Spetta al sindaco e al dirigente dell’ufficio tecnico del Comune vigilare sulla sicurezza delle strade: se allora il pedone cade sull’asfalto e si fa male, sono l’amministratore e il manager a trovarsi nella posizione di garanzia e a rischiare la condanna per lesioni personali colpose. E il principio, fatte le debite proporzioni, vale tanto nei piccoli paesi quanto nelle grandi città. È quanto afferma una sentenza depositata il 7 aprile 2011 dalla quarta sezione penale della Cassazione.
Fortuito escluso
Non ci sono dubbi, la bolla d’asfalto su cui cade il passante costituisce un’insidia: risulta difficilmente visibile e non viene affatto segnalata. Non vale a configurare una condotta abnorme in capo al pedone la circostanza che l’infortunio sia avvenuto mentre il passante indietreggiava fra il piano di calpestio della carreggiata e il marciapiede: il comportamento dell’infortunato, che pure può essere indice di disattenzione (è sempre meglio guardare dove si cammina), non è ritenuto un evento eccezionale idoneo a interrompere il nesso causale fra l’esistenza dell’insidia e il verificarsi dell’incidente.
T’incarico e t’incrimino
La posizione di garanzia a carico del dirigente comunale si ricava dalla generale norma di diligenza che impone agli organi dell’amministrazione comunale, politici o tecnici che siano, di vigilare nell’ambito delle rispettive competenze per evitare ai cittadini situazioni di pericolo che possono derivare da un’inadeguata manutenzione e dal mancato controllo delle strade comunali. E nel caso del dirigente fanno fede la delibera comunale ad hoc e il successivo contratto a tempo determinato. Né giova al manager eccepire la questione delle dimensioni dal Comune da monitorare: per gli enti con ambiti territoriali più ampi l’unica differenza che si può cogliere è nell’individuazione del soggetto concretamente responsabile