SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava sezione ampliata)
11 giugno 2009
«Aiuti di Stato – Regime di aiuti concessi dalle autorità italiane a talune imprese di servizi pubblici sotto forma di esenzioni fiscali e di prestiti a tasso agevolato – Decisione che dichiara gli aiuti incompatibili con il mercato comune – Aiuti esistenti o aiuti nuovi – Art. 86, n. 2, CE»
Nella causa T 222/04,
Repubblica italiana, rappresentata inizialmente dal sig. I.M. Braguglia, successivamente dal sig. R. Adam e dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. M. Fiorilli, avvocato dello Stato,
ricorrente,
contro
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Di Bucci, in qualità di agente,
convenuta,
avente ad oggetto una domanda di annullamento dell’art. 2 della decisione della Commissione 5 giugno 2002, 2003/193/CE, relativa all’aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico (GU 2003, L 77, pag. 21),
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Ottava Sezione ampliata),
composto dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, presidente, dai sigg. D. Šváby, S. Papasavvas, N. Wahl (relatore) e A. Dittrich, giudici,
cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 aprile 2008,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti
1. Il contesto normativo nazionale
1 La legge italiana 8 giugno 1990, n. 142, [sull’]ordinamento delle autonomie locali (GURI n. 135, del 12 giugno 1990; in prosieguo: la «legge n. 142/90»), ha introdotto in Italia una riforma degli strumenti giuridici organizzativi offerti ai comuni per la gestione dei servizi pubblici, in particolare nei settori della distribuzione dell’acqua, del gas, dell’elettricità e dei trasporti. L’art. 22 della detta legge, nella versione modificata, ha previsto la facoltà, per i comuni, di costituire società utilizzando differenti forme giuridiche per fornire servizi pubblici. In tale contesto è prevista la costituzione di società commerciali o di società a responsabilità limitata a partecipazione maggioritaria pubblica (in prosieguo: le «società ex lege n. 142/90»).
2 In tale cornice, in forza dell’art. 9 bis della legge 9 agosto 1986, n. 488, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 1° luglio 1986, n. 318, recante provvedimenti urgenti per la finanza locale (GURI n. 190, del 18 agosto 1986), sono stati concessi prestiti a tassi agevolati presso la Cassa Depositi e Prestiti (in prosieguo: la «CDDPP»), tra il 1994 e il 1998, a talune società ex lege n. 142/90 che prestavano servizi pubblici (in prosieguo: i «prestiti della CDDPP»).
3 Inoltre, in forza del combinato disposto dell’art. 3, nn. 69 e 70, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, misure di razionalizzazione della finanza pubblica (supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 29 dicembre 1995; in prosieguo: la «legge n. 549/95»), e del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, recante armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione dall’ILOR dei redditi di impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie (GURI n. 203, del 30 agosto 1993; in prosieguo: il «decreto legge n. 331/93»), sono state introdotte le seguenti misure a favore delle società ex lege n. 142/90:
• l’esenzione da tutte le tasse sui conferimenti relativi alla trasformazione di aziende speciali e di aziende municipalizzate in società ex lege n. 142/90 (in prosieguo: l’«esenzione dalle tasse sui conferimenti»);
• l’esenzione totale triennale dall’imposta sul reddito d’impresa (imposta sul reddito delle persone giuridiche e imposta locale sul reddito), non oltre l’anno fiscale 1999 (in prosieguo: l’«esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa»).
2. Procedimento amministrativo
4 In seguito ad una denuncia riguardante le misure in questione, la Commissione, con lettere del 12 maggio, 16 giugno e 21 novembre 1997, ha domandato alle autorità italiane una serie di informazioni.
5 Con lettera datata 17 dicembre 1997, le autorità italiane hanno fornito una parte delle informazioni richieste. Peraltro, su domanda delle autorità italiane, si è svolta una riunione in data 19 gennaio 1998.
6 Con lettera del 17 maggio 1999, la Commissione ha comunicato all’Italia la decisione di avviare il procedimento di cui all’art. 88, n. 2, CE. Questa decisione è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU C 220, pag. 14).
7 Dopo aver ricevuto osservazioni da terzi interessati e dalle autorità italiane, la Commissione ha chiesto più volte a queste ultime la trasmissione di informazioni ulteriori. La Commissione ha inoltre incontrato le autorità italiane ed i terzi interessati intervenuti nel procedimento.
8 Alcune società ex lege n. 142/90, come la ACEA SpA, la AEM SpA e l’Azienda Mediterranea Gas e Acqua SpA (in prosieguo: l’«AMGA»), che, peraltro, hanno presentato ricorsi di annullamento della decisione che è oggetto della presente causa (rispettivamente, cause T 297/02, T 301/02 e T 300/02), hanno sostenuto, in particolare, che le tre categorie di misure in questione non costituivano aiuti di Stato.
9 Le autorità italiane e la Confederazione Nazionale dei Servizi (in prosieguo: la «Confservizi»), confederazione cui aderiscono, segnatamente, le società ex lege n. 142/90 e le aziende speciali comunali in Italia, hanno sostanzialmente aderito a tale tesi.
10 Viceversa, il Bundesverband der deutschen Industrie eV (in prosieguo: il «BDI»), associazione tedesca degli industriali e dei prestatori di servizi e affini, ha osservato che le misure di cui trattasi potrebbero provocare distorsioni di concorrenza non solo in Italia, ma anche in Germania .
11 Analogamente, la Gas it, associazione italiana di operatori privati del settore della distribuzione del gas, ha osservato che le misure di cui trattasi, in particolare l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, costituivano aiuti di Stato.
12 In data 5 giugno 2002 la Commissione ha adottato la decisione 2003/193/CE, relativa all’aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di società ex lege n. 142/90 (GU 2003, L 77, pag. 21; in prosieguo: la «decisione controversa»).
3. La decisione controversa
13 La Commissione sottolinea anzitutto che la sua inchiesta verte solo su regimi di aiuto di portata generale istituiti con le misure controverse e non su misure individuali di aiuto concesse alle singole imprese, cosicché l’analisi contenuta nella decisione controversa è generale e astratta. Al riguardo, tale istituzione dichiara che la Repubblica italiana «non ha concesso vantaggi fiscali su base individuale e non ha notificato alla Commissione alcun caso individuale di aiuto fornendole tutte le informazioni necessarie per poterlo valutare». Di conseguenza la Commissione si considera obbligata a procedere a un esame generale ed astratto dei regimi di cui trattasi sia in ordine alla loro qualificazione, sia in ordine alla questione della loro compatibilità con il mercato comune (punti 42 45 della decisione controversa).
14 Secondo la Commissione, i prestiti della CDDPP e l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa (in prosieguo, globalmente: le «misure controverse») costituiscono aiuti di Stato. Infatti, la concessione, mediante risorse dello Stato, di vantaggi di tal genere alle società ex lege n. 142/90 produce l’effetto di rafforzare la loro posizione concorrenziale rispetto a tutte le altre imprese che intendano fornire gli stessi servizi (punti 48 75 della decisione controversa). Le misure controverse sono incompatibili con il mercato comune, in quanto non rispettano né i presupposti ex art. 87, nn. 2 e 3, CE, né quelli ex art. 86, n. 2, CE e violano, inoltre, l’art. 43 CE (punti 94 122 della decisione controversa).
15 Viceversa, secondo la Commissione, l’esenzione dalle tasse sui conferimenti non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, dato che tali tributi sono dovuti all’atto della costituzione di una nuova entità economica o in occasione di trasferimenti patrimoniali tra differenti entità economiche. Orbene, sotto il profilo sostanziale, le imprese municipalizzate, da un lato, e le società ex lege n. 142/90, dall’altro, fanno parte di una stessa entità economica. Pertanto, l’esenzione di tali imprese dalle dette tasse è giustificata dalla natura o dalla struttura del sistema (punti 76 81 della decisione controversa).
16 Il dispositivo della decisione controversa è così formulato:
«Articolo 1
L’esenzione dalle tasse sui conferimenti (…), non costituisce aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, [CE].
Articolo 2
L’esenzione triennale dall’imposta sul reddito [d’impresa] (…) e i vantaggi derivanti dai prestiti [della CDDPP] (…) costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, [CE].
Detti aiuti non sono compatibili con il mercato comune.
Articolo 3
L’Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari l’aiuto concesso in virtù dei regimi di cui all’articolo 2, già posti illegittimamente a loro disposizione.
Il recupero viene eseguito senza indugio e secondo le procedure del diritto nazionale, sempreché queste consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione.
L’aiuto da recuperare è produttivo di interessi, decorrenti dalla data in cui l’aiuto è stato posto a disposizione dei beneficiari fino alla data di effettivo recupero, calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nell’ambito degli aiuti a finalità regionale.
(…)».
Procedimento e conclusioni delle parti
17 In data 8 agosto 2002, la Repubblica italiana ha presentato dinanzi alla Corte un ricorso di annullamento della decisione controversa, iscritto a ruolo con il numero C 290/02. La Corte ha constatato che quest’ultimo ricorso e quelli presentati nelle cause T 292/02, T 297/02, T 300/02, T 301/02 e T 309/02 vertevano sullo stesso oggetto, vale a dire l’annullamento della decisione controversa, e che erano connessi, poiché i motivi in ciascuna di queste cause coincidevano ampiamente. Con ordinanza 10 giugno 2003, la Corte ha sospeso il procedimento nella causa C 290/02, conformemente all’art. 54, terzo comma, del proprio Statuto, fino alla pronunzia della sentenza del Tribunale nelle cause T 292/02, T 297/02, T 300/02, T 301/02 e T 309/02.
18 Con ordinanza 8 giugno 2004, la Corte ha deciso di rinviare la causa C 290/02 dinanzi al Tribunale, che è divenuto competente a decidere sui ricorsi proposti dagli Stati membri contro la Commissione, conformemente al disposto dell’art. 2 della decisione del Consiglio 26 aprile 2004, 2004/407/CE, Euratom, che modifica gli articoli 51 e 54 del protocollo sullo statuto della Corte di giustizia (GU L 132, pag. 5). Tale causa è stata pertanto iscritta sul ruolo del Tribunale con il numero T 222/04.
19 In forza dell’art. 14 del regolamento di procedura del Tribunale e su proposta dell’Ottava Sezione, il Tribunale ha deciso, sentite le parti in conformità all’art. 51 del citato regolamento, di rinviare la causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.
20 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale.
21 Con ordinanza 13 marzo 2008 il presidente dell’Ottava Sezione ampliata ha riunito le cause T 292/02, T 297/02, T 300/02, T 301/02, T 309/02, T 189/03 e T 222/04 ai fini della fase orale, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura.
22 Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 16 aprile 2008.
23 La Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia:
• annullare l’art. 2 della decisione controversa.
24 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:
• respingere il ricorso;
• condannare la Repubblica italiana alle spese.
In diritto
25 A sostegno del proprio ricorso, la Repubblica italiana deduce sostanzialmente diversi motivi, che è opportuno raggruppare ed esaminare nel modo seguente:
• violazione dell’art. 87, n. 1, CE, per quanto concerne la qualificazione sia dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, sia dei prestiti della CDDPP come aiuti di Stato, nonché difetto di motivazione;
• errore in sede di qualificazione dei provvedimenti in questione come aiuti nuovi, nonché violazione, a tale proposito, dell’art. 88, n.1, CE;
• errata applicazione dell’art. 86, n. 2, CE;
• violazione delle norme di procedura a causa del carattere incompleto dell’istruttoria.
1. Sul primo motivo, attinente ad una violazione dell’art. 87, n. 1, CE, con riferimento alla qualificazione sia dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, sia dei prestiti della CDDPP come aiuti di Stato
26 Con tale motivo, la Repubblica italiana fa valere che i provvedimenti in questione non costituiscono aiuti di Stato. Il motivo si articola in tre parti, di cui la prima si riferisce all’assenza di concorrenza e di incidenza sugli scambi tra Stati membri, la seconda all’assenza di carattere selettivo, e la terza ad un difetto di motivazione.
Argomenti delle parti
Sulla prima parte del motivo, relativa all’assenza di concorrenza e di incidenza sugli scambi tra Stati membri
27 La Repubblica italiana deduce che, in linea di principio, le società ex lege n. 142/90 possono operare soltanto nell’ambito dei servizi pubblici, settore sottratto alla concorrenza. Infatti, le aziende speciali e le società ex lege n. 142/90 avrebbero un monopolio di diritto o di fatto per quanto riguarda la gestione dei servizi pubblici nel loro comune di appartenenza. D’altra parte, detti servizi pubblici avrebbero necessariamente carattere locale.
28 L’oggetto sociale delle società ex lege n. 142/90 sarebbe stabilito dalla legge e tali società sarebbero state costituite per provvedere alla gestione di uno o più servizi riconducibili alla sfera di attribuzione dell’ente locale di riferimento. Pertanto, la capacità di diritto privato di tali società sarebbe necessariamente funzionale agli scopi istituzionali e sarebbe destinata alla gestione di servizi pubblici. Ne conseguirebbe che le società a partecipazione pubblica destinate alla gestione di servizi pubblici, come le società ex lege n. 142/90, devono limitarsi a svolgere attività di servizio pubblico.
29 Da ciò emergerebbe, secondo la Repubblica italiana, che le società ex lege n. 142/90 sono soggette, di norma, a limitazioni per materia e per territorio. La possibilità che tali società operino al di fuori del territorio comunale di appartenenza sarebbe subordinata alla sussistenza di due rigorose condizioni e cioè, da una parte, all’esistenza di una intesa o di una convenzione preventiva tra i comuni o le province interessate, e, dall’altra, all’esistenza di un collegamento funzionale tra l’attività extraterritoriale e le esigenze del comune di appartenenza. L’assegnazione di servizi pubblici locali all’interno di altri comuni nonché l’ampliamento della sfera di attività delle società ex lege n. 142/90 ad altri settori costituirebbero dunque mere eventualità. Orbene, la decisione controversa non fornirebbe nessun esempio o prova del fatto che le società in parola avessero ampliato il proprio campo di attività. Solamente in due occasioni una o più società ex lege n. 142/90 avrebbero partecipato ad una gara per l’attribuzione di una concessione riguardante la fornitura di servizi pubblici in territori diversi dai rispettivi comuni di appartenenza. Si tratterebbe, peraltro, di appalti di scarsa importanza.
30 La Repubblica italiana sottolinea che i servizi figuranti nell’elenco di cui all’art. 1 della legge 29 marzo 1903, n. 103, sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni (GURI del 29 marzo 1903), sono forniti in regime di monopolio o di gestione diretta, mentre gli altri servizi devono essere forniti in regime di concorrenza. La legge n. 142/90 non avrebbe mutato tale prospettiva.
31 Dopo aver ricordato che la Commissione è tenuta a identificare e valutare gli elementi di fatto idonei a dimostrare la capacità di un aiuto di influenzare negativamente la concorrenza e gli scambi, la Repubblica italiana osserva che un aiuto finanziario può alterare il commercio intracomunitario soltanto se l’impresa beneficiaria opera su un mercato contrassegnato da una concorrenza intensa. Ora, tale presupposto mancherebbe nel caso di specie.
32 La Commissione critica gli argomenti della Repubblica italiana.
Sulla seconda parte del motivo, relativa all’assenza di carattere selettivo
33 La Repubblica italiana asserisce che dalle misure di cui trattasi non deriva nessun vantaggio ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.
34 Per quanto concerne l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, la Repubblica italiana sostiene che tale misura non è selettiva, poiché lo stesso regime giuridico si applica, sostanzialmente, anche alle aziende municipalizzate.
35 Quanto ai prestiti della CDDPP, la Repubblica italiana fa valere che non vi è stata alcuna agevolazione nella fattispecie, giacché il tasso massimo praticato dalla CDDPP non è inferiore al tasso massimo di riferimento. Ad ogni modo, le imprese beneficiarie dei prestiti della CDDPP, il cui capitale è detenuto prevalentemente da enti pubblici che svolgono attività economiche assai stabili, come la prestazione di servizi pubblici, sarebbero mutuatari particolarmente affidabili. Per di più, i prestiti della CDDPP sarebbero stati concessi a tasso fisso e a lungo termine, condizione che, in un periodo in cui i tassi erano in continuo aumento, avrebbe condotto in prospettiva ad ottenere tassi più favorevoli rispetto ai tassi variabili o a breve termine. In considerazione di tutti i suesposti elementi, sarebbe normale applicare alle società ex lege n. 142/90 un tasso inferiore a quello applicato ad imprese cosiddette «normali». Ne deriverebbe che si tratta sostanzialmente dei tassi di mercato.
36 La Commissione critica la tesi della Repubblica italiana.
Sulla terza parte del motivo, relativa ad un difetto di motivazione
37 La Repubblica italiana afferma sostanzialmente che, al fine di adempiere correttamente all’obbligo di motivazione, la Commissione non può prescindere da un esame, anche solo parziale, dell’attività dei destinatari delle misure controverse e della loro importanza all’interno del mercato nazionale e comunitario. In tale contesto essa sostiene parimenti che le affermazioni contenute nella decisione controversa circa il carattere concorrenziale dei mercati interessati e l’incidenza dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa sugli scambi intracomunitari non corrispondono alla realtà. Inoltre, non sarebbe dato riscontrare, nella decisione controversa, nessun riferimento alle condizioni esistenti negli altri Stati membri né ai mercati in cui operano le imprese beneficiarie della detta esenzione.
38 La Commissione ritiene che la decisione controversa sia sufficientemente motivata
Giudizio del Tribunale
39 Si deve rammentare preliminarmente che, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, per qualificare un provvedimento come aiuto è necessario che tutti i presupposti previsti da tale disposizione siano soddisfatti. In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra Stati membri. In terzo luogo, deve concedere un vantaggio selettivo. In quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (v. sentenze della Corte 24 luglio 2003, causa C 280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, Racc. pag. I 7747, in prosieguo: la «sentenza Altmark», punti 74 e 75, e giurisprudenza ivi citata, e 3 marzo 2005, causa C 172/03, Heiser, Racc. pag. I 1627, punto 27).
40 Nel caso di specie, è giocoforza constatare che la Repubblica italiana sostiene che tre dei quattro presupposti da soddisfare per qualificare un provvedimento come aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, ossia quelli relativi all’incidenza tanto sugli scambi intracomunitari quanto sulla concorrenza, nonché all’esistenza di un vantaggio selettivo, non sono soddisfatti nel caso di specie.
Sulla presunta assenza di concorrenza e di incidenza sugli scambi tra Stati membri
41 Per quanto concerne il secondo e il quarto presupposto di cui al precedente punto 39, per giurisprudenza consolidata la Commissione, in sede di valutazione di tali due presupposti, non è tenuta a dimostrare un’incidenza effettiva degli aiuti sugli scambi tra Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma deve solamente esaminare se i detti aiuti siano idonei a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (v. sentenza della Corte 15 dicembre 2005, causa C 148/04, Unicredito Italiano, Racc. pag. I 11137, punto 54, e giurisprudenza ivi citata).
42 Occorre parimenti ricordare che, nel caso di un programma di aiuti, la Commissione può limitarsi a studiare le caratteristiche del programma di cui trattasi per valutare, nella motivazione della sua decisione, se, in base alle modalità previste da tale programma, questo sia tale da giovare essenzialmente a imprese che partecipano agli scambi tra Stati membri (sentenza della Corte 7 marzo 2002, causa C 310/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I 2289).
43 Va peraltro ricordato che qualsiasi aiuto concesso ad un’impresa che eserciti le sue attività sul mercato comunitario è idoneo a causare distorsioni di concorrenza e ad incidere sugli scambi fra Stati membri (v. sentenza del Tribunale 6 marzo 2002, cause riunite T 92/00 e T 103/00, Diputación Foral de Álava/Commissione, Racc. pag. II 1385, punto 72, e giurisprudenza ivi citata).
44 Inoltre, non esiste un livello o una percentuale al di sotto dei quali si possa ritenere che gli scambi tra Stati membri non siano stati alterati. Infatti, l’entità relativamente esigua di un aiuto o le dimensioni relativamente modeste dell’impresa beneficiaria non escludono a priori un’eventuale alterazione degli scambi tra Stati membri (sentenze della Corte 21 marzo 1990, causa C 142/87, Belgio/Commissione, detta «Tubemeuse», Racc. pag. I 959, punto 43; 14 settembre 1994, cause riunite da C 278/92 a C 280/92, Spagna/Commissione, Racc. pag. I 4103, punto 42, e sentenza Altmark, citata nel precedente punto 39, punto 81).
45 La Corte ha sottolineato inoltre che non è affatto escluso che una sovvenzione pubblica, concessa a un’impresa attiva solo nella gestione di servizi di trasporto locale o regionale e non di servizi di trasporto al di fuori del suo Stato d’origine, possa incidere nondimeno sugli scambi tra Stati membri ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Infatti, quando uno Stato membro concede una sovvenzione pubblica a un’impresa, la fornitura di servizi di trasporto da parte della suddetta impresa può risultarne invariata o incrementata, con la conseguenza che le opportunità delle imprese aventi sede in altri Stati membri di fornire i loro servizi di trasporto sul mercato di tale Stato membro ne risultano diminuite (sentenza Altmark, citata nel precedente punto 39, punti 77 e 78).
46 Nel caso di specie, per quanto concerne, in primo luogo, il presupposto riguardante l’incidenza sulla concorrenza, occorre constatare anzitutto che il regime di aiuti in questione concerne una specifica categoria di imprese, ossia le società ex lege n. 142/90.
47 Tuttavia la Repubblica italiana deduce che i provvedimenti in questione non alterano la concorrenza, dal momento che le società ex lege n. 142/90 opererebbero nell’ambito dei servizi pubblici, settore sottratto alla concorrenza.
48 Se si guarda al contesto in cui sono state istituite le società ex lege n. 142/90, i settori cui erano principalmente destinate le misure in questione sono, come si ricava dal punto 32 della decisione controversa, quelli dei servizi pubblici locali, quali la distribuzione e depurazione dell’acqua, i trasporti pubblici, la distribuzione del gas, dell’elettricità, lo smaltimento dei rifiuti, la vendita al dettaglio dei prodotti farmaceutici.
49 Orbene, occorre evidenziare che, come indicato dalla Commissione nei punti 73 e 84 della decisione controversa, alcuni dei settori interessati, quali quelli della vendita al dettaglio dei prodotti farmaceutici, dei rifiuti, del gas e dell’acqua, erano contrassegnati da un certo grado di concorrenza all’epoca dell’entrata in vigore delle misure in questione.
50 Va rilevato inoltre, come fatto dalla Commissione, che, nei settori di attività delle società ex lege n. 142/90, le imprese concorrono per aggiudicarsi le concessioni di servizi pubblici locali nei diversi comuni e che il mercato delle dette concessioni è un mercato aperto alla concorrenza (punti 67 e 68 della decisione controversa).
51 L’argomento della Repubblica italiana, secondo il quale non esisterebbe nessuna concorrenza nel settore dei servizi pubblici locali, dato che questi ultimi sarebbero attribuiti intuitu personae, dev’essere respinto. Da un lato, l’attribuzione intuitu personae non inficia la constatazione effettuata nei punti precedenti, secondo la quale il mercato di cui trattasi era contrassegnato quanto meno da un certo grado di concorrenza. Dall’altro, l’argomento tenderebbe piuttosto a dimostrare gli effetti restrittivi del provvedimento in questione sulla concorrenza e non la mancanza di concorrenza sul mercato interessato. Infatti, come sottolinea la Commissione nel punto 71 della decisione controversa, non si può escludere che l’esistenza stessa dell’aiuto in favore delle società ex lege n. 142/90 abbia creato un incentivo per i comuni ad affidare loro direttamente i servizi anziché rilasciare concessioni mediante gare d’appalto.
52 Per quanto riguarda specificamente la questione della possibilità che il provvedimento in questione abbia falsato o rischiato di falsare il grado di concorrenza esistente sul mercato, va constatato che la misura di cui trattasi ha rafforzato la posizione concorrenziale delle società ex lege n. 142/90 rispetto a tutte le altre imprese italiane o straniere operanti sul mercato interessato. Come rileva giustamente la Commissione nel punto 62 della decisione controversa, le imprese la cui forma giuridica non sia quella di società per azioni, e il cui capitale non sia maggioritariamente detenuto da enti locali, si trovano in posizione svantaggiata qualora intendano gareggiare per l’aggiudicazione della fornitura di un determinato servizio in un certo territorio.
53 Inoltre, i provvedimenti in questione possono facilitare l’espansione delle società ex lege n. 142/90 su altri mercati aperti alla concorrenza, producendo così effetti distorsivi pure in settori diversi da quelli dei servizi pubblici locali. In tale contesto, dalla legge n. 142/90, nell’interpretazione datane dalla Corte suprema di cassazione con sentenza 6 maggio 1995, n. 4989, e dal Consiglio di Stato con sentenza 3 settembre 2001, n. 4586, si evince che le società ex lege n. 142/90 hanno facoltà di operare in zone diverse sia in Italia che all’estero e in ambiti diversi da quelli dei servizi pubblici indicati dal loro statuto, salvo il caso in cui ciò distolga risorse e mezzi in misura apprezzabile e tale da recar danno alla collettività di riferimento. Del resto, dagli articoli di stampa allegati al controricorso risulta che almeno talune delle società ex lege n. 142/90 hanno esercitato attività diverse da quelle di pubblico servizio indicate nel loro statuto, e ciò in zone diverse dal loro comune di riferimento.
54 Da quanto precede risulta che le misure controverse falsano o minacciano di falsare la concorrenza ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.
55 Per quanto concerne il presupposto relativo all’incidenza sugli scambi interstatali, occorre ricordare anzitutto che la circostanza che le società ex lege n. 142/90 operino soltanto sul loro mercato nazionale o sul loro territorio di origine non è determinante. Infatti, gli scambi interstatali sono alterati dal provvedimento in questione quando le opportunità delle imprese con sede in altri Stati membri, di fornire i loro servizi sul mercato italiano, si trovano ridotte (v. il precedente punto 45).
56 Pertanto, la Commissione ha constatato giustamente, nel punto 70 della decisione controversa, che il provvedimento in questione poteva creare un ostacolo alle imprese straniere che intendessero installarsi o vendere i loro servizi in Italia e quindi incideva sugli scambi intracomunitari, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.
57 Infatti, da un lato, le misure in esame danneggiano le imprese straniere partecipanti a gare per concessioni locali di servizi pubblici in Italia, dato che le imprese pubbliche beneficiarie del regime in oggetto possono concorrere a prezzi più competitivi rispetto ai loro concorrenti nazionali o comunitari che non ne beneficiano. Dall’altro, i provvedimenti in questione rendono meno attraente per le imprese di altri Stati membri investire nel settore dei servizi pubblici locali in Italia (ad esempio, mediante acquisto di una partecipazione di maggioranza), poiché le aziende eventualmente acquisite non potrebbero beneficiare (o potrebbero perdere i benefici) del regime di cui trattasi, in conseguenza della natura dei nuovi azionisti (v. il punto 69 della decisione controversa).
58 Da quanto precede risulta che la Commissione non ha commesso errori, ritenendo che i presupposti relativi all’incidenza sugli scambi e alla distorsione della concorrenza fossero soddisfatti nel caso di specie. Di conseguenza, la prima parte del primo motivo dev’essere respinta.
Sul vantaggio selettivo delle misure controverse
59 L’art. 87, n. 1, CE vieta gli aiuti che «favor[iscano] talune imprese o talune produzioni», vale a dire gli aiuti selettivi (v. sentenza della Corte 15 dicembre 2005, causa C 66/02, Italia/Commissione, Racc. pag. I 10901, punto 94).
60 In merito alla valutazione del requisito della selettività, che è un elemento costitutivo della nozione di aiuto di Stato, da una giurisprudenza costante risulta che l’art. 87, n. 1, CE richiede di stabilire se, nell’ambito di un dato regime giuridico, un provvedimento statale sia tale da favorire talune imprese o talune produzioni rispetto ad altre che si trovino in una situazione di fatto e di diritto analoga, tenuto conto dell’obiettivo perseguito dal detto regime (v. sentenza della Corte 6 settembre 2006, causa C 88/03, Portogallo/Commissione, Racc. pag. I 7115, punto 54, e giurisprudenza ivi citata).
61 Inoltre, secondo giurisprudenza costante, la nozione di aiuto comprende tutti gli interventi che, in forme diverse, riducono i costi che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che pertanto, pur senza essere sovvenzioni in senso proprio, hanno la medesima natura e producono effetti identici (sentenza della Corte 15 marzo 1994, causa C 387/92, Banco Exterior de España, Racc. pag. I 877, punti 13 e 14).
a) Sull’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa
62 Nel caso di specie, uno dei provvedimenti in questione consiste in un’esenzione totale dall’imposta sul reddito d’impresa di durata triennale, valida comunque non oltre l’esercizio 1999, a favore di tutte le società ex lege n. 142/90.
63 È innegabile che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa riduce i costi che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e attribuisce di conseguenza un vantaggio economico ai suoi beneficiari rispetto alle imprese normalmente soggette all’imposta.
64 A questo proposito, dal regime fiscale italiano applicabile alle società di capitali si evince che l’applicazione normale di tale regime comporta che l’imposta sui redditi è dovuta da tutte le imprese operanti sul mercato, e che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa rappresenta una deroga al detto regime. Dato che solo le società ex lege n. 142/90 godevano di queste esenzioni fiscali, che non sono state concesse né alle imprese di altri settori o ad altre imprese del medesimo settore, né alle imprese i cui azionisti fossero principalmente soggetti privati, si può considerare dimostrato il carattere selettivo delle citate esenzioni.
65 Inoltre, dalla natura e dalla durata limitata, pari a tre anni dall’acquisizione dello status di persona giuridica o al massimo sino alla fine dell’esercizio fiscale 1999, dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa risulta in modo manifesto che quest’ultima non è giustificata dalla natura e dall’economia del sistema tributario di cui trattasi.
66 Infine, l’argomento della Repubblica italiana, secondo il quale si tratta del medesimo regime giuridico applicabile sostanzialmente alle aziende municipalizzate, non rimette in discussione la natura selettiva dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa. A questo proposito occorre rilevare che la natura selettiva di un provvedimento si valuta rispetto alla totalità delle imprese, e non nei confronti delle imprese beneficiarie di una medesima agevolazione all’interno di un medesimo gruppo. Infatti, anche ipotizzando che le aziende municipalizzate abbiano goduto pure loro del provvedimento in questione, ciò nondimeno il provvedimento fiscale avrebbe avvantaggiato solo un determinato gruppo di imprese e risulta pertanto selettivo.
b) Sui prestiti della CDDPP
67 Tra i provvedimenti menzionati nel precedente punto 61 compaiono i prestiti concessi dallo Stato, o da un ente controllato dallo Stato, a un’impresa e che consentono a quest’ultima di godere di condizioni più vantaggiose di quelle che esse avrebbe ottenuto sul mercato dei capitali. Se ciò fosse vero si tratterebbe, al pari di un prestito a tasso ridotto, di un vantaggio economico ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.
68 La Repubblica italiana nega che i prestiti in questione attribuiscano un vantaggio alle imprese che ne hanno beneficiato, in quanto i tassi della CDDPP corrispondono a quelli di mercato.
69 Dai punti 56 e 57 della decisione controversa si evince che la Commissione, per stabilire se i prestiti concessi dalla CDDPP alle società ex lege n. 142/90 potessero favorirle, ha raffrontato i tassi d’interesse applicati dalla CDDPP ai tassi d’interesse che dette imprese avrebbero ottenuto nello stesso arco di tempo sul mercato dei capitali.
70 Infatti, la Commissione ha adottato come tasso di riferimento quello stabilito per la valutazione dei regimi di aiuto a finalità regionale, pubblicato periodicamente sulla Gazzetta ufficiale. Come rilevato dalla Commissione, si tratta di tassi di favore, applicabili ad imprese sane, che sarebbero stati utilizzati per determinare l’esistenza di elementi di aiuto qualora il regime controverso fosse stato notificato. Questa linea di condotta deve ritenersi legittima (v., in tal senso ,sentenze della Corte 3 luglio 2003, causa C 457/00, Belgio/Commissione, Racc. pag. I 6931, punto 72, e 29 aprile 2004, causa C 278/00, Grecia/Commissione, Racc. pag. I 3997, punto 62). Per di più, ciò non è stato criticato dalla Repubblica italiana.
71 Per lo stesso motivo, occorre ritenere che i tassi proposti dalle autorità italiane non possono essere considerati come tassi di riferimento. Come affermato dalla Repubblica italiana, si tratta di tassi minimi stabiliti con decreto del Ministero del Tesoro per i prestiti bancari agli enti pubblici territoriali. Come evidenziato dalla Commissione, questi tassi non vengono stabiliti conformemente alle condizioni del mercato, poiché sono determinati in funzione di altri criteri stabiliti dall’autorità pubblica. Inoltre, dato che gli enti pubblici territoriali presentano un rischio inferiore rispetto a un’impresa, non sembra corretto adottare questi tassi come tassi di riferimento per paragonarli con quelli della CDDPP.
72 Ad ogni modo va rilevato che, per gran parte del periodo preso in considerazione, i tassi della CDDPP erano inferiori ai tassi bancari massimi applicabili agli enti locali.
73 La tesi della Repubblica italiana secondo la quale, dato che i prestiti della CDDPP sono prestiti a lungo termine, è probabile che, nella prospettiva di un abbassamento generalizzato dei tassi d’interesse, quelli applicati dalle banche dovessero situarsi a un livello inferiore a quello massimo autorizzato dalla legge, dev’essere respinto. A questo riguardo, la Repubblica italiana non ha suffragato questa tesi con prove concernenti il periodo rilevante (1994-1998).
74 Di conseguenza, la Commissione poteva giustamente concludere che i prestiti della CDDPP concessi a un tasso ridotto rispetto a quello di riferimento procuravano un vantaggio economico per le società ex lege n. 142/90, ossia per talune imprese, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.
75 Da quanto sin qui esposto si evince che la seconda parte del primo motivo dev’essere respinta.
Sull’osservanza dell’obbligo di motivazione
76 Occorre rammentare anzitutto che l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 253 CE costituisce una formalità sostanziale, che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, che concerne la legittimità sostanziale dell’atto controverso. In questa prospettiva, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (sentenze della Corte 22 marzo 2001, causa C 17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I 2481, punto 35, e Italia/Commissione, citata nel precedente punto 42, punto 48).
77 È importante precisare poi che l’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o qualsiasi altra persona , che detto atto riguardi direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per decidere se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’art. 253 CE si devono tener presenti non solo il suo tenore, ma anche il suo contesto ed il complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza Francia/Commissione, citata nel precedente punto 76, punto 36, e sentenza Italia/Commissione, citata nel precedente punto 42, punto 48).
78 Si deve ricordare infine che, benché nella motivazione della sua decisione la Commissione debba quanto meno menzionare le circostanze nelle quali un aiuto è stato concesso, ove esse permettano di dimostrare che l’aiuto è atto a incidere sul commercio intracomunitario (sentenza della Corte 14 ottobre 1987, causa 248/84, Germania/Commissione, Racc. pag. 4013, punto 18), essa non è tenuta a dimostrare l’effetto reale degli aiuti già concessi. Se così fosse, infatti, questo requisito finirebbe col favorire gli Stati membri che versano aiuti violando il dovere di notifica previsto dall’art. 88, n. 3, CE, a detrimento di quelli che notificano il piano di aiuti (v., in tal senso , sentenza della Corte 14 febbraio 1990, causa C 301/87, Francia/Commissione, detta «Boussac», Racc. pag. I 307, punto 33).
79 Nel caso in esame, è sufficiente osservare in merito che la decisione controversa indica chiaramente ed applica al caso di specie i criteri che una misura deve soddisfare per costituire un aiuto di Stato.
80 Anzitutto, nei punti 61-75 della decisione controversa la Commissione ha spiegato in termini generali per quali ragioni i provvedimenti in questione fossero tali da alterare la concorrenza e da incidere sugli scambi intracomunitari.
81 Per l’esattezza, nei punti 66-68 della decisione controversa la Commissione ha sottolineato che, nel caso di specie, si trattava dei settori dei servizi pubblici locali, spesso contrassegnati dalla possibilità di essere forniti in regime di esclusiva e per i quali, pertanto, le imprese concorrevano soprattutto per aggiudicarsi le concessioni nei diversi comuni.
82 Inoltre, dopo aver sottolineato, nel punto 68 della decisione controversa, che il mercato delle concessioni dei servizi pubblici locali è un mercato aperto alla concorrenza comunitaria e soggetto alle norme del Trattato CE, nel punto 69 della decisione controversa la Commissione ha illustrato per quali ragioni i provvedimenti in questione potevano alterare il commercio intracomunitario, citando a titolo di esempio il fatto che le imprese pubbliche beneficiarie del regime di cui trattasi potevano proporre prezzi più competitivi dei loro concorrenti nazionali o comunitari, che non profittavano del detto regime. Inoltre, nei punti 73 e 74 della decisione controversa la Commissione ha dichiarato che i provvedimenti in questione potevano incidere parimenti sugli scambi intracomunitari per ragioni diverse da quelle esposte.
83 Infine, per quanto riguarda il presunto difetto di motivazione riguardante il vantaggio derivante dall’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, basti rilevare che la Commissione ha spiegato in modo sufficiente, nei punti 52-54 della decisione controversa, le ragioni per le quali questo provvedimento poteva rafforzare la posizione dei beneficiari rispetto ai loro concorrenti e l’effetto che la medesima misura poteva produrre sul mercato.
84 Pertanto, alla luce dei criteri ricavabili dalla giurisprudenza, non risulta che la Commissione sia venuta meno, nel caso di specie, all’obbligo di motivare sufficientemente la decisione controversa per quanto concerne il vantaggio derivante dall’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa e l’incidenza sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri.
85 In considerazione di ciò, anche la terza parte del primo motivo dev’essere respinta.
86 Ne consegue che il primo motivo va integralmente respinto.
2. Sul secondo motivo, relativo ad un errore nella qualificazione dei provvedimenti in questione come aiuti nuovi
Argomenti delle parti
87 Con il presente motivo, la Repubblica italiana sostiene che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa è un aiuto esistente e che, di conseguenza, con la decisione controversa la Commissione ha violato l’art. 88, n. 1, CE. Essa sostiene che la gestione in regime di monopolio dei servizi di interesse pubblico da parte dei comuni e delle aziende municipalizzate è stata esentata da imposta sin dall’entrata in vigore della legge 6 agosto 1954, n. 603 (GURI n. 182, dell’11 agosto 1954) e che il contenuto del regime iniziale, malgrado i mutamenti avvenuti nel frattempo in seguito all’adozione di numerosi testi legislativi, non è stato sostanzialmente modificato. La Repubblica italiana critica l’affermazione contenuta nella decisione controversa secondo la quale, poiché una nuova normativa ha esteso l’oggetto dei beneficiari del regime nonché i loro settori e territori di attività, al caso di specie non andrebbe applicato il principio stabilito dalla sentenza della Corte 9 agosto 1994, causa C 44/93, Namur-Les assurances du crédit (Racc. pag. I 3829, in prosieguo: la «sentenza Namur»).
88 Inoltre la Repubblica italiana, senza fare espresso riferimento all’art. 1, lett. b), v), del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE](GU L 83, pag. 1), sostiene che la qualificazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come aiuto esistente discende parimenti dalla circostanza che, all’atto dell’introduzione della detta esenzione, i mercati erano sottratti alla concorrenza. Inoltre, essa sostiene che il medesimo ragionamento vale per i prestiti della CDDPP.
89 La Commissione, facendo rinvio ai punti 86-91 della decisione controversa, sostiene che nessuna delle due condizioni enunciate nella sentenza Namur, citata nel precedente punto 87, è soddisfatta nel caso di specie.
Giudizio del Tribunale
90 Nel punto 13 della sua sentenza Namur, citata nel precedente punto 87, la Corte ha dichiarato che emerge sia dalla lettera sia dalla finalità delle disposizioni dell’art. 88 CE che devono essere considerati aiuti esistenti ai sensi dell’art. 88, n. 1, CE gli aiuti che esistevano prima della data di entrata in vigore del Trattato CE e quelli cui sia stata regolarmente data esecuzione alle condizioni previste dall’art. 88, n. 3, CE, ivi compresi quelli risultanti dall’interpretazione data a tale articolo dalla Corte nella sentenza 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz (Racc. pag. 1471, punti 4 6), mentre devono considerarsi aiuti nuovi, soggetti all’obbligo di notifica previsto da quest’ultima disposizione, i provvedimenti diretti ad istituire o modificare aiuti, con la precisazione che le modifiche possono vertere vuoi su aiuti esistenti, vuoi su progetti iniziali notificati alla Commissione.
91 Per quanto concerne gli aiuti esistenti, l’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999 ha ripreso e sancito le norme fissate dalla giurisprudenza.
92 Ai sensi di questa disposizione, costituisce aiuto esistente:
i) qualsiasi aiuto esistente nello Stato membro interessato prima dell’entrata in vigore del Trattato CE;
ii) qualsiasi aiuto autorizzato, ossia i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che siano stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio;
iii) qualsiasi aiuto che si possa considerare autorizzato in caso di mancata adozione, da parte della Commissione, di una decisione entro il termine di due mesi, in linea di principio decorrenti dal giorno successivo a quello del ricevimento della sua notificazione completa, e di cui la Commissione dispone al fine di effettuare un esame preliminare;
iv) qualsiasi aiuto nei confronti del quale sia scaduto il termine di prescrizione decennale in materia di recupero;
v) qualsiasi aiuto considerato esistente in quanto possa essere dimostrato che al momento della sua attuazione non costituiva aiuto, ma lo sia diventato successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro. Qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un’attività da parte del diritto comunitario, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione.
93 Inoltre, ai sensi dell’art. 1, lett. c), del detto regolamento, qualsiasi modifica di un aiuto esistente dev’essere considerata come aiuto nuovo.
94 In sostanza, le misure dirette a istituire aiuti o a modificare aiuti esistenti costituiscono aiuti nuovi. In particolare, quando la modifica incide sul regime iniziale proprio a livello dei suoi contenuti, questo regime si trova trasformato in un nuovo regime di aiuti. Tuttavia, non può parlarsi di una siffatta modifica sostanziale qualora l’elemento nuovo sia chiaramente separabile dal regime iniziale (sentenza del Tribunale 30 aprile 2002, cause riunite T 195/01 e T 207/01, Government of Gibraltar, Racc. pag. II 2309, punti 109 111).
95 Nel caso di specie, è pacifico che i provvedimenti in questione non rientrano nella seconda, terza e quarta ipotesi previste dall’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999, le quali consentono di considerare un provvedimento di aiuti come aiuto esistente. Per di più, queste ultime non sono state richiamate dalla Repubblica italiana.
96 Per quanto riguarda la prima ipotesi prevista dall’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999, occorre rilevare anzitutto che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa è stata istituita mediante il decreto legge n. 331/93 e mediante la legge n. 549/95. Nel 1990, quando la legge n. 142/90 ha varato una riforma degli enti giuridici a disposizione dei comuni al fine di gestire i servizi pubblici locali, che comprendeva la facoltà di istituire società a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico, per queste società non è stata prevista nessuna esenzione dall’imposta sul reddito d’impresa.
97 Infatti, tutte le società ex lege n. 142/90 costituite tra il 1990 e l’entrata in vigore, il 30 agosto 1993, dell’art. 66 del decreto legge n. 331/93 erano soggette all’imposta sui redditi.
98 Di conseguenza, come giustamente sostenuto dalla Commissione nel punto 91 della decisione controversa, per estendere alle società ex lege n. 142/90 il regime fiscale applicabile agli enti locali, il legislatore italiano ha dovuto adottare una nuova legislazione vari decenni dopo l’entrata in vigore del Trattato CE.
99 Inoltre, anche ipotizzando che l’esenzione dalle imposte per le imprese municipalizzate sia stata introdotta prima dell’entrata in vigore del Trattato CE e che essa sia rimasta in vigore sino al 1995, resta pur vero che le società ex lege n. 142/90 si distinguono sostanzialmente dalle imprese municipalizzate. Ebbene, l’estensione delle agevolazioni fiscali esistenti per le imprese municipalizzate e speciali a una nuova categoria di beneficiari, quali le società ex lege n. 142/90, costituisce una modifica separabile dal regime iniziale. Infatti, come rilevato nella sentenza del Consiglio di Stato 3 settembre 2001, n. 4586, esistono differenze giuridiche tra le società ex lege n. 142/90 e le imprese municipalizzate dovute al fatto che, in particolare, le prime non sono soggette alla rigorosa limitazione territoriale imposta alle seconde e che la sfera d’attività delle prime è molto più estesa. Infatti, come già sottolineato nel precedente punto 53, le società ex lege n. 142/90 hanno la facoltà di operare al di fuori del territorio di riferimento, sia in Italia che all’estero, e in ambiti diversi da quello del servizio pubblico previsto dal loro statuto, a meno che ciò non sottragga risorse e mezzi in misura rilevante e tale da recar danno alla collettività di riferimento.
100 Di conseguenza, come spiegato dalla Commissione nel punto 92 della decisione controversa, anche se le società ex lege n. 142/90 sono subentrate nei diritti e nei doveri delle imprese municipalizzate, la normativa che stabilisce la loro sfera di attività materiale e geografica è mutata a livello sostanziale.
101 Di conseguenza, è giocoforza concludere che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, istituita dal combinato disposto degli artt. 3, n. 70, della legge n. 549/95, e 66, comma 14, del decreto legge n. 331/93 non rientra nella sfera dell’art. 1, lett. b), i), del regolamento n. 659/1999.
102 Per quanto concerne i prestiti della CDDPP, occorre ricordare che la decisione impugnata riguarda unicamente i prestiti concessi alle società ex lege n. 142/90. Inoltre, per i motivi già illustrati, se uno Stato membro estende agevolazioni già esistenti per altri enti a una nuova categoria di beneficiari, il provvedimento costituisce un aiuto nuovo. Nel caso di specie, dato che la possibilità di godere dei prestiti della CDDPP (agevolazioni in precedenza concesse ai comuni, alle aziende municipali e alle società speciali) è stata estesa alle società ex lege n. 142/90, si tratta di un aiuto nuovo.
103 Quanto alla seconda tesi della Repubblica italiana, basata sull’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, occorre rilevare che questa disposizione può applicarsi solo a provvedimenti che non costituivano aiuti all’atto della loro introduzione. A questo proposito basti rilevare, come spiegato dalla Commissione nei punti 83-85 della decisione impugnata, che le misure in questione sono state introdotte in un momento in cui i mercati erano comunque aperti alla concorrenza, anche se assai verosimilmente a diversi livelli. Di conseguenza, occorre giudicare che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non ricade nell’ambito dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999.
104 Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre giudicare che i provvedimenti in questione non costituiscono un aiuto esistente. Di conseguenza, il secondo motivo dev’essere respinto.
3. Sul terzo motivo, attinente ad un’errata applicazione dell’art. 86, n. 2, CE
Argomenti delle parti
105 Con questo motivo la Repubblica italiana sostiene essenzialmente che i beneficiari dei provvedimenti in questione svolgono un’attività di interesse economico generale e che, di conseguenza, è loro applicabile la deroga prevista dall’art. 86, n. 2, CE.
106 La Commissione fa rilevare che il versamento di un aiuto può sfuggire al divieto previsto dall’art. 87 CE, applicando l’art. 86, n. 2, CE, a condizione, in particolare, che l’aiuto di cui trattasi abbia l’unico scopo di compensare i costi supplementari generati dall’adempimento della funzione di interesse economico generale, e che la sua concessione risulti necessaria affinché la suddetta impresa possa garantire il rispetto degli obblighi di servizio pubblico ad essa imposti in condizioni di equilibrio economico. La Repubblica italiana non avrebbe dimostrato, né durante il procedimento amministrativo né in occasione del presente giudizio, che questo fosse il caso dei provvedimenti in questione.
Giudizio del Tribunale
107 È importante anzitutto sottolineare che, nel caso di specie, si dibatte su un regime di aiuti. Di conseguenza, occorre dimostrare che questo regime soddisfa di per sé tutti i presupposti o per poter sfuggire alla qualificazione di aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, o per poter godere della deroga prevista dall’art. 86, n. 2, CE.
108 A questo proposito occorre ricordare che un intervento statale , il quale costituisca una compensazione diretta a rappresentare la contropartita delle prestazioni effettuate dalle imprese beneficiarie per assolvere obblighi di servizio pubblico, tale che le dette imprese non traggano, in realtà, un vantaggio finanziario e che il suddetto intervento non abbia quindi l’effetto di collocarle in una posizione concorrenziale più favorevole rispetto a quelle che fanno loro concorrenza, non rappresenta, in linea di principio, un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE (v., in tal senso , sentenza Altmark, citata nel precedente punto 39, punto 87).
109 Tuttavia, affinché una siffatta compensazione possa sottrarsi alla qualificazione di aiuto di Stato, devono ricorrere cumulativamente taluni presupposti. Di questi fa parte la condizione secondo cui l’impresa beneficiaria dev’essere effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico, che devono essere definiti in modo chiaro (sentenza Altmark, citata nel precedente punto 39, punto 89), nonché quella che impone che la compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire interamente o in parte i costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto dei relativi introiti nonché di un margine di utile ragionevole per il suddetto adempimento (sentenza Altmark, cit., punto 92).
110 Occorre rilevare che l’adozione della decisione controversa è precedente alla pronuncia della sentenza Altmark, citata nel precedente punto 39. Tuttavia, i criteri enunciati nella detta sentenza, risultanti da un’interpretazione dell’art. 87, n. 1, CE, sono pienamente applicabili alla situazione di fatto e di diritto della presente fattispecie quale si presentava alla Commissione allorché ha adottato la decisione controversa (v., in tal senso , sentenza del Tribunale 12 febbraio 2008, causa T 289/03, BUPA e a./Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 158).
111 La prima condizione enunciata nella sentenza Altmark, citata nel precedente punto 39, secondo cui l’impresa beneficiaria dev’essere effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico, si applica parimenti nel caso in cui si invochi la deroga prevista dall’art. 86, n. 2, CE.
112 In entrambi i casi, un provvedimento deve comunque soddisfare, da un lato, i principi di definizione ed attribuzione di pubblico servizio e, dall’altro, il principio di proporzionalità (v., in tal senso , sentenza BUPA e a./Commissione, citata nel precedente punto 110, punto 160).
113 A questo proposito occorre rilevare che la Repubblica italiana non ha fornito nessuna precisazione né per quanto riguarda i presupposti enunciati nella sentenza Altmark, citata nel precedente punto 39, né per quanto riguarda le condizioni per l’applicazione dell’art. 86, n. 2, CE. Infatti, l’unico argomento dedotto dalla Repubblica italiana è che le imprese costituite in osservanza della legge n. 142/90 esercitano un’attività di interesse economico pubblico e, di conseguenza, che le norme in materia di aiuti di Stato non dovrebbero essere loro applicabili.
114 Occorre parimenti constatare, alla luce della struttura del regime di aiuti in questione, che la legge n. 142/90 non può essere qualificata come atto di pubblica potestà, recante istituzione e definizione di una misura particolare, consistente nella prestazione di servizi pubblici locali nel rispetto di obblighi specificamente indicati. Inoltre questa legge non definisce, in modo chiaro e preciso, gli obblighi di servizio pubblico che sarebbero in discussione.
115 Di conseguenza, si deve concludere che il presupposto concernente i principi di definizione ed attribuzione di funzioni di pubblico servizio non è soddisfatto.
116 Ne discende che il terzo motivo non può essere accolto.
4. Sul quarto motivo, riguardante la violazione delle norme di procedura a causa del carattere incompleto dell’istruttoria
Argomenti delle parti
117 La Repubblica italiana sostiene che la Commissione, nella decisione controversa, ha effettuato un’analisi astratta, che non tiene conto dei fatti rilevanti, in violazione delle norme di procedura in materia di aiuti di Stato. Nella decisione controversa la Commissione si sarebbe limitata a fare riferimento, in modo astratto, a talune attività economiche e non avrebbe preso in considerazione né le condizioni concrete del mercato italiano dei servizi pubblici, né le attività effettivamente svolte dai beneficiari. Dato che i provvedimenti in questione non costituiscono aiuti di Stato o, in subordine, costituiscono aiuti esistenti, le autorità italiane non avrebbero giustamente sottoposto alla Commissione casi specifici ai fini di una valutazione individuale. Qualora la Commissione avesse nutrito dubbi circa l’esatta qualificazione di questi provvedimenti, sarebbe stato suo dovere verificare l’eventuale esistenza di casi particolari.
118 La Commissione fa valere l’irricevibilità del presente motivo, in quanto nuovo ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura. Nell’ipotesi in cui esso fosse considerato parzialmente ricevibile, la Commissione ne critica la fondatezza.
Giudizio del Tribunale
119 Per quanto concerne, in primo luogo, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione, basta constatare che la Repubblica italiana, nel suo ricorso, ha dichiarato che la Commissione non poteva omettere di effettuare un esame dell’attività dei beneficiari dei provvedimenti in questione e della loro importanza all’interno del mercato nazionale e di quello comunitario, per poter essere in grado di valutare se detti provvedimenti fossero tali da incidere sul commercio tra Stati membri.
120 Di conseguenza, l’argomento di cui si eccepisce l’irricevibilità è stato dedotto a sostegno della domanda d’annullamento della decisione controversa.
121 Pertanto, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità e dichiarare ricevibile il presente motivo.
122 Per quanto riguarda, in secondo luogo, la fondatezza del presente motivo, occorre ricordare che nel caso di specie si dibatte in merito alla valutazione di un regime di aiuti di applicazione generale.
123 Occorre parimenti ricordare che, conformemente al regolamento n. 659/1999 ed alla giurisprudenza, la Commissione non è tenuta ad analizzare i provvedimenti individuali concessi in base ad un regime di aiuti. Basta che la Commissione si limiti a studiare le caratteristiche del programma in questione onde stabilire se, a causa delle modalità previste dal programma, quest’ultimo dia un notevole vantaggio ai beneficiari rispetto ai loro concorrenti e sia tale da favorire essenzialmente imprese che partecipano agli scambi fra Stati membri (sentenze della Corte Germania/Commissione, citata nel precedente punto 78, punto 18, e Italia/Commissione, citata nel precedente punto 42, punto 89).
124 Nel caso di specie, l’analisi svolta dalla Commissione nella decisione controversa, benché generale nel senso in cui essa verte sull’insieme dei settori oggetto dei provvedimenti in questione, concerne tuttavia gli effetti che queste misure possono avere sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri. La decisione controversa non doveva contenere un’analisi degli aiuti concessi in casi individuali in base al regime. Ad ogni modo, risulta dagli atti che la Commissione non ha mai ricevuto, da parte della Repubblica italiana o delle imprese manifestatesi presso di essa in occasione del procedimento amministrativo, tutte le informazioni necessarie che le consentissero di esaminare le posizioni individuali dei presunti beneficiari.
125 Da quanto sin qui esposto si evince che il quarto motivo dev’essere respinto.
126 Alla luce di tutte le considerazioni sin qui esposte, occorre respingere integralmente il ricorso.
Sulle spese
127 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese nonché quelle della Commissione.
Martins Ribeiro
Šváby
Papasavvas
Wahl
Dittrich
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 giugno 2009.
Firme