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Vi svelo amnesie e omissioni di Conte sul Mes

Vi svelo amnesie e omissioni di Conte sul Mes

Perché non convincono le tesi di Conte sul Mes. Il commento di Polillo

26 Dicembre 2023 09:02
Fonte: startmag.it
Più che essere l’”avvocato del popolo”, Giuseppe Conte lo è di sé stesso. Nel caso del Mes non aveva alcun assistito da difendere. Doveva solo cercare di salvare la faccia, attribuendo ad altri responsabilità che erano state soprattutto sue. Lo ha fatto con il suo stile da tribuno e l’uso degli artifici retorici che sono tipici della sua professione. Come dimostra la sua ultima arringa, nell’intervista concessa a Monica Guerzoni, sulle pagine del Corriere della sera. “Scacciamo via le mistificazioni. – afferma – Il Mes è uno strumento inadeguato e inefficace introdotto nel 2011 dal governo Berlusconi, con la Lega e Meloni ministro. Abbiamo sempre detto no alla sua attivazione, anche quando tutti premevano per usarlo in pandemia. Anche grazie a questo rifiuto abbiamo costruito la rivoluzione in Europa che ha consentito all’Italia di ottenere 209 miliardi”.

Non contento di queste affermazioni ha quindi continuato: “Da presidente del Consiglio io ho lavorato per revisionare completamente questo strumento. In Europa ho sempre detto che ci saremmo riservati la ratifica solo una volta ottenuta la riforma integrale del patto di Stabilità e altri risultati, come scritto nella risoluzione parlamentare approvata alla luce del sole nel dicembre 2020. Purtroppo quando ci hanno mandato via da Chigi chi è venuto dopo non è riuscito a completare questo percorso, ecco perché abbiamo votato no. Il Mes per il governo è uno strumento di distrazione di massa. Meloni ha avuto 13 mesi per lavorare alla revisione del patto di Stabilità, ma ha sbagliato sin dall’inizio e si è mossa con grande goffaggine diplomatica”. Accuse circostanziate, come di vede: da un lato il suo grande operare, come Presidente del consiglio pro-tempore per scongiurare il misfatto. Dall’altro l’inerzia dei suoi successori: unici responsabili del successivo isolamento diplomatico dell’Italia. Peccato solo che le tesi della pubblica accusa non reggano di fronte alle prove raccolte nel corso del dibattimento.

Cominciamo dall’antefatto. Fu indubbiamente il Presidente Berlusconi a votare, nel 2011, a favore del Mes. Ma quella circostanza è del tutto irrilevante. La discussione recente, a livello europeo, non riguardava il vecchio Trattato, da tempo in vigore, ma messo, quasi subito, a bagnomaria. Era riferita invece alle proposte di modifica che si era cercato di introdurre proprio durante il suo mandato come Presidente del Consiglio dei Ministri. Era allora ch’era nata l’idea di rendere più stringente la procedura per accedere ai finanziamenti del Mes e, al tempo stesso, istituire il backstop. Vale a dire una “rete di sicurezza” per gestire eventuali banche in crisi.

Le decisioni erano state prese dall’Eurogruppo (l’organismo che riunisce i ministri dell’Economia dei Paesi dell’Unione) alla fine del 2019. Anche se la discussione era iniziata fin dal 2017. Cui aveva fatto seguito il varo delle linee guida, da parte del Capi di Stato e di Governo, il 4 dicembre 2018 sulla base di una bozza predisposta dalla Commissione europea, concordata in seno all’’Eurogruppo. Dati temporali destinati ad evidenziare il fatto che l’intera vicenda del nuovo Mes si era sviluppata sotto l’egida del Conte I, prima; e del Conte II poi. Un indizio importante per valutare la portata della difesa predisposta dall’avvocato.

L’elaborazione completa della proposta risale invece al 13 giugno 2019. Data in cui l’Eurogruppo, preso atto dell’accordo raggiunto tra i vari Paesi, aveva deciso di investire della questione l’Euro Vertice del 21 giugno. Da cui ottenne un primo via libera a continuare. Che permise all’Eurogruppo del 4 dicembre di affrontare le questioni ancora non risolte per sottoporle nuovamente al vertice del 13 dicembre. Che ne avallò le relative soluzioni, in vista dell’approvazione definitiva, prevista per il Vertice del 16 marzo 2020. Data che non fu possibile rispettare per colpa del diavolo che, per l’occasione, aveva assunto le sembianze del Covid. Si saltò quindi in un primo momento all’11 giugno e infine al 30 novembre 2020 per avere la stesura definitiva del nuovo Trattato da sottoporre alla firma dei rappresentanti dei governi.

Il lettore perdonerà questa nostra pedanteria nel riportare un iter burocratico così dettagliato. Ma la finalità è dimostrare che Giuseppe Conte aveva avuto tutto il tempo per dire quel “NO”, che ora brandisce come una spada. Lo stesso 30 novembre, infatti, il suo Ministro dell’economia, Roberto Gualtieri, aveva reso alle Commissioni riunite di Camera e Senato un’informativa dettagliata sull’intera vicenda. In cui si indicavano, una per una, le tappe del percorso seguito. Concludeva quindi il suo intervento esprimendo un giudizio positivo sulla riforma, per poi anticipare che “la firma dell’Accordo di modifica del Mes” sarebbe dovuta avvenire “il prossimo 27 gennaio”. Ch’era anche l’ultima spiaggia in cui il Presidente del consiglio avrebbe potuto far valere le sue presunte ragioni contrarie.

Ma così non è stato. L’Euro Summit che doveva procedere all’approvazione delle modifiche al Trattato del Mes, come proposte dall’Eurogruppo, si era svolto l’11gennaio del 2021, all’indomani del Consiglio europeo. Nella documentazione ufficiale non esiste traccia di eventuali opposizioni da parte del Governo italiano. Al contrario il summit approvò, quasi senza fiatare le proposte dell’Eurogruppo, da sottoporre, in un secondo momento, alla ratifica parlamentare da parte degli Stati membri. Prevalse, pertanto, non solo l’armonia, ma un’atmosfera quasi idilliaca, destinata, come si vedrà, a produrre delle autentiche smagliature.

Il giorno prima, infatti, Maurizio Massari, il rappresentante permanente per l’Italia a Bruxelles, aveva inviato alla sede del Ministero degli esteri, a Roma, una nota in cui si ricordava che il 27 gennaio si sarebbe dovuto procedere alla firma del nuovo Trattato. Chiedeva, pertanto, di essere autorizzato a compiere la missione. Nulla da eccepire se non la circostanza che quella richiesta era stata inoltrata il giorno prima che l’Euro Summit si riunisse. Segno evidente che quella decisione, grazie anche all’assenso italiano, era scontata. E che quindi l’approvazione del nuovo Trattato si riduceva ad essere un semplice pro-forma. E, in effetti, così doveva essere. Salvo che l’autorizzazione fu data, con un fax, solo il 20 gennaio. Quasi dieci giorni dopo. Quando il Ministro degli esteri, Luigi Di Maio, aveva ormai ben altre gatte da pelare. Lo stesso 11 gennaio, infatti, Matteo Renzi, abbandonando la maggioranza di governo, aveva di fatto aperto la crisi che, nei giorni successivi, avrebbe portato alla fine del Conte II. Senza, per altro impedire, la firma del Trattato.

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1 commento

  1. Il nostro Giuseppi, nel mentre approvò le modifiche al Meccanismo Europeo di Stabilità nellaa qualità di governante (all’epoca era Premier), vota contro, spostandosi di 180°, quando vota da legislatore (deputato) in occasione della mancata ratifica parlamentare.
    Insomma Giuseppi è un grande ma che dico, è un grandissimo disastro naturale, forse secondo, solo a Giggino!
    Siamo passati dall’UNo vale Uno all’Uno vale Zero!

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