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PIANO NAZIONALE ANTICORRUZIONE: Linee guida della CIVIT

        

Linee di indirizzo del Comitato interministeriale (d.p.c.m. 16 gennaio 2013) per la predisposizione, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, del PIANO NAZIONALE ANTICORRUZIONE di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190.

1. Premessa. Il contesto generale.

L\’Italia ha intrapreso nell’ultimo anno una serie di riforme di rilevante importanza strutturale. In un momento storico ed economico così complesso, il successo di queste riforme dipenderà molto anche dalla capacità dei Governi di ripristinare la fiducia del Paese guidandolo verso una crescita economica sostenibile.

Le preoccupazioni per l\’integrità pubblica e la corruzione sono alla base della mancanza di fiducia nei confronti della pubblica amministrazione.

La Corte dei conti nel discorso di apertura dell’anno giudiziario in corso ha posto in evidenza come la corruzione sia divenuta da fenomeno burocratico/pulviscolare, fenomeno politico– amministrativo-sistemico”. La Corte ha evidenziato che “La risposta, pertanto, non può essere di soli puntuali, limitati, interventi – circoscritti, per di più, su singole norme del codice penale – ma la risposta deve essere articolata ed anch’essa sistemica.”. “In effetti, la corruzione sistemica, oltre al prestigio, all\’imparzialità e al buon andamento della pubblica amministrazione, pregiudica, da un lato, la legittimazione stessa delle pubbliche amministrazioni, e, dall’altro (…) l’economia della Nazione“.

Proprio in questa ottica, il Comitato riconosce che l’approvazione della recente legge n. 190 del 2012 rappresenta per il nostro Paese l’occasione per introdurre nuove misure e migliorare quelle esistenti con un’azione coordinata per l’attuazione di efficaci strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e, più in generale, dell’illegalità all’interno della pubblica amministrazione.

L’approvazione e l’attuazione della legge anticorruzione rappresenta per l’Italia anche l’occasione, non più procrastinabile, di allinearsi alle migliori prassi internazionali, introducendo nel nostro ordinamento nuovi strumenti diretti a rafforzare le politiche di prevenzione e contrasto della corruzione nella direzione più volte sollecitata dagli organismi internazionali di cui l’Italia fa parte, in particolare, il GRECO (Groupe d’Etats contre la Corruption) del Consiglio d’Europa, il WGB (Working Group on Bribery) dell’OCSE e l’IRG (Implementation Review Group) per l’implementazione della Convenzione contro la corruzione delle Nazioni Unite.

Ciò premesso, considerata la fase di prima attuazione della legge, vista l’esigenza che le pubbliche amministrazioni procedano celermente ad approntare le più adeguate misure per la prevenzione della corruzione e, in particolare, ad approvare il Piano Triennale della Prevenzione, il Comitatoritiene importante focalizzare l’attenzione sui contenuti sulla formazione del (P.N.A.), quale strumento di definizione degli indirizzi e delle indicazioni da fornire alle amministrazioni per facilitare e rendere omogenea l’elaborazione dei Piani Triennali di Prevenzione. Ciò nella consapevolezza che l’attività di prevenzione della corruzione rappresenta un processo i cui risultati si giovano della maturazione dell’esperienza e si consolidano nel tempo. Pertanto, le considerazioni che seguono costituiscono le prime linee di indirizzo che il Comitato fornisce al Dipartimento della funzione pubblica, quale Amministrazione deputata alla predisposizione del P.N.A.

2. Il Piano Nazionale Anticorruzione nella legge n. 190 del 2012.

Con l’approvazione della l. n. 190 del 2012, l’ordinamento italiano si è orientato, nel contrasto alla corruzione, verso un sistema di prevenzione che si articola, a livello nazionale, con l’adozione del P.N.A. e, a livello di ciascuna amministrazione, mediante l’adozione di Piani di Prevenzione Triennali.

Il P.N.A. è predisposto dal Ddipartimento della funzione pubblica (comma 4, lettera c)), «anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri » (comma 4). Il Piano è poi approvato dalla Commissione indipendente per la Valutazione, l’Integrità e la Trasparenza, C.I.V.I.T., (comma 2, lettera c)).

Il P.N.A. rappresenta lo strumento attraverso il quale sono individuate le strategie prioritarie per la prevenzione ed il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione a livello nazionale. Il P.N.A. non si configura come un’attività compiuta, con un termine di completamento finale, bensì come un insieme di strumenti finalizzati alla prevenzione che vengono via via affinati, modificati o sostituiti in relazione al

feedback ottenuto dalla loro applicazione.

La legge disciplina, da un lato, il contenuto dei Piani (comma 9), dall’altro, i rapporti tra il P.N.A. e i Piani Triennali di Prevenzione della corruzione, da adottarsi da parte delle:

a) amministrazioni centrali, ivi compresi gli enti pubblici non economici nazionali, le agenzie, le università e le altre amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 diverse da quelle di cui al punto b) (comma 5);

b) amministrazioni delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e degli enti locali, nonché degli enti pubblici.

Le amministrazioni centrali «definiscono e trasmettono» il loro Piano Triennale al Dipartimento della funzione pubblica.

Per quanto riguarda le amministrazioni regionali e locali e gli enti in loro controllo, gli adempimenti e i relativi termini saranno definiti attraverso le intese in sede di Conferenza Unificata entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 190 del 2012, così come previsto dall’art. 1, comma 60.

Per gli enti locali è anche previsto il «supporto tecnico e informativo» del Prefetto «anche al fine di assicurare che i Piani siano formulati e adottati nel rispetto delle linee guida contenute nel Piano nazionale approvato dalla Commissione» (comma 6)

3. I contenuti del Piano Nazionale Anticorruzione.

Dalla ricostruzione della disciplina della legge n. 190 si ricava, quindi, che il P.N.A. ha almeno i seguenti contenuti fondamentali:

a) l’individuazione di linee guida

per indirizzare le pubbliche amministrazioni, nella prima predisposizione dei rispettivi Piani Triennali;

b) la trasmissione in via telematica dei Piani al Dipartimento della funzione pubblica (comma 5), anche attraverso la definizione di «modelli standard delle informazioni e dei dati» (comma 4, lettera d));

c) la definizione di criteri atti ad assicurare la rotazione

dei dipendenti, in particolare, dei dirigenti, nei settori particolarmente esposti alla corruzione e misure per evitare sovrapposizioni di funzioni e cumuli di incarichi nominativi in capo ai dirigenti pubblici, anche esterni;

d) i compiti del Dipartimento della funzione pubblica, relativi all’elaborazione dei dati trasmessi, al costante rapporto con le amministrazioni, anche a fini della verifica dell’effettiva adozione dei Piani e alla previsione di modalità di accesso della CIVIT ai suddetti dati;

e) le immediate indicazioni alle amministrazioni al fine di predisporre Piani formativi per i responsabili anticorruzione nelle diverse pubbliche amministrazioni da estendere, a regime, a tutti i settori delle amministrazioni;

4. Le linee guida per la predisposizione dei Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione.

La definizione delle linee guida è il contenuto di maggiore rilevanza del P.N.A.

E\’ necessario:

 promuovere l’effettiva e tempestiva adozione dei Piani da parte di tutte le amministrazioni e, a regime, l’adozione degli stessi nei termini previsti dalla legge,

nonché il loro aggiornamento annuale e, comunque, ogni qual volta emergano rilevanti mutamenti organizzativi dell’amministrazione;

 assicurare un contenuto minimo dei Piani Triennali, che corrisponda all’obiettivo ineludibile dell’individuazione preventiva delle aree di attività amministrativa maggiormente esposte al rischio della corruzione (c.d. mappatura del rischio);

 

consentire alle diverse amministrazioni pubbliche di adeguare il contenuto del Piano alle specifiche funzioni amministrative svolte e alle specifiche realtà amministrative;

 differenziare le linee guida quanto ai loro destinatari: linee guida più stringenti, quasi direttamente operative, per le amministrazioni centrali (e gli enti da queste controllati); per regioni ed enti locali, linee guide che possano essere

recepite e adattate dai detti enti nei propri Piani;

 

rendere le informazioni raccolte nei Piani e le relative strategie di contrasto alla corruzione leggibili secondo linguaggi omogenei, che rendano possibile un’agevole verifica dello stato di attuazione delle politiche anticorruzione nelle singole amministrazioni e una comparazione delle diverse esperienze;

indicare meccanismi e criteri per la valutazione dell’adeguatezza dei Piani Triennali, con particolare riferimento ad aree a rischio comuni e generali;

 

prevedere che in sede di elaborazione del Piano e in sede di verifica della sua attuazione siano fornite indicazioni atte ad assicurare la pubblicità delle forme di consultazione o degli incontri con associazioni o portatori di interessi particolari;

fornire direttive affinchè la funzione di responsabile della prevenzione sia svolta secondo criteri di rotazione, compatibilmente con la struttura organizzativa dell’amministrazione;

dare raccomandazioni affinchè le stazioni appaltanti prevedano negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara (art. 1, comma 17, l. n. 190).

5. Il contenuto minimo dei Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione.

Le linee guida contenute nel P.N.A., pertanto, dovranno indurre le pubbliche amministrazioni ad articolare il proprio Piano Triennale almeno intorno ad alcuni contenuti essenziali, a partire da quelli predeterminati dalla legge n. 190 (comma 9):

a) l’individuazione, tra le attività di competenza dell’amministrazione, di quelle più esposte al rischio di corruzione, a partire dalle attività che la legge n. 190 già considera come tali (quelle previste dal comma 16 (a) autorizzazione o concessione; b) scelta del contraente nell’affidamento di lavori, forniture e servizi; c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari; d) concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale);

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b) il coinvolgimento, ai fini di cui al punto precedente, dei dirigenti e di tutto il personale delle amministrazioni addetto alle aree a più elevato rischio nell’attività di analisi e valutazione, di proposta e definizione delle misure e di monitoraggio per l’implementazione del Piano.

c) il monitoraggio, per ciascuna attività, del rispetto dei termini di conclusione del procedimento;

d) la rilevazione, in rapporto al grado di rischio, delle misure di contrasto (procedimenti a disciplina rinforzata, controlli specifici, particolari valutazioni

ex post dei risultati raggiunti, particolari misure nell’organizzazione degli uffici e nella gestione del personale addetto, particolari misure di trasparenza sulle attività svolte) già adottate, ovvero l\’indicazione delle misure che il Piano prevede di adottare o direttamente adotta;

e) l’individuazione delle misure di carattere generale che l’amministrazione ha adottato o intende adottare per prevenire il rischio di corruzione, quali:

a. l’introduzione di adeguate forme interne di controllo specificamente dirette alla prevenzione e all’emersione di vicende di possibile esposizione al rischio corruttivo;

b. l’adozione di adeguati sistemi di rotazione del personale addetto alle aree a rischio,

con l’accortezza di mantenere continuità e coerenza degli indirizzi e le necessarie competenze delle strutture. Al riguardo, il P.N.A. dovrà contenere indirizzi alle amministrazioni per evitare che possano consolidarsi delle rischiose posizioni “di privilegio” nella gestione diretta di certe attività correlate alla circostanza che lo stesso funzionario si occupi personalmente per lungo tempo dello stesso tipo di procedimenti e si relazioni sempre con gli stessi utenti;

c.

l’attivazione effettiva della normativa sulla segnalazione da parte del dipendente di condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza, di cui al comma 51 della legge n. 190, con le necessarie forme di tutela, ferme restando le garanzie di veridicità dei fatti, a tutela del denunciato;

 

d. l’adozione di misure che garantiscano il rispetto delle norme del codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al comma 44 della legge n. 190,

nonché delle prescrizioni contenute nel Piano Triennale;

e.

l’adozione delle misure necessarie all’effettiva attivazione della responsabilità disciplinare dei dipendenti, in caso di violazione dei doveri di comportamento, ivi incluso il dovere di rispettare le prescrizioni contenute nel Piano triennale;

 

f. l’adozione di misure volte alla vigilanza sull’attuazione delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi (di cui ai commi 49 e 50 della legge n. 190), anche successivamente alla cessazione del servizio o al termine dell’incarico (nuovo comma 16-ter dell’articolo 53 del d. lgs. n. 165 del 2001);

g. l’adozione di misure di verifica dell’attuazione delle disposizioni di legge in materia di autorizzazione di incarichi esterni, così come modificate dal comma 42 della legge n. 190;

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h. l’adozione delle misure in materia di trasparenza come disciplinate dal T.U. trasparenza «

Riordino della disciplina sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni, da parte delle pubbliche amministrazioni», ivi comprese l’adozione del Piano della Trasparenza (come articolazione dello stesso Piano triennale anticorruzione), l’attivazione del sistema di trasmissione delle informazioni al sito web dell’amministrazione, del sistema delle sanzioni e del diritto di accesso civico;

i. l’adozione di specifiche attività di formazione del personale, con attenzione prioritaria al responsabile anticorruzione dell’amministrazione e ai dirigenti amministrativi competenti per le attività maggiormente esposte al rischio di corruzione.

f) l’individuazione di forme di integrazione e di coordinamento con il Piano triennale della performance;

g) la previsione di forme di presa d’atto, da parte dei dipendenti, del Piano Triennale della Prevenzione sia al momento dell’assunzione sia, per quelli in servizio, con cadenza periodica.

6. La necessaria flessibilità delle linee guida.

Il P.N.A. dovrà consentire un’attuazione flessibile e differenziata delle linee guida da parte delle pubbliche amministrazioni

A tal fine, il Piano dovrà distinguere le indicazioni ad applicazione generalizzata e le indicazioni rimesse alla discrezionale valutazione delle amministrazioni destinatarie.

In particolare, mentre le procedure di rilevazione e di trasmissione telematica dei dati dovranno essere necessariamente omogenee, secondo modelli standard predisposti dal DFP, l’individuazione delle attività amministrative maggiormente esposte al rischio di corruzione deve essere rimessa alla differenziata valutazione delle amministrazioni, fatta salva la sopraesposta indicazione già contenuta nella legge.

Quanto alle misure di carattere generale di contrasto alla corruzione (punto 5, lettera d)), il P.N.A. dovrà imporre a tutte le amministrazioni la rilevazione delle misure adottate o

in intinere per ciascuno dei punti, rimettendo alle amministrazioni un adeguato margine di flessibilità quanto all’individuazione delle effettive misure di contrasto.

7. L’attuazione coordinata delle «strategie di prevenzione di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale» (comma 4, lettere a) e c))

Mentre le linee guida sono strumento di definizione dei contenuti minimi dei Piani triennali anticorruzione delle diverse amministrazioni e sono aperte ad una certa flessibilità e differenziazione nell’attuazione, il P.N.A. potrà identificare alcune aree e alcune particolari

politiche di contrasto alla corruzione, anche sulla base delle esperienze internazionali, intorno alle quali chiedere alle amministrazioni una particolare collaborazione (anche in anticipazione dei tempi previsti dai rispettivi Piani triennali).

Si pensi, ad esempio a strategie di rilevazione delle attività esposte a rischio e di sperimentazione di nuove politiche di contrasto in settori specifici, quali le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici o il sistema sanitario nazionale.

8. La formazione del personale delle pubbliche amministrazioni

In linea con la Convenzione delle Nazioni unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale dell’O.N.U. il 31 ottobre 2003, la l. n. 190 ha attribuito particolare importanza alla formazione del personale addetto alle aree a più elevato rischio. Al riguardo, nell’ambito del P.N.A. dovranno formularsi apposite raccomandazioni alle amministrazioni per favorire la formazione, anche con l’apporto della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, secondo un approccio che sia al contempo normativo-specialistico e valoriale, in modo da accrescere le competenze e lo sviluppo del senso etico.

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