giovedì, Maggio 2, 2024
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INQUINAMENTO PROBATORIO: Non basta intimare al coimputato di tacere con il giudice per far scattare il reato di cui all’articolo 377 bis Cp

 Il giudizio va difeso da ingerenze “esterne” sul procedimento probatorio: compie dunque un reato chi induce a tacere o a mentire la persona che pure può avvalersi della facoltà di non rispondere, come l’imputato, il coimputato o l’imputato in reato connesso. Affinché si configuri il reato di cui all’articolo 377 bis Cp, tuttavia, sono necessari due elementi: l’effettiva chiamata del soggetto davanti all’autorità giudiziaria e l’effettivo inquinamento del materiale probatorio. Lo stabilisce la sentenza n. 45626/10 della sesta sezione penale della Cassazione.
La sentenza di merito, nella specie, è cassata senza rinvio: assolti perché «il fatto non sussiste» i due imputati; i quali, accusati di due rapine, avevano scritto dal carcere a un (presunto) complice una lettera dai toni minatori. Il fatto è che il destinatario è arrestato prima di leggerla e che al momento in cui viene scritta la missiva non era stato chiamato a rendere dichiarazioni davanti al giudice. Insomma: l’illecito punito dall’articolo 377 bis Cp non si configura.
È la «soggettività procedimentale» della persona indotta che risulta condizione necessaria per integrare la fattispecie delittuosa: ci troviamo di fronte a un reato “proprio” soltanto quando la persona che pure non è obbligata a rispondere alle domande del giudice sia invece in grado di rendere dichiarazioni utilizzabili nel procedimento.
https://www.giovannifalcone.it/upload/uno.pdf

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