giovedì, Maggio 2, 2024
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PREVIDENZA: Decreto Poletti, l’assegno per chi lascia in part time

Il
decreto Poletti sembra chiaro su come saranno retribuiti gli ultimi 3 anni e su
come i contributi ai fini pensionistici dei 3 anni di part time resteranno gli
stessi rispetto al full time. L’unico mio dubbio è: come opera il computo?
Quale sarà considerato come ultimo stipendio: quello relativo al part time o al
full time?

G. B.– ARICCIA

R I S P O S T A

Come
previsto dall’articolo 1, comma 284, della legge 28 dicembre 2015, e
dall’articolo 41, comma 6, del Dlgs 14 settembre 2015 n.148, ai fini
dell’individuazione della retribuzione da assumere quale base di calcolo per la
determinazione delle quote retributive della pensione dei lavoratori che
abbiano prestato lavoro a tempo parziale, è neutralizzato il numero delle
settimane di lavoro prestate a tempo parziale, ove ciò comporti un trattamento
pensionistico più favorevole.

In
altri termini, la norma si sofferma sulla eventualità che dal part time possa
emergere un trattamento pensionistico più favorevole rispetto a quello che
sarebbe spettato se il lavoratore fosse rimasto a tempo pieno.

Questo
perché l’attuale impianto normativo pensionistico prevede un criterio di
calcolo delle quote retributive (A e B) volte a eliminare gli effetti
negativi/positivi che possono verificarsi a fine carriera nel periodo oggetto
di riferimento per la determinazione delle retribuzioni medie pensionabili,
modificando sensibilmente il trattamento pensionistico. La legge si prefigge
l’obiettivo di evitare tale evenienza.

Di
norma, in presenza di part time, e quindi di un numero di settimane inferiore a
52 annue, il periodo di riferimento per determinare la retribuzione media
pensionabile si “prolunga” fino al raggiungimento delle settimane necessarie a
rendere computo il periodo di
riferimento.

DAL “IL SOLE 24 ORE” DEL
17 OTTOBRE 2016

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