Autoriciclaggio: Vendere ad un “compro oro” gioielli rubati configura il 648ter1 del c.p.
Con la pronuncia della Cassazione n.36180 del 14 settembre 2021, è stato smentito l’assunto del Tribunale e condannato l’imputato al delitto di autoriciclaggio.
Dalla sentenza infatti si legge:
“1.11 Tribunale per il riesame delle misure cautelari di Brescia confermava l’ordinanza che aveva applicato alla ricorrente la misura cautelare della custodia in carcere,
escludendo, tuttavia, la gravità indiziaria per il delitto di autoriciclaggio.
Si contestava all’indagata di avere venduto ad un “compro oro” gioielli rubati (che venivano successivamente fusi), ricavandone il prezzo. Secondo il Tribunale la vendita dei
gioielli trafugati non costituiva «impiego in attività economiche, finanziarie e speculative» e non poteva integrare la condotta di “autoriciclaggio”.
2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il pubblico ministero presso il Tribunale di Bergamo che deduceva:
2.1. violazione di legge: contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale l’attività di vendita di gioielli rubati costituirebbe una condotta di «impiego in attività economiche»
pacificamente riconducibile alla fattispecie astratta prevista dall’art. 648 ter.1.cod. pen.”