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RAPPORTO DI LAVORO: Licenziamento illegittimo e diritto alla pensione di vecchiaia

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Sentenza 11.1.2012 n. 154

                           

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio                       –  Presidente   –

Dott. LA TERZA       Maura                          –  Consigliere  –

Dott. BANDINI        Gianfranco                     –  Consigliere  –

Dott. MAISANO        Giulio                         –  Consigliere  –

Dott. MANCINO        Rossana                   –  rel. Consigliere  –

ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 15948-2007 proposto da:

P.A.,- ricorrente –

contro

I.N.P.S. – controricorrente –

avverso la sentenza n. 57/2006 della CORTE D\’APPELLO DI TRENTO,  SEZ. DIST. DI BOLZANO , depositata il 05/01/2007 r.g.n. 41/06;

udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 27/10/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l\’Avvocato PAOLO BOER;

udito l\’Avvocato LUIGI CALIULO per delega  RICCIO ALESSANDRO;

udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. MATERA  Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

1. Con sentenza del 5 gennaio 2007, la Corte d\’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano , respingeva i gravami svolti dall\’INPS e da P.A. contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da quest\’ultimo per l\’accertamento del diritto a percepire il trattamento pensionistico con declaratoria di illegittimità del provvedimento di revoca adottato dall\’INPS, con condanna dell\’istituto al pagamento dei ratei non riscossi dal 20.4.2002 o, in subordine, di annullamento dell\’indebito pensionistico; ed aveva, altresì, rigettato la domanda dell\’INPS alla restituzione dell\’indebito, ritenuta dovuta la riduzione di un quarto della somma pretesa con riferimento al periodo 1996/2000, in applicazione della L. n. 448 del 2001, art. 38.

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– il P. era stato licenziato, per ragioni disciplinari, dalle Ferrovie dello stato il 19.2.1996, sicchè aveva proposto domanda di pensione di anzianità (grazie al raggiungimento del requisito di anzianità per effetto della maggiorazione contributiva riconosciuta agli allora dipendenti F.S.), ma contemporaneamente aveva anche impugnato il licenziamento con ricorso al pretore del lavoro di Verona che ne ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro (ed il risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni spettanti dal giorno del licenziamento), con pronuncia confermata nei gradi di appello e di legittimità;

– il P. aveva esercitato, il 25.3.2000, il diritto di opzione per l\’indennità sostitutiva della reintegrazione, offertagli, e l\’Istituto aveva allora revocato (comunicando detto provvedimento il 29.4.2002) il trattamento di pensione dall\’origine, comunicando (a seguito dell\’istanza volta ad ottenere la pensione dal 25.3.2000) che detta istanza non poteva essere accolta perchè il beneficiario non era più in possesso – in riferimento a detta ultima data – dei requisiti di anzianità contributiva ed anagrafica richiesti ex lege;

– assumeva l\’INPS che l\’inammissibilità/improponibilità del ricorso, per effetto del pregresso giudicato, avrebbe dovuto impedire l\’accoglimento della pretesa anche per la parte relativa al beneficio di parziale irripetibilità delle somme erogate a titolo di pensione;

censurava la decisione sulla parziale non ripetibilità, sul presupposto della mancanza di dolo nel P., stante la consapevolezza dell\’incompatibilità tra trattamento pensionistico e retribuzione per effetto delle pronunce di merito sulla ripetibilità delle somme predette; si doleva della decorrenza degli interessi sulle somme indebite;

– per il P., che proponeva a sua volta gravame, i vizi dell\’atto di recesso non potevano intaccare l\’effetto estintivo del rapporto travolgendo il diritto alla pensione di anzianità.

3. A sostegno del decisum la Corte territoriale riteneva quanto segue:

– le pronunce richiamate dall\’INPS erano prive di efficacia di giudicato nel giudizio non essendosi in quei giudizi trattato il thema decidendo onde l\’infondatezza della domanda di condanna per lite temeraria;

– la pronuncia giudiziale di reintegrazione rendeva inefficace, con effetto ex tunc; il negozio di licenziamento, sicchè alla data della domanda di pensione di anzianità difettava un requisito costitutivo dell\’assegno pensionistico, onde non sussisteva il diritto alla posizione di quiescenza e di qui la correttezza del provvedimento di revoca e la pretesa restitutoria;

– il dolo dell\’istante andava escluso sul presupposto che l\’INPS, successore a titolo particolare delle FF.SS., poteva dolersi, nei confronti delle Ferrovie, dell\’eventuale omessa comunicazione dell\’esistenza della lite, nè poteva onerarsi di oneri di comunicazione fino al momento del passaggio in giudicato della sentenza di reintegrazione o dell\’effettiva reintegra;

– al più, l\’INPS poteva dolersi che il P. non avesse provveduto a dare comunicazione del passaggio in giudicato della pronuncia di reintegrazione ovvero della ricevuta offerta di reintegrazione, benchè a quella data l\’INPS non avesse potestà alcuna, essendo subentrato, all\’INPDAP, in epoca successiva;

– quanto alla richiesta dell\’istante, di parziale sgravio di irripetibilità per i ratei relativi al periodo gennaio 2001-aprile 2002, L. n. 88 del 1989, ex art. 52, non era stato allegato in quale tipo di errore l\’INPS fosse caduto, nè alcun errore incideva nelle determinazioni dell\’ente, onde l\’inapplicabilità della sanatoria prevista da norma eccezionale, e pertanto di stretta interpretazione ed applicazione;

– in punto di rivalutazione, l\’INPS non forniva alcuna giustificazione a sostegno della pretesa, comunque non dovuta trattandosi di debito di valuta;

– quanto agli interessi, infondati i motivi di censura fondati sul giudicato e sull\’esistenza di uno stato soggettivo di dolo;

– la decorrenza degli interessi dal momento della notifica della memoria di costituzione trovava fondamento nel codice di rito;

– infine, quanto alla censura relativa alla regolazione delle spese, non sussisteva ragione di effettiva soccombenza in capo all\’INPS per il solo fatto del riconoscimento ex lege di una quota dell\’indebito, onde la regolazione delle spese veniva informata, per entrambi i gradi, al criterio dell\’integrale compensazione.

4. Avverso l\’anzidetta sentenza della Corte territoriale, P. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi, illustrato con memoria ex art 378 c.p.c..

L\’intimato ha resistito con controricorso.

Diritto

5. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, si duole che i Giudici di merito, per effetto della reintegrazione nel posto di lavoro, abbiano ritenuto venuto meno, ex tunc, il requisito dell\’assenza di un rapporto di lavoro subordinato al momento della presentazione della domanda di pensione. Assume il ricorrente – beneficiario della pensione di anzianità dal 20 febbraio 1996, ai sensi della L. n. 335 del 1995, art. 1, comma 27, lett. b), che alla data del 27 giugno 2001, in cui era stata emessa la sentenza di condanna delle FS al pagamento dell\’indennità sostitutiva della reintegra, non possedeva più nè il requisito di anzianità anagrafica, nè quello di anzianità contributiva richiesti dalla legislazione sopravvenuta (per l\’anzianità contributiva L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 6) – che il requisito di accesso alla pensione di anzianità, una volta storicamente venuto in essere, non poteva venir meno, ex tunc, per effetto della sentenza di reintegra, dovendo verificarsi le condizioni per l\’attribuzione della pensione al momento della richiesta del trattamento. Il motivo si conclude con la formulazione del quesito di diritto.

6. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 88 del 1989, art. 52, censura la sentenza impugnata per non aver ritenuto applicabile il regime previsto dalla predetta disposizione, ricorrendo, invece, nella specie i presupposti applicativi dell\’errore dell\’ente erogatore e della buona fede del percettore, nonchè la definitività del provvedimento che aveva legittimato l\’erogazione della pensione, onde l\’inesigibilità dei ratei erogati. Il motivo si conclude con la formulazione del quesito di diritto.

7. I motivi non sono meritevoli di accoglimento.

8. In particolare, l\’opzione interpretativa fatta propria dal ricorrente, secondo cui il requisito di accesso alla pensione di anzianità, una volta storicamente venuto in essere, non può essere travolto, ex tutte, per effetto della sentenza di reintegra, non trova fondamento nella giurisprudenza di questa Corte.

9. Invero, l\’azione diretta ad invalidare il licenziamento perchè privo di giusta causa o giustificato motivo è da qualificarsi come azione di annullamento (cfr., ex plurimis; Cass. nn. 5092/2001;

459/2011) e, pertanto, la sentenza dichiarativa dell\’illegittimità del licenziamento ha natura costitutiva.

10. Tale sentenza, peraltro, ha effetti retroattivi, statuendo la debenza (ora per allora) di somme dovute al lavoratore, alle quali va riconosciuta natura non solo risarcitoria ma anche retributiva.

11. La previsione legislativa (L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, e successive modifiche) secondo cui la parte datoriale deve essere condannata “al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell\’effettiva reintegrazione”, comporta la non interruzione, de iure, del rapporto di lavoro e del rapporto assicurativo previdenziale collegato a quello lavorativo (cfr., con riferimento alla ricorrenza della tutela reale ex art. 18 legge n. 300/70, ex plurimis, Cass., SU, 11327/1991;

Cass. nn. 2296/1986; 3688/1986; 3013/1989; 15621/2001).

12. Il diritto a pensione del lavoratore discende dal verificarsi dei requisiti di età e contribuzione stabiliti dalla legge, e prescinde del tutto dalla disponibilità di energie lavorative da parte dell\’assicurato che abbia anteriormente perduto il posto di lavoro, ne1 si pone di per sè come causa di risoluzione del rapporto di lavoro, sicchè le utilità economiche che il lavoratore illegittimamente licenziato ne ritrae dipendono da fatti giuridici del tutto estranei al potere di recesso del datore di lavoro, non sono in alcun modo causalmente ricollegabili al licenziamento illegittimamente subito e si sottraggono per tale ragione all\’operatività della regola della compensatio lucri cum damno (v., Cass., SU, 12194/2002).

13. Ben può verificarsi, peraltro, che, in determinati casi, la legge deroghi a quei requisiti, anticipando, in relazione alla perdita del posto di lavoro, l\’ammissione al trattamento previdenziale, di guisa che il rapporto fra pensione e retribuzione venga a porsi in termini di alternatività, ma in altrettanti casi la sopravvenuta declaratoria di illegittimità del licenziamento, facendo venir meno il presupposto della deroga, travolge, ex fune, lo stesso diritto dell\’assicurato a siffatta anticipazione e lo espone all\’azione di ripetizione dell\’indebito da parte del soggetto erogatore della pensione, tant\’è che le relative somme non possono configurarsi come “un lucro compensabile col danno”, cioè come un effettivo incremento patrimoniale del lavoratore, in quanto a fronte della loro percezione vi è un\’obbligazione restitutoria di corrispondente importo (v., Cass. 15068/2009).

14. Quanto allo specifico precedente, richiamato dal ricorrente a sostegno della tesi propugnata, all\’omissione contributiva del datore di lavoro nel periodo compreso tra il licenziamento, dichiarato illegittimo, e la reintegrazione e alla sanzionabilità del ritardato versamento per omissione contributiva, va rilevato che anche in tal caso, muovendo dalla sussistenza dell\’obbligazione retributiva come presupposto della corrispondente obbligazione contributiva, questa Corte ha, da ultimo, riconosciuto che i contributi sono da ritenersi “dovuti”, ai fini dell\’applicazione della L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 217, fin dal momento in cui, in conseguenza degli effetti retroattivi delle pronunce di annullamento del licenziamento illegittimamente intimato, devono essere riconosciute al lavoratore le spettanze economiche in relazione alle quali insorge l\’obbligazione contributiva (ricorrendo, pertanto, anche le omissioni contemplate ai fini dell\’applicabilità della sanzione una tantum di cui alla lettera b) della norma suddetta) (v., sentenza di questa Corte in causa Fondiaria SAI spa c/INPS, r.g.n. 19631/2007).

15. Pertanto, con decisione immune da censure, la Corte di merito, uniformatasi a tali principi, ha correttamente statuito che l\’annullamento del licenziamento e la continuità giuridica del rapporto di lavoro hanno travolto il titolo giustificativo della prestazione pensionistica e reso indebita la prestazione in forza della ricordata fictio iuris (v., con riferimento agli importi eventualmente ricevuti dal lavoratore a titolo di indennità di mobilità, Cass. 10164/2010 e, con riferimento al trattamento pensionistico, Cass. 11134/2004).

16. Passando, infine, all\’esame del secondo motivo, l\’accertamento di merito in ordine all\’inesistenza di un errore dell\’ente erogatore non è stato validamente censurato giacchè il ricorrente ha, inammissibilmente, dedotto una violazione di legge, anzichè correttamente denunciare alla Corte i vizi della motivazione della sentenza impugnata.

17. Il ricorso va, in definitiva, rigettato.

18. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza non sussistendo le condizioni previste dall\’art. 152 disp. att. c.p.c. per l\’esonero dal pagamento delle spese processuali, in relazione alla necessaria indicazione, fin dall\’atto introduttivo del giudizio, dell\’apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante il possesso delle condizioni reddituali previste dalla norma (ex multis, Cass. 10875/2009; Cass. 17197/2010; Cass. 13367/2011).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 30,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2012

 

 

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