È ufficiale: la legge “taglia-leggi” voluta dal ministro della Semplificazione Roberto Calderoli non ha abrogato, come pure era stato detto, le disposizioni contro gli alimenti adulterati di cui alla legge 283/62. Lo confermano le motivazioni della sentenza n. 9276 depositate il 9 marzo 2011 dalla terza sezione penale della Cassazione. Che conferma: per configurare la tentata frode alimentare è sufficiente che il prodotto presenti una data di scadenza posteriore a quella vera. Nessuna abrogazione Cominciamo con il “giallo” della (presunta) abolizione della legge 283/62 nell’ambito della semplificazione normativa promossa dal ministro Calderoli. Si può ben giustificare il fatto che la normativa su cibi e bevande non sia espressamente indicata nell’elenco delle leggi da salvare: non avrebbe infatti alcun senso escludere dall’abrogazione, contestualmente e in modo esplicito, la legge 441/63 modificativa della legge 283/62; il tutto risulta coerente con quanto previsto in via generale dall’articolo 14 comma 17 della legge 246/05 (c.d. “taglia-leggi”) che disciplina la sorte generale delle leggi da mantenere in vigore. Quanto alla violazione dell’articolo 515 Cp, qualche pezzo di carne con etichetta “truccata” costa al commerciante ben 1.000 euro di multa. A far scattare la tentata frode in commercio non è necessaria l’effettiva messa in vendita del prodotto, mentre è sufficiente che sia destinata alla commercializzazione la merce che per origine, provenienza, quantità o qualità non corrisponde a quanto indicato, ad esempio, dall’etichetta. Né serve che vi sia stata un’effettiva contrattazione fra l’esercente e il cliente: l’ipotesi delittuosa si configura anche per la mera esposizione sul banco vendita.
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