mercoledì, Maggio 8, 2024
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PIAZZA ESTERA: L’indennità del bancario va assoggettata a contribuzione obbligatoria e rivalutazione trattamento di pensione

         (Cassazione civile sez. lav., 23 marzo 2012, n.
4691
)

Con ricorso del 23-12-1999 B.M. conveniva in giudizio la società San Paolo
IMI S.p.A., premettendo di aver lavorato alle dipendenze del Banco di Napoli –
poi incorporato nella suddetta società – dal 1972 al 1998 con la qualifica
iniziale di impiegato di prima classe; di avere svolto la propria attività
lavorativa all\’estero dal 1977 in poi e di essere stato promosso al grado di
vice capoufficio, poi di capoufficio, quindi funzionario di direzione ed infine
di vice direttore; di avere percepito in via continuativa un\’indennità di
“piazza estera”, di importo fisso annualmente predeterminato, corrisposta anche
nei periodi di ferie, malattia, trasferta e missione; che, tuttavia, tale
indennità non era mai stata computata ai fini del trattamento di fine rapporto,
nè assoggettata a contribuzione previdenziale; che, con lettera del 22 aprile
1998, il Banco di Napoli aveva disposto il suo trasferimento dalla filiale di
Hong Kong a quella di Napoli a partire dal 27 luglio 1998, nonostante egli
avesse evidenziato le ragioni personali per cui era opportuno procrastinare il
trasferimento; che, in data 22 maggio 1998, aveva rassegnato le proprie
dimissioni con efficacia dal 30 giugno 1998, nel timore che il disposto
trasferimento potesse danneggiare l\’istruzione scolastica dei propri figli; che
all\’epoca di presentazione delle dimissioni, era in corso una procedura di
prepensionamento agevolato in favore dei lavoratori che avessero maturato 30
anni di contribuzione ai quali veniva garantita una maggiorazione del
trattamento di fine rapporto pari ad una o due annualità di stipendio netto; che
egli era stato spinto a rassegnare le proprie dimissioni in quanto il direttore
centrale del Banco di Napoli aveva assicurato che gli sarebbe stato riconosciuto
tale trattamento; che successivamente gli era stato comunicato, invece, con nota
del 23 giugno 1998, che non era possibile inserirlo tra i beneficiari in quanto
era già stato raggiunto il numero di esodi programmati; che non aveva percepito
il trattamento di missione nell\’anno 1995 e pertanto gli spettava la somma di
Lit. 5.062.528;

che, a causa dell\’omissione contributiva da parte della
società datrice di lavoro, egli aveva subito una perdita sul trattamento
pensionistico di L. 1.000.000 mensili; che le sue dimissioni erano state
presentate per giusta causa, in considerazione del comportamento del Banco di
Napoli….

 
SENTENZA INTEGRALE DELLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Cassazione civile sez. lav., 23 marzo 2012, n. 4691

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 10805-2010 proposto da:

xxx S.P.A., quale incorporante del xxxx S.P.A., – ricorrente –

contro

B.M.;

… omissis…

avverso la sentenza n. 7448/2009 della CORTE D\’APPELLO di
NAPOLI,depositata il 19/02/2010 r.g.n. 5289/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
21/12/2011 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE;

udito l\’Avvocato BARBAGALLO FILIPPO;

udito l\’Avvocato VECCHIO FEDERICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VIOLA
Alfredo Pompeo, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

Con ricorso del 23-12-1999 B.M. conveniva in giudizio la società San Paolo
IMI S.p.A., premettendo di aver lavorato alle dipendenze del Banco di Napoli –
poi incorporato nella suddetta società – dal 1972 al 1998 con la qualifica
iniziale di impiegato di prima classe; di avere svolto la propria attività
lavorativa all\’estero dal 1977 in poi e di essere stato promosso al grado di
vice capoufficio, poi di capoufficio, quindi funzionario di direzione ed infine
di vice direttore; di avere percepito in via continuativa un\’indennità di
“piazza estera”, di importo fisso annualmente predeterminato, corrisposta anche
nei periodi di ferie, malattia, trasferta e missione; che, tuttavia, tale
indennità non era mai stata computata ai fini del trattamento di fine rapporto,
nè assoggettata a contribuzione previdenziale; che, con lettera del 22 aprile
1998, il Banco di Napoli aveva disposto il suo trasferimento dalla filiale di
Hong Kong a quella di Napoli a partire dal 27 luglio 1998, nonostante egli
avesse evidenziato le ragioni personali per cui era opportuno procrastinare il
trasferimento; che, in data 22 maggio 1998, aveva rassegnato le proprie
dimissioni con efficacia dal 30 giugno 1998, nel timore che il disposto
trasferimento potesse danneggiare l\’istruzione scolastica dei propri figli; che
all\’epoca di presentazione delle dimissioni, era in corso una procedura di
prepensionamento agevolato in favore dei lavoratori che avessero maturato 30
anni di contribuzione ai quali veniva garantita una maggiorazione del
trattamento di fine rapporto pari ad una o due annualità di stipendio netto; che
egli era stato spinto a rassegnare le proprie dimissioni in quanto il direttore
centrale del Banco di Napoli aveva assicurato che gli sarebbe stato riconosciuto
tale trattamento; che successivamente gli era stato comunicato, invece, con nota
del 23 giugno 1998, che non era possibile inserirlo tra i beneficiari in quanto
era già stato raggiunto il numero di esodi programmati; che non aveva percepito
il trattamento di missione nell\’anno 1995 e pertanto gli spettava la somma di
Lit. 5.062.528;

che, a causa dell\’omissione contributiva da parte della società datrice di
lavoro, egli aveva subito una perdita sul trattamento pensionistico di L.
1.000.000 mensili; che le sue dimissioni erano state presentate per giusta
causa, in considerazione del comportamento del Banco di Napoli.

Ciò premesso, il ricorrente chiedeva di accertare la natura retributiva
dell\’indennità estero e la conseguente sua computabilità nella base di calcolo
del trattamento di fine rapporto; chiedeva la condanna della società convenuta
al pagamento di Lire 120.917.780 a titolo di differenze sul TFR, oltre
rivalutazione monetaria e interessi legali ed oltre al risarcimento dei danni
subiti per effetto del mancato versamento dei contributi sugli importi percepiti
a titolo di indennità estero pari alla capitalizzazione delle differenze tra
l\’assegno di pensione attualmente percepito e quello spettante, danni
quantificati in Lire 600 milioni o in altra somma maggiore o minore da
accertarsi in corso di causa. Chiedeva, altresì, il ricorrente di accertare la
giusta causa delle proprie dimissioni con la condanna del Banco di Napoli al
risarcimento del danno subito per l\’anticipata risoluzione del rapporto nella
misura di Lire 500 milioni, oltre al pagamento delle diarie non corrisposte,
pari a Lire 5.062.528, ed oltre al pagamento delle spese di trasloco e ad altre
spese connesse al trasferimento effettuato per colpa della società.

Costituitasi, la società convenuta, sulla base di articolate argomentazioni
chiedeva il rigetto delle avanzate pretese, deducendo, tra l\’altro,
l\’inammissibilità delle domande attinenti al trattamento previdenziale ed il
difetto di legittimazione ad agire non essendo il ricorrente pensionato.

Successivamente, dopo l\’interruzione del giudizio per intervenuta fusione per
incorporazione del Banco di Napoli nella società San Paolo IMI SPA, e la
conseguente riassunzione, veniva espletata una consulenza tecnico contabile,
all\’esito della quale il Tribunale di Napoli accoglieva parzialmente la domanda
ed, accertata la natura retributiva dell\’indennità estero alla data del 31
maggio 1982, condannava la società convenuta al pagamento in favore del
ricorrente, a titolo di integrazione del TFR, della somma di Euro 6.819,81,
oltre accessori, respingendo le altre domande.

Avverso tale decisione proponeva appello il B. evidenziando come
erroneamente, a suo dire, non era stata riconosciuta per tutto il periodo
lavorativo la natura retributiva della indennità estero percepita in via
continuativa con la conseguente inclusione nella base di calcolo del TFR e la
condanna della società appellata al pagamento delle somme corrispondenti alla
differenza del trattamento di fine rapporto.

Rilevava ancora la parte appellante il mancato riconoscimento del diritto al
risarcimento del danno patito per effetto delle dimissioni rassegnate per giusta
causa in conseguenza dell\’illegittimo trasferimento disposto dal Banco di Napoli
nonchè il mancato riconoscimento delle spese sostenute per l\’istruzione dei
figli, delle spese di trasloco e delle diarie relative alle missioni effettuate
al di fuori della sede abituale di lavoro.

Concludeva, quindi, chiedendo, sulla base di articolate deduzioni, di
accertare che la indennità estero, percepita continuativamente costituiva
elemento della retribuzione, computabile, come tale, nella base di calcolo del
TFR, con condanna della società appellata al pagamento delle differenze a tale
titolo per complessivi Euro 82.102,41, oltre al risarcimento dei danni subiti
per effetto del mancato versamento dei contributi sugli importi percepiti a
titolo di indennità estero per complessivi Euro 436.901.43.

Chiedeva, ancora, il ricorrente la condanna della società San Paolo IMI al
risarcimento del danno subito per effetto delle dimissioni rassegnate per giusta
causa, danno quantificato in complessivi Euro 258.228,45, oltre al pagamento
delle spese di istruzione per i figli, delle spese di trasloco, di rimborso per
i biglietti aerei, nonchè delle diarie non corrisposte, oltre accessori.

Ricostituito il contraddittorio, la parte appellata, trasformatasi in Società
Intesa Sanpaolo SPA chiedeva, sulla base di varie argomentazioni giuridiche, il
totale rigetto dell\’appello e la conferma dell\’impugnata sentenza.

Con sentenza del 10 dicembre 2009-19 febbraio 2010, l\’adita Corte d\’appello
di Napoli accoglieva parzialmente il gravame con la declaratoria del diritto del
ricorrente a vedere incluso nel trattamento pensionistico INPS la cd. indennità
estero in relazione al periodo iniziale di corresponsione e fino all\’entrata in
vigore della L. n. 398 del 1987, trovando applicazione in detto periodo la L. n.
153 del 1969, art. 12, che induceva a decidere nel suddetto modo.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre Intesa Sanpaolo S.p.A. con tre
motivi.

Resiste B.M. con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale
affidato a tre motivi, cui resiste Intesa Sanpaolo con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e di quello
incidentale trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335
c.p.c.).

Con il primo motivo di ricorso principale, Intesa Sanpaolo, denunciando
violazione e falsa applicazione dell\’allegato T della L. 8 agosto 1895, n. 486,
art. 39, della L. 30 luglio 1990, n. 218, del D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 357 e
dell\’art. 11 disp. gen., nonchè omessa, insufficiente contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360
c.p.c., nn. 3 e 5), lamenta che la Corte partenopea, nel confermare per
quant\’altro la sentenza del Giudice di primo grado, aveva ritenuto di riformarla
relativamente al capo in cui era stata rigettata la domanda di risarcimento del
danno per omissioni contributive correlate alla predetta “indennità estero”, in
base ad una erronea interpretazione della normativa di riferimento. Il motivo è
infondato.

Invero, la Corte territoriale è pervenuta alla contestata conclusione,
osservando che sul punto occorreva distinguere “due distinti periodi: uno
antecedente ed un altro successivo all\’entrata in vigore della L. n. 398 del
1987”. Relativamente al primo periodo 1977-1987, essendo in vigore la L. n. 153
del 1969, art. 12, che imponeva di assoggettare a contribuzione l\’intera
retribuzione corrisposta dal datore di lavoro, anche tale indennità, che aveva
natura retributiva, andava assoggettata a contribuzione, non essendo prevista da
tale normativa alcuna esclusione se non l\’indennità di diaria o di trasferta in
cifra fissa limitatamente al 50% del loro ammontare.

Solo a seguito dell\’entrata in vigore della L. n. 398 del 1987 il versamento
dei contributi previdenziali all\’INPS per i lavoratori italiani operanti
all\’estero era stato commisurato a retribuzioni convenzionali, stabilite con
decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, e determinate con
riferimento ai contratti collettivi nazionali di categoria raggruppati per
settori omogenei. E poichè per tale periodo l\’appellante non aveva mai
contestato che il Banco si fosse discostato dai parametri normativamente
determinati, nessun addebito era configurabile. Sulla base di tale ricostruzione
del quadro normativo ritenuto applicabile alla fattispecie, la Corte
territoriale ha osservato che, “una volta accertata dal primo Giudice la natura
retributiva dell\’indennità estero continuativamente corrisposta dal Banco di
Napoli nel periodo 1977-1987 con statuizione ormai passata in giudicato in
quanto non espressamente impugnata dalla parte appellata, non restava che
prendere atto dell\’omissione contributiva imputabile al datore di lavoro e
dichiarare che il trattamento pensionistico INPS, spettante al B. includeva la
cd. indennità estero e che tale indennità sarebbe dovuta essere computata nel
futuro trattamento spettante al dipendente”.

Come ulteriormente chiarito sul punto in un successivo passaggio della
sentenza la Corte di merito ha ritenuto di condannare l\’appellato Banco di
Napoli e per esso, a seguito della intervenuta incorporazione, la ricorrente
Intesa Sanpaolo spa al pagamento a favore dell\’INPS dell\'”integrazione
contributiva, tenuto conto della eventuale prescrizione dei contributi ove la
stessa fosse parzialmente o totalmente già maturata”.

Così operando, il Giudice a quo ha mostrato di adeguarsi all\’orientamento di
questa Corte, cui va prestata adesione, per il quale, a seguito della
progressiva privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti del Banco di
Napoli, il rinvio alla normativa sulle pensioni per gli statali, operato
dall\’art. 11 dell\’allegato T L. 8 agosto del 1895, n. 486, art. 39, funziona
come limite negativo, nel senso che il trattamento pensionistico dei dipendenti
del detto istituto non può essere inferiore a quello previsto dalla disciplina
applicabile agli statali, con riferimento non solo alla pensione ma anche agli
assegni accessori al trattamento di quiescenza (Cass., 12 giugno 200i n.
8386).

Deve, pertanto, ritenersi corretta la pronuncia della impugnata sentenza,
laddove ha affermato l\’inclusione della indennità estero tra le voci del
trattamento di quiescenza.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa
applicazione dell\’art. 112 c.p.c. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360
c.p.c., nn. 3 e 5), sostiene che erroneamente la Corte territoriale, nel dare
atto che il B. aveva richiesto nel ricorso di primo grado il risarcimento del
danno per l\’omissione contributiva, ha ritenuto che tale richiesta non potesse
essere accolta sul rilievo che “la stessa parte appellante ha dichiarato che la
pensione sarà emanata dall\’INPS al raggiungimento del 65 anno di età e cioè dal
febbraio 2018” Tale rilievo avrebbe dovuto comportare il rigetto della domanda
proposta, mentre la Corte, nella sentenza impugnata, aveva ritenuto di
convertire d\’ufficio la domanda di risarcimento del danno nella diversa domanda
di riconoscimento del “diritto del ricorrente ad ottenere il computo della cd.
“indennità estero” nel trattamento pensionistico, fermo restando che l\’Istituto
appellato dovrà provvedere all\’integrazione contributiva, tenuto conto della
eventuale prescrizione dei contributi ove la stessa fosse parzialmente o
totalmente maturata”; con ciò formulando ipotetiche situazioni sia di fatto che
giuridiche del tutto estranee al thema decidendum del presente giudizio ed in
ordine alle quali non si è mai radicato il contraddittorio.

Il motivo è privo di fondamento alla luce dell\’orientamento di questa Corte
in materia, secondo cui il giudice di merito, nell\’indagine diretta
all\’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla
sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli
atti nei quali le domande medesime risultino contenute, dovendo, per converso,
aver riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, si come
desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte
istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia in
relazione alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la
ricerca dell\’effettivo suo contenuto sostanziale. In particolare, il giudice non
può prescindere dal considerare che anche un\’istanza non espressa può ritenersi
implicitamente formulata se in rapporto di connessione con il “petitum” e la
“causa petendi” (Cass. 10 febbraio 2010 n. 3012).

Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa
applicazione dell\’art. 102 c.p.c. nonchè nullità del procedimento (art. 360
c.p.c., nn. 2 e 4), sostiene che, in linea subordinata, anche se si volesse
ritenere ricompresa nella domanda di risarcimento del danno per omissione
contributiva la domanda generica di pagamento all\’INPS delle integrazioni
contributive accertate, atteso che la titolarità del relativo diritto è
dell\’Istituto previdenziale, la Corte avrebbe dovuto rilevare ad ogni
conseguente effetto che doveva necessariamente essere evocato in giudizio anche
l\’istituto previdenziale, trattandosi di litisconsorzio necessario, come
affermato da questa Corte a Sez. Un., con la sentenza 16 febbraio 2009 n.
3678.

Anche questo motivo va disatteso, considerata la differenza, che – come
precisato dalla stessa pronuncia appena menzionata -, intercorre tra l\’azioni
prevista dall\’art. 2116 c.c., comma 2, – per il risarcimento del danno a carico
del datore di lavoro per omissione (totale o parziale) dei contributi
assicurativi che si ripercuote sulla posizione previdenziale del lavorare – e
quella contemplata dalla L. n. 1338 del 1962, art. 13, cit. – per la
costituzione presso l\’I.N.P.S. di una rendita vitalizia mediante versamento
della riserva matematica-: azioni che sono non già connesse od interdipendenti,
bensì del tutto autonome e non confondibili, anche se si fondano entrambe sul
presupposto comune della omissione contributiva da parte del datore di lavoro,
con la conseguenza che ove il lavoratore agisca nei confronti del datore di
lavoro deducendo il mancato versamento di contributi previdenziali e chiedendo
esclusivamente la condanna del datore al pagamento di un importo pari alla
riserva matematica necessaria per costituire la rendita vitalizia L. n. 1338 del
1962, ex art. 13, l\’azione esercitata è pur sempre quella di risarcimento danno
ex art. 2116 c.c., comma 2 e, quindi, non occorre, rispetto a tale domanda,
integrare il contraddittorio nei confronti dell\’I.N.P.S.”.

Tale pronuncia, conferma, dunque, la consolidata giurisprudenza di
legittimità secondo cui, nella controversia avente ad oggetto la
regolarizzazione della posizione assicurativa del lavoratore subordinato ovvero
l\’accertamento dell\’omessa od insufficiente contribuzione con conseguente
domanda di condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi ovvero al
risarcimento del danno, l\’Istituto assicuratore non riveste la qualità di
litisconsorte necessario a meno che il lavoratore non chieda la costituzione di
una rendita vitalizia ex art. 13 della legge n. 1338 del 1962 (Cass. 16 ottobre
1986 n. 6070).

Con il primo motivo di ricorso incidentale B.M., denunciando violazione e
falsa applicazione dell\’art. 2120 c.c. ed omessa e contraddittoria motivazione
(art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), lamenta che la Corte d\’appello abbia escluso che
la voce “indennità di sede estera” dovesse essere computata nel trattamento di
fine rapporto, ritenendo erroneamente che il Regolamento interno del Banco di
Napoli potesse derogare alla normativa dell\’art. 2110 c.c., che per sua espressa
previsione può essere derogata solo dai contratti collettivi. 11 motivo non può
trovare accoglimento.

Invero, sul punto la Corte territoriale ha osservato che il Regolamento per
il Personale del 1988 allegato agli atti, prevedeva che la retribuzione annua di
riferimento, ai fini del computo del trattamento di fine rapporto di cui
all\’allegato g) allo stesso accordo, comprendeva, con indicazione minuziosa,
ogni voce generale e particolare, incluse particolari indennità espressamente
elencate, tra le quali non era compresa la cd. indennità estero. Il Regolamento
prevedeva poi che “sono altresì comprese nella base di computo del trattamento
di fine rapporto ulteriori voci che siano a tanto dichiarate utili da accordi
sindacali aziendali”. La stessa esclusione era prevista anche da tutti i testi
regolamentari previgenti, come risultava incontestato in causa.

La stessa Corte territoriale ha aggiunto che, in precedenza, con Delib. 20
aprile 1984, nell\’ambito di una globale ristrutturazione del trattamento
economico del personale di ruolo in servizio all\’estero, il Consiglio di
Amministrazione aveva espressamente escluso tale indennità dalla base di calcolo
del “trattamento pensionistico di fine rapporto; inoltre, anche il CCNL del 1995
prevedeva la esclusione dalla base di calcolo dei trattamenti corrisposti a
titolo di rimborso spese o comunque corrisposti con finalità similari al
funzionario trasferito o in missione.

Doveva quindi ritenersi – ad avviso del Giudice a quo – che, anche dopo la
riforma del 1982, la volontà delle parti collettive si fosse indirizzata nel
senso di escludere l\'”indennità estero” dalla base di computo del trattamento di
fine rapporto e, a differenza del periodo antecedente, tale volontà, secondo
l\’espressa previsione di cui all\’art. 2120 c.c., era in grado di derogare alla
disciplina legislativa.

Assume il ricorrente incidentale che erroneamente la Corte di merito avrebbe
ritenuto che un Regolamento Interno del Banco di Napoli potesse derogare ala
normativa dell\’art. 2120 c.c. che per sua espressa previsione può essere
derogata solo dai contratti collettivi.

Secondo tale ricostruzione giuridica la normativa aziendale, all\’epoca
vigente, avrebbe natura di atto interno e, quindi, in quanto tale insuscettibile
di derogare le previsioni del richiamato art. 2120 c.c..

La tesi è infondata.

E\’ principio consolidato della giurisprudenza di legittimità, che “il
Regolamento del Personale del Banco di Napoli ha natura contrattuale e
precisamente assume la natura giuridica di “contratto collettivo aziendale” con
la conseguenza, anch\’essa costantemente ribadita, che “la relatva
interpretazione da parte del giudice di mento è censurabile in sede di
legittimità solo per vizi di motivazione e violazione dei canoni di ermeneutica
contrattuale (ex plurimis, Cass. 1/12/2003 n. 18356; Cass. 12/7/2001 n.
9468).

Relativamente al breve periodo in cui ha trovato applicazione il C.C.N.L.
22/6/1995 il ricorrente incidentale assume l\’erronea interpretazione operata dal
Giudice a quo della norma di riferimento.

Il rilievo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza
del ricorso, non essendo stato riportato il testo della disposizione
contrattuale di cui si ritiene incongrua la interpretazione fornita dal giudice
di merito.

Sul punto è consolidato l\’orientamento di questa Corte secondo cui, ove si
censuri l\’interpretazione di clausole contrattuali, il ricorrente, per il
principio di autosufficienza del ricorso, ha l\’onere di trascriverle
integralmente perchè al giudice di legittimità è precluso l\’esame degli atti per
verificare la rilevanza e la fondatezza della censura (Cass. 6/2/2007 n.
2560;

Cass. 18/11/2005 n. 24461; Cass. Sez lav. 4/7/2002 n. 9712).

Con il secondo motivo il ricorrente incidentale, denunciando violazione e
falsa applicazione dell\’art. 112 c.p.c. ed omessa e contraddittoria motivazione
(art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), assume che la Corte partenopea avrebbe violato il
principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunziato sul motivo di gravame
relativo alla domanda risarcitoria correlata alle dimissioni per giusta causa,
dichiarando inammissibile la ritenuta modifica, in sede di riassunzione del
giudizio, della causa petendi, richiedendo, parte ricorrente, non più il
risarcimento dei danni per “dimissioni per giusta causa” ma per l\’illegittimo
trasferimento. Osserva il Collegio che correttamente la Corte di merito, facendo
proprie le valutazioni del primo Giudice, ha osservato come quest\’ultimo avesse
accertato che il B. richiese al Banco di Napoli in data 29-6-1998 di risolvere
il rapporto di lavoro confidando nell\’ammissione al godimento pensionistico
aziendale alla stregua degli accordi sindacali del 22-7-1996, condizione
accettata dal Banco di Napoli;

pertanto, il rapporto doveva ritenersi sciolto in seguito alla risoluzione
per mutuo consenso e non in seguito alle dimissioni per giusta causa determinate
dal trasferimento dei dipendente in altra sede disposto dal Banco, sicchè, sotto
tale profilo, fa domanda era da ritenersi del tutto inammissibile in quanto
proposta non già con il ricorso introduttivo, ma nel corso del giudizio di primo
grado.

Nè poteva avere rilevanza il riferimento, nel ricorso introduttivo, alla
illegittimità del trasferimento dalla filiale di Hong-Kong, non incidendo la
circostanza sulle argomentazioni poste a base del decisum.

Risulta, quindi, evidente l\’inaccoglibilità del motivo proposto che prescinde
dagli accertamenti di merito compiuti dal Giudice di primo grado e fatti propri
dalla Corte partenopea.

Con il terzo motivo il ricorrente incidentale, denunciando violazione e falsa
applicazione dell\’art. 116 c.p.c. ed omessa e contraddittoria motivazione (art.
360 c.p.c., nn. 3 e 5), censura la sentenza impugnata, assumendo che la Corte di
merito, in violazione dell\’art. 116 c.p.c. abbia erroneamente valutato le
risultanze probatorie disconoscendo l\’esistenza di una prassi aziendale inerente
alla rifusione ed al pagamento delle spese di istruzione dei figli, di trasloco
e diarie relative alle missioni effettuate.

Il motivo è all\’evidenza, inammissibile poichè investe quanto sul punto
statuito dalla Corte di merito, con accertamento di fatto, immune da vizi
logico-giuridici e perciò insindacabile in sede di legittimità.

Trattasi di motivazione coerente, priva di vizi e come tale incensurabile in
questa sede.

Il rigetto di entrambi i ricorsi induce a compensare tra le parti le spese di
questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2012

 

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