giovedì, Maggio 2, 2024
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Il Collegio sindacale: Inerzia dolosa!

Il Collegio sindacale: Inerzia dolosa!

Andando indietro nel tempo di quando facevo il finanziere, ricordo che una delle maggiori difficoltà era distinguere e circoscrivere le responsabilità degli amministratori di persone giuridiche – in genere società di capitali – da quella dei componenti del Collegio sindacale.

In questi casi, soprattutto in presenza di reati come la “bancarotta semplice o fraudolenta” da parte degli amministratori, si trattava di comprendere quali erano state le verifiche effettuate dall’Organo di controllo interno all’azienda avuto riguardo, in particolare, a quelli che sono gli obblighi imposti dalla norma ex art.2403 del Codice civile – “Il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione [2623, n. 3] ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile [24232432] adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.”

A seguire, l’articolo 2407 dello stesso Codice definisce tali responsabilità prevedendo che: “I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.”

Per risolvere l’enigma, andavo a vedere come e quanti controlli fossero stati fatti l’anno prima all’intervento dell’Autorità giudiziaria che, per il tramite della delega di indagine affidataci, cercavo di comprendere l’antefatto, in genere denunciato dai soci di minoranza o dai creditori.

Infatti, vado  a memoria, non ricordo di aver mai svolto una indagine rigurdante una “bancarotta” scaturita da una denuncia del Collegio sindacale per un reato – ex art.216 della legge fallimentare – R.D. 16 marzo 1942 e se non altro per questa ragione, faccio mio il contenuto del secondo comma dell’articolo 40 del codice penale: “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.” Questo lo riocordo solo per sottolineare il ruolo e l’importanza che riveste il Collegio sindacale in una corretta dinamica imprenditoriale, prima ancora dell’operare degli amministratori.

Infatti, quando si arriva alla “bancarotta” significa che gli amministratori hanno perseguito finalità estranee alla strumentalità dell’impresa, fino a giungere al fallimento dichiarato dal Tribunale. In questi casi, l’imprenditore Distrugge, dissimula o dissipa in tutto o in parte i suoi beni oppure Esibisce o riconosce passività inesistenti con l’intento di danneggiare i creditori (fornitori, banche etc.).

La pena della reclusione varia da tre a dieci anni.

Giurisprudenza di legittimità

Con l’inizio del corrente anno, sul tema in discorso ovvero sul ruolo del Collegio sindacale è intervenuta per ben due volte la Corte di Cassazione, con la sentenza 1162 del 10 gennaio 2024 e l’Ordinanza 24 gennaio 2024, n. 2350.

In ambedue le circostanze, ad onor del vero, devo dire che gli Ermellini sono abbastanza clementi verso l’operato o più precisamente, l’inerzia del Collegio sindacale, quando si limitano a concludere una mera “responsabilità colposa”.

Investigare, significa approfondire e soprattutto capire cosa sta succedendo, nel comune interesse della legalità e rispetto della norma anche a tutela dei soci e dei creditori, sempre a salvguardia degli interessi aziendali.

Pratica operativa

Assumere la responsabilità di fare parte di un Collegio sindacale e rimanere inerte, non assumere iniziative  e non svolgendo il proprio ruolo, significa essere consapevole dei rischi che si corrono, ivi compresa un concorso nella bancarotta degli amministratori.

Come leggere infatti l’operato di un amministratore che, senza alcun giustificato motivo esegue una miriade continua di prelevamenti di denaro contante dal conto aziendale ovvero, emette assegni a favore si soggetti estranei alla strumentalitòà dell’impresa, senza addurre alcuna valida motivazione nelle scritture contabili.

In situazioni di questo genere, con un’opera di distrazione continua del patrimonio da parte degli amministratori nella completa inerzia dei controllori, come si può parlare di “condotta colposa?”

La società e per questa intendo il fornitore di beni o servizi o la banca che garantisce le risorse, deve essere difesa in armonia alle regole dettagliatamente indicate nel Codice civile.

Insomma, per una bancarotta dell’amministratore la responsabilitòà del controllore è sempre dolosa, a prescindere!

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Il recente indirizzo della Corte di Cassazione in materia di responsabilità dei sindaci

Nota a Corte di Cassazione, Sez. I Civile, Ordinanza 24 gennaio 2024, n. 2350

Fonte: ntplusdiritto del Sole 24 Ore

 

Con la recente decisione del 24 gennaio 2024 n. 2350, la Corte di Cassazione ha individuato una serie di significativi principi in materia di responsabilità dei membri del collegio sindacale.

Nella fattispecie concreta, la responsabilità del sindaco è emersa sotto la veste di eccezione ex art. 1460 c.c. a seguito della richiesta di pagamento del compenso avanzata dal professionista della società successivamente fallita.

Sotto tale prospettiva è di interesse notare che spetta al sindaco l’onere di dimostrare di aver conformato la sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto.

Tuttavia, a prescindere dalla fattispecie concreta, i principi enucleati hanno una portata generale ed esprimono un’impostazione piuttosto rigida che valorizza una lettura ampia dei doveri dei sindaci.

Anzitutto è stato osservato che la vigilanza dei sindaci non si estende alla verifica della convenienza delle scelte gestionali degli amministratori, dovendo invece riguardare la legittimità delle scelte e la correttezza dei procedimenti decisionali.

Le obbligazioni inerenti all’attività professionale dei sindaci sono di mezzo e non di risultato e la loro condotta deve essere valutata secondo la diligenza professionale qualificata ex art. 1176 comma 2 c.c.

L’attività deve essere tempestiva, effettiva , cioè non formale, ed efficace.

Fermi questi primi elementi, la Corte di Cassazione, più nello specifico, ha evidenziato ulteriori profili di sicuro interesse.

I sindaci non esauriscono l’adempimento dei propri compiti con il burocratico espletamento delle attività indicate dalla legge. Essi hanno, piuttosto, l’obbligo di adottare ogni altro atto che, in relazione alle circostanze del caso concreto, risulti utile e necessario.

Il dovere di vigilanza non è circoscritto all’operato degli amministratori, ma si estende al regolare svolgimento dell’intera gestione sociale in funzione della tutela, non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello dei creditori sociali.

Tale dovere non riguarda il solo formale controllo della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, essendo conferito ai componenti del collegio il potere/dovere di chiedere notizie sull’andamento generale e su specifiche operazioni.

La configurabilità dell’inosservanza del dovere di vigilanza non richiede l’individuazione di specifici comportamenti in contrasto con tale dovere, essendo sufficiente che i sindaci non abbiano rilevato una macroscopica violazione.

I sindaci non si possono limitare alla richiesta di chiarimenti all’organo gestorio ma, diversamente, in modo attivo, si devono spingere a pretendere azioni correttive.

Non rileva il fatto che il collegio sindacale fosse ignaro delle operazioni gestorie compiute dagli amministratori, atteso che la colpa, oltre che nell’inattività, può essere avvisata anche in un difetto di conoscenza.

Al fine di escludere l’inadempimento dei sindaci non è sufficiente: (i) né il fatto che gli stessi siano stati tenuti all’oscuro dell’operato degli amministratori, (ii) né il fatto di avere assunto la carica dopo la realizzazione dei fatti dannosi , se i sindaci hanno mantenuto un comportamento inerte.

Allo stesso modo, le dimissioni presentate, ove non accompagnate da atti concreti volti a contrastare od impedire il protrarsi degli illeciti gestori, non escludono l’inadempimento del sindaco, posto che la diligenza richiesta impone un comportamento alternativo e le dimissioni diventano, anzi, esempio emblematico di una condotta colposa.

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