giovedì, Maggio 2, 2024
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LA POLITICA IN VETRINA: Il coraggio che manca!

Una interessante riflessione fatta dal giornalista economico Giuseppe TURANI del Sole 24 Ore che invito a leggere.

Quello di sfidare il deficit di bilancio lanciando provvedimenti utili
alla crescita, a cominciare dall\’abbattimento delll\’attuale pressione
fiscale presuppone un coraggio che allo stato sembra mancare.


Abbassare le tasse per aumentare la spesa degli italiani e la
competitività delle imprese non è solo una necessità oggettiva, ma sta
diventando un obbligo.
Il problema in italia, non è mai stata
l\’evasione fiscale – come impropriamente in qualche circostanza si è
detto – ma unicamente la spesa pubblica, fatta di privilegi non più
sostenibili e spese improduttive.
Ma intanto, così è, se vi pare!


FONTE: blitzquotidiano.it

BUONA LETTURA

Referendum. Politica in delirio in Italia ma se vince il no, Giuseppe Turani avverte che…
di Giuseppe TURANI

E tirare le fila del delirio politico italiano è probabilmente
un’impresa vana e superiore alle forze di chiunque. I dati, comunque,
sono abbastanza chiari: non si cresce e, quando si cresce, si cresce
troppo poco. Questo è il cuore del problema, tutto il resto viene dopo.
Di fronte a questo problema ci sono dei matti che dicono: mettiamo giù
una bella patrimoniale (da 300-400 miliardi di euro), riduciamo così un
po’ il nostro debito pubblico, così potremo finalmente fare altri
debiti, altri lavori pubblici e rilanceremo il paese.
La Cgil, ad
esempio, sono anni che è schierata su questa linea demente. Ma persino
qualche imprenditore ha detto che andava bene. E qualcun altro salterà
fuori con questa ricetta magica: la patrimoniale. È inevitabile.

Tutti costoro trascurano un fatto molto semplice: dopo una patrimoniale
da 300-400 miliardi (che in pratica andrà a colpire tutti), non ci sarà
più niente da rilanciare: la gente correrà a nascondere i propri soldi
sotto il materasso e si rifiuterà ostinatamente di investire. Grillini e
altri stramboidi arriveranno probabilmente all’85 per cento dei voti. E
il paese infilerà una deriva argentina alla velocità del suono.

Eppure l’idea della patrimoniale affascina. Per una ragione molto
semplice: evita di affrontare i veri problemi. Si pensa che mettendo
tutti questi soldi nelle mani dello Stato si risolverà tutto.
Si
dimentica che lo Stato italiano, anche senza patrimoniale, di soldi ne
ha spesi tanti in questi anni: infatti ha debiti per oltre due mila
miliardi. I risultati, come ognuno può vedere, sono molto modesti.

Perché? La risposta è molto semplice: lo Stato è vecchio, burocratico e
infestato da ladri, a tutti i livelli. Questo Stato è uno strumento
vecchio, inadatto.
E allora come se ne viene fuori? Vedo che anche
l’economista Fitoussi (Parigi e Luiss di Roma) sostiene una tesi molto
semplice: Renzi deve avere più coraggio e sforare di più con i conti
pubblici. Propone uno sforamento di circa l’1 per cento (circa 15
miliardi di euro). E dice che anche Bruxelles deve piantarla con le sue
manie di austerità: se non si cambia passo, l’Europa non crescerà mai e
finirà per decadere, diventare marginale, probabilmente in preda di vari
populismi.
Tutto perfetto. Con due sole aggiunte. Per l’Italia
sforare dell’1 per cento è poco: bisogna andare al 3 per cento (circa 50
miliardi in più all’anno). E questo per almeno i prossimi tre anni.
Ma bisogna evitare che questi denari vengano spesi malamente, come i precedenti due mila miliardi.
Cosa bisogna fare allora? Fatte salve alcune urgenze “pubbliche” (tipo
la famosa banda larga e altro), questi denari vanno dati al mercato
sotto forma di riduzioni fiscali: alle famiglie, perché abbiano redditi
da spendere, e alle imprese, perché abbiano costi più bassi e siano
quindi più competitive.
Nel frattempo lo Stato, invece di perdere
tempo in faraonici piani di politica industriali (tutti clamorosi
fallimenti fino a oggi) potrebbe dedicarsi a un lavoro più utile: e cioè
smantellare le corporazioni e gli ostacoli al mercato. Insomma, lo
Stato, più che inventarsi chissà che, deve semplicemente tagliare se
stesso.
Questo è il quadro, e si arriva alla politica. Sul tavolo
c’è una proposta di riforma costituzionale. Non è il massimo. Chiunque d
noi, con un po’ di pazienza, potrebbe fare meglio. In realtà, essa è
così perché è il frutto di tante e tante mediazioni politiche: solo
mediando Renzi è riuscito a farla passare in parlamento.
Ma adesso
siamo vicini al voto. E quasi tutte le forze politiche (compreso un
pezzo del Pd e la solita Cgil, più tutte le destre) si dichiarano
contro. Lavorano intensamente e convintamente per il no.
Credo che
nella storia, compresa quella italiana, non si sia mai visto un caso di
autolesionismo così grave: se vincerà il no, ci sarà molta confusione
politica, e passi. Ma, soprattutto, dobbiamo sapere che per almeno venti
o trent’anni non ci sarà alcuna riforma costituzionale perché
difficilmente spunterà fuori un altro Renzi, determinato a andare contro
tutti, pur di fare qualche riforma, sia pure imperfetta.
In
sostanza, con il referendum ci giochiamo l’Italia. Lo Stato rimarrà il
moloch disorganizzato che è oggi e continuerà a dilapidare soldi. Non ci
sarà alcun rilancio della nostra economia.
Insomma, resteremo come siamo. Fino a quando sprofonderemo. Contenti?

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