giovedì, Maggio 2, 2024
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LA POLITICA IN VETRINA: Ogni riferimento è casualmente voluto!

Ho riletto per caso un vecchio articolo pubblicato dalla “Stampa” di Torino esattamente l\’anno passato, il 30 settembre 2014, riguardante una intervista fatta al Vicepresidente del Senato Roberto GIACHETTI.
Penso che valga la pena leggerlo e ancora meglio si comprendono gli atteggiamenti della minoranza del Partito democratico circa la capacità di “pontificare”, cioè parlare, parlare, parlare.
La loro natura è questa: mentre il Cavaliere promette senza realizzare mai niente (alla fine dice che la colpa è degli altri che non gli hanno consentito di governare), la vecchia sinistra invece non promette: apre tavoli ad ogni piè sospinto e poi parla, parla, parla senza mai giungere ad una conclusione, decide di non decidere, per l\’appunto, rinvia!

Da un anno abbiamo il Governo Renzi, ognuno può farsi un\’idea.
Si sono fatte delle riforme, magari non perfette, perfettibili come è nella natura umana, ma si è deciso, ci si è assunti una responsabilità.
Ecco in politica, quando si deve assumere una decisione, prendere una iniziativa, in ogni campo, bisogna ascoltare tutti (come sta facendo questo Governo), ma alla fine senza rinviare, bisogna decidere.
A parlare, parlare, parlare, ci hanno pensato gli statisti del secolo scorso.
Questa è l\’ora delle decisioni, i primi risultati già si intravedono, non c\’è più tempo da perdere, la strada è quella giusta AVANTI TUTAAAAA!

BUONA LETTURA

 “Sono stati al governo migliaia di giorni e ancora pontificano”

Giachetti all\’attacco della minoranza

«Sa quanti giorni è stato al governo Bersani?».
No, vicepresidente Giachetti.

«2571. Bindi 2158. D’Alema un po’ meno, 1271, ma ha fatto il presidente del Consiglio. Damiano, ex ministro del lavoro, 720 giorni. Chiti 1132.
E questi compagni ancora pontificano soluzioni miracolose come se non avessero mai potuto mettere alla prova i loro messaggi salvifici».

Scusi, ma veramente si è messo a contare i giorni di governo di ciascuno di loro?
«Certo, nei giorni scorsi, quando ho notato il combinato disposto delle dichiarazioni della minoranza contro Renzi con il fatto di dire che sul tema del lavoro si deve votare secondo coscienza: allora ha ragione Grillo, facciano cadere Renzi».

Ma la minoranza non ha mai detto di voler far cadere il governo Renzi.
«Il problema è proprio il non detto».
Con il suo intervento in Direzione si sarà fatto tanti amici: ha attaccato tutti, da D’Alema a Bersani a Cuperlo…
«Non sono mai stato particolarmente amato dall’attuale minoranza quando era maggioranza, figuriamoci ora…».

Bersani ha lamentato un metodo Boffo contro di lui.
«Non mi pare che qualunque dichiarazione fatta da Renzi abbia minimamente tolto la dignità a Bersani. Mentre ho letto dichiarazioni durissime contro Renzi. Quando l’ho detto durante il mio intervento, Pierluigi ha detto “Trovami una sola frase che ho detto io”. Gli ho risposto che non l’ho mai sentito gridare contro il metodo Boffo nei confronti di Matteo quando qualcuno diceva che è istruito da Verdini».

Perché un intervento così duro, però? Lo stesso segretario ha evitato attacchi così pesanti. «E’ noto che io sono in minoranza nella maggioranza. Ero in dissenso con Renzi sul fatto di fare il governo, che da mattina a sera viene mitragliato dal fuoco amico».

Pensa ancora che sia il caso di andare a votare?
«Più andiamo avanti più me ne convinco. Ma le pare che ogni volta che si discute, che si parli di lavoro, di Costituzione, di Pa, di legge elettorale, il primo fuoco è quello amico? Penso che Renzi abbia il diritto, come i leader del passato, di tentare di fare le cose non dico con una maggioranza coesa, ma perlomeno guidata da un principio di lealtà».

Passata la Direzione ora cosa succederà in Parlamento?

«Ripartirà una battaglia campale al Senato com’è successo per la riforma costituzionale».

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