. 2, commi 2, secondo periodo, e
3-bis del d.lgs. n. 165 del 2001), il contratto collettivo si atteggia
comeimprescindibile fonte, che disciplina anche il trattamento
economico (art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001), nelle sue
componenti fondamentalied accessorie (art. 45, comma 1, del d.lgs. n.
165 del 2001), e «i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al
rapporto di lavoro, nonché le materierelative alle relazioni sindacali»
(art. 40, comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 165 del 2001). In
una costante dialettica con la legge, chiamata nel volgere degli anni a
disciplinare aspetti sempre più puntuali (art. 40, comma 1, secondo
eterzo periodo, del d.lgs. n. 165 del 2001), il contratto collettivo
contempera in maniera efficace e trasparente gli interessi contrapposti
delle parti econcorre a dare concreta attuazione al principio di
proporzionalità della retribuzione, ponendosi, per un verso, come
strumento di garanzia dellaparità di trattamento dei lavoratori (art.
45, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001) e, per altro verso, come
fattore propulsivo della produttività e delmerito (art. 45, comma 3,
del d.lgs. 165 del 2001). Il contratto collettivo che disciplina il
lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni si ispira,
proprio per queste peculiaricaratteristiche che ne garantiscono
l\’efficacia soggettiva generalizzata, ai doveri di solidarietà fondati
sull\’art. 2 Cost. Tali elementi danno conto sia delle molteplici
funzioni che, nel lavoro pubblico, la contrattazione collettiva riveste,
coinvolgendo una complessatrama di valori costituzionali (artt. 2, 3,
36, 39 e 97 Cost.), in un quadro di tutele che si è visto essere
presidiato anche da numerose fontisovranazionali, sia delle disarmonie e
delle criticità, che una protratta sospensione della dinamica negoziale
rischia di produrre. Se i periodi di sospensione delle procedure
“negoziali e contrattuali” non possono essere ancorati al rigido termine
di un anno, individuato dallagiurisprudenza di questa Corte in
relazione a misure diverse e a un diverso contesto di emergenza
(sentenza n. 245 del 1997, ordinanza n. 299 del1999), è parimenti
innegabile che tali periodi debbano essere comunque definiti e non
possano essere protratti ad libitum. Su tale linea converge anche
la Corte europea dei diritti dell\’uomo, che ha sottolineato l\’esigenza
di «un “giusto equilibrio” tra le esigenze diinteresse generale della
comunità e i requisiti di protezione dei diritti fondamentali
dell\’individuo» e ha salvaguardato le misure adottate dallegislatore
portoghese ­ in tema di riduzione dei trattamenti pensionistici ­ sulla
scorta dell\’elemento chiave del limite temporale che lecontraddistingue
(Seconda sezione, sentenza 8 ottobre 2013, António Augusto da Conceiçao
Mateus e Lino Jesus Santos Januário contro Portogallo,punti 23 e
seguenti del Considerato in diritto). Il carattere ormai
sistematico di tale sospensione sconfina, dunque, in un bilanciamento
irragionevole tra libertà sindacale (art. 39, primo comma,Cost.),
indissolubilmente connessa con altri valori di rilievo costituzionale e
già vincolata da limiti normativi e da controlli contabili penetranti
(artt.47 e 48 del d.lgs. n. 165 del 2001), ed esigenze di razionale
distribuzione delle risorse e controllo della spesa, all\’interno di una
coerenteprogrammazione finanziaria (art. 81, primo comma, Cost.).
Il sacrificio del diritto fondamentale tutelato dall\’art. 39 Cost.,
proprio per questo, non è più tollerabile. Solo ora si è palesata
appieno la natura strutturale della sospensione della contrattazione e
può, pertanto, considerarsi verificata la sopravvenutaillegittimità
costituzionale, che spiega i suoi effetti a séguito della pubblicazione
di questa sentenza. 18.­ Rimossi, per il futuro, i limiti che si
frappongono allo svolgimento delle procedure negoziali riguardanti la
parte economica, sarà compitodel legislatore dare nuovo impulso
all\’ordinaria dialettica contrattuale, scegliendo i modi e le forme che
meglio ne rispecchino la natura, disgiunta daogni vincolo di
risultato. Il carattere essenzialmente dinamico e procedurale della
contrattazione collettiva non può che essere ridefinito dal
legislatore, nel rispetto deivincoli di spesa, lasciando
impregiudicati, per il periodo già trascorso, gli effetti economici
derivanti dalla disciplina esaminata.



PER QUESTI MOTIVI



LA CORTE COSTITUZIONALE



riuniti i giudizi,



1) dichiara l\’illegittimità
costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal giorno successivo alla
pubblicazione di questa sentenza nella GazzettaUfficiale della
Repubblica e nei termini indicati in motivazione, del regime di
sospensione della contrattazione collettiva, risultante da: art.
16,comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98
(Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito,
con modificazioni,dall\’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n.
111, come specificato dall\’art. 1, comma 1, lettera c), primo periodo,
del d.P.R. 4 settembre 2013,n. 122 (Regolamento in materia di proroga
del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i
pubblici dipendenti, a normadell\’articolo 16, commi 1, 2 e 3, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111); art. 1,comma 453, della legge 27
dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato ­ Legge di stabilità2014) e art. 1,
comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ­Legge di
stabilità 2015);



2) dichiara inammissibili le questioni
di legittimità costituzionale dell\’art. 16, comma 1, lettera c), del
d.l. n. 98 del 2011, come specificatodall\’art. 1, comma 1, lettera d),
del d.P.R. n. 122 del 2013, e dall\’art. 1, comma 452, della legge n. 147
del 2013, promosse, in riferimento all\’art. 36,primo comma, della
Costituzione, dal Tribunale ordinario di Roma, in funzione di giudice
del lavoro, e dal Tribunale ordinario di Ravenna, infunzione di giudice
del lavoro, con le ordinanze di rimessione indicate in epigrafe;



3) dichiara inammissibili le questioni
di legittimità costituzionale dell\’art. 9, commi 1 e 17, primo periodo,
del decreto-legge 31 maggio 2010, n.78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito,
con modificazioni, dall\’art. 1, comma 1, dellalegge 30 luglio 2010, n.
122, e dell\’art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come
specificato dall\’art. 1, comma 1, lettera a), primoperiodo, del d.P.R.
n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici
complessivi dei singoli dipendenti, e dall\’art. 1, comma1, lettera c),
primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013 e dall\’art. 1, comma 453,
della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione
delleprocedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il
periodo 2013-2014, sollevate, in riferimento agli artt. 35, primo comma,
e 53, primo esecondo comma, della Costituzione, dal Tribunale
ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con l\’ordinanza di
rimessione indicata inepigrafe;



4) dichiara inammissibili le questioni
di legittimità costituzionale degli artt. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo
periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. n.78 del 2010, e 16, comma 1,
lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall\’art. 1, comma
1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del2013, con riguardo
alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli
dipendenti, del trattamento accessorio, degli effetti economicidelle
progressioni di carriera, dall\’art. 1, comma 456, della legge n. 147 del
2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti accessori,
dall\’art. 1,comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del
2013 e dall\’art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo
alla sospensionedelle procedure contrattuali e negoziali per la parte
economica per il periodo 2013-2014, promosse, in riferimento all\’art.
35, primo comma, dellaCostituzione, dal Tribunale ordinario di Ravenna,
in funzione di giudice del lavoro, con l\’ordinanza di rimessione
indicata in epigrafe;



5) dichiara non fondate le questioni
di legittimità costituzionale dell\’art. 9, commi 1 e 17, primo periodo,
del d.l. n. 78 del 2010, sollevate, inriferimento agli artt. 2, 3,
primo comma, 36, primo comma, e 39, primo comma, della Costituzione, dal
Tribunale ordinario di Roma, in funzione digiudice del lavoro, con
l\’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe;



6) dichiara non fondate le questioni
di legittimità costituzionale dell\’art. 16, comma 1, lettera b), del
d.l. n. 98 del 2011, come specificatodall\’art. 1, comma 1, lettera a),
primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione
dei trattamenti economici complessivi deisingoli dipendenti, dall\’art.
1, comma 1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, e
dall\’art. 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013,con riguardo alla
sospensione delle procedure contrattuali e negoziali per la parte
economica per il periodo 2013-2014, sollevate, in riferimento agliartt.
2, 3, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale
ordinario di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con
l\’ordinanzadi rimessione indicata in epigrafe;



7) dichiara non fondate le questioni
di legittimità costituzionale dell\’art. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo
periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. n. 78del 2010, promosse, in
riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 36, primo comma, 39, primo
comma, e 53, primo e secondo comma, dellaCostituzione, dal Tribunale
ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con l\’ordinanza
di rimessione indicata in epigrafe;



8) dichiara non fondate le questioni
di legittimità costituzionale dell\’art. 16, comma 1, lettera b), del
d.l. n. 98 del 2011, come specificatodall\’art. 1, comma 1, lettera a),
primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione
dei trattamenti economici complessivi deisingoli dipendenti, del
trattamento accessorio, degli effetti economici delle progressioni di
carriera, dall\’art. 1, comma 456, della legge n. 147 del2013, con
riguardo alla limitazione dei trattamenti accessori, dall\’art. 1, comma
1, lettera c), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, e dall\’art.
1,comma 453, della legge n. 147 del 2013, con riguardo alla sospensione
delle procedure contrattuali e negoziali per la parte economica per il
periodo2013-2014, promosse, in riferimento agli artt. 2, 3, primo
comma, 36, primo comma, e 53, primo e secondo comma, della Costituzione,
dalTribunale ordinario di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro,
con l\’ordinanza di rimessione indicata in epigrafe.



Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2015.




F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Silvana SCIARRA,
Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere




Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2015.


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