Il sequestro di persona può ben configurarsi anche nel caso in cui la vittima sia un neonato che, evidentemente, non può ribellarsi. E il reato di cui all’articolo 605 Cp può concorrere con la sottrazione di minori di cui all’articolo 574 Cp perché diversi sono i beni giuridici protetti dalle norme incriminatrici. Lo precisa la sentenza n. 6220 del 18 febbraio 2011, emessa dalla quinta sezione penale della Cassazione.
Non è la libertà di movimento il bene giuridico che l’articolo 605 Cp intende tutelare: è invece la libertà fisica in quanto diritto fondamentale che il Codice si ripropone di difendere. Nel caso del minore, e ancor più del neonato, sono i genitori che decidono per lui: se dunque il bambino è portato via contro il consenso di mamma e papà, si deve ritenere implicito il dissenso del piccolo. È questo, in sintesi, il motivo per cui è confermata la custodia in carcere della donna che rubò un bambino dalla culla del reparto di ostetricia dell’ospedale di Nocera Inferiore (Salerno), dove si era introdotta travestita da infermiera. Una conferma dell’interpretazione restrittiva della Corte arriva dal “pacchetto sicurezza”, legge 94/2009, che ha introdotto al comma 3 dell’articolo 605 Cp l’aggravante per i fatti commessi contro i minori di quattordici anni: il fatto che non ci sia una soglia minima di età indica che il legislatore abbia voluto offrire una maggiore tutela ai soggetti più indifesi, dai neonati fino al tetto massimo indicato dalla norma incriminatrice.
Quanto alla “coesistenza” con il reato di sottrazione di minore, essa può ben configurarsi visto che il diverso bene giuridico tutelato dall’articolo 574 Cp è il diritto dell’affidatario dell’incapace a mantenere quest’ultimo sotto la propria custodia.