lunedì, Aprile 29, 2024
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FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI: Lo sforzo di apparire

  Non riportare in bilancio (Stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa) fatti economici vissuti e posti in essere durante l\’esercizio finanziario, la cui comunicazione è imposta dalla legge, ovvero indicare fatti materiali non rispondenti al vero, ancorchè frutto di valutazioni, si può essere accusati di FALSO IN BILANCIO.       


 
Con la
tangentopoli degli anni novanta venne raggiunta la massima applicazione della
norma attraverso i numerosi procedimenti penali per “Falso in bilancio”,a causa e per effetto dei tanti reati contro la Pubblica amministrazione, come
la corruzione e la concussione.

Secondo la
vecchia formulazione dell’art.2621 del Codice civile
[1],
a causa dell’assenza di una soglia di attenzione, la giurisprudenza ha sempre
dato una interpretazione estensiva dell’art.2621, comma 1, n. 1 cc, arrivando
spesso, a sanzionare anche fatti di modesta rilevanza economica.

Lo spirito
della riforma del 2002
[2],
in aderenza ai principi costituzionali di determinatezza e tassatività
dell’illecito ovvero della sussidiarietà e offensività, ha introdotto delle
soglie di allarme sociale, individuando prima i beni giuridici penalmente
rilevanti e quindi andando ad incriminare le sole condotte realmente lesive di
tali beni.

Con la
riforma infatti, si è detto addio ad interpretazioni allargate e ondivaghe
della norma ma al contrario, riducendo la discrezionalità di talune Procure
della Repubblica, ha dato una certezza al diritto in termini di condotte di
effettivo danno e quindi di rilevanza penale.

In luogo
di una unica ipotesi delittuosa della vecchia formula contenuta nell’art.2621
cc
[3],
la stessa veniva sostituita dalla ipotesi contravvenzionale (nota sub 1) intesa
come reato di pericolo, mentre le due ipotesi delittuose   del Falso in bilancio sono transitate
nell’articolo successivo del 2622
[4],
solo se si realizza un effettivo danno patrimoniale a carico della società, dei
soci o dei terzi (banche o fornitori in genere).

La
riforma, a detta di molti, ha avuto il pregio di semplificare l’applicazione
della legge penale in materia di False comunicazioni sociali, riducendone
l’applicazione a situazioni di effettivo pericolo e offensività verso terzi
come i soci e i creditori in genere.

Infatti,
con la eccezione delle società quotate sul mercato borsistico, per le
fattispecie delittuose, ovvero quelle a maggiore rilevanza penale, la
perseguibilità è a querela di parte (di colui che si sente danneggiato dalla
condotta degli amministratori, direttori generali, sindaci o liquidatori
secondo la disciplina civilistica).

I soggetti
attivi del reato che sto a commentare possono essere gli amministratori – anche
solo di fatto, cioè coloro che gestiscono e prendono decisioni pur non
rivestendo una formale qualifica – i direttori generali, i sindaci e i
liquidatori.

Dire, come
spesso mi capita di sentire che oggi nel nostro Ordinamento giuridico non
esiste più il “Falso in bilancio”, non è rispondente al vero. Si può invece dire
che la nuova formulazione del reato, avendo introdotto specifiche soglie di
punibilità e la perseguibilità a querela, ovvero alcune forme contravvenzionali
ha inevitabilmente accorciato i termini di prescrizione, restringendo in misura notevole
lo stesso campo di applicazione della norma.

In
compenso, ha ridotto la discrezionalità degli operatori del diritto in ordine
all’avvio dell’azione penale avendo stabilito che senza danno lamentato ovvero
effettivo, nessuna azione penale è possibile.

Mattinata,
09 aprile 2013 

 


 

[1] (VECCHIO) Articolo 2621 False
comunicazioni ed illegale ripartizione di utili o di acconti sui dividendi
. Salvo che il fatto costituisca
reato più grave, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con la
multa da L. 2 milioni a L. 20 milioni (2640):

1) i
promotori, i soci fondatori, gli amministratori, i direttori g
enerali, i
sindaci e i liquidatori, i quali nelle relazioni, nei bilanci o in altre
comunicazioni sociali, fraudolentemente espongono fatti non rispondenti al vero
sulla costituzione o sulle condizioni. economiche della società o nascondono in
tutto o in parte fatti concernenti le condizioni medesime;

2) gli
amministratori e i direttori generali che, in mancanza di bilancio approvato o
in difformità da esso o in base ad un bilancio falso, sotto qualunque forma,
riscuotono o pagano utili fittizi o che non possono essere distribuiti (2433,
2632);

3) gli
amministratori e i direttori generali che distribuiscono acconti sui dividendi:

a) in
violazione dell’Articolo 2433 bis, 1° comma;

b) ovvero in
misura superiore all’importo degli utili conseguiti dalla chiusura
dell’esercizio precedente, diminuito delle quote che devono essere destinate a
riserva per obbligo legale o statutario e delle perdite degli esercizi
precedenti e aumentato delle riserve disponibili;

c) ovvero in
mancanza di approvazione del bilancio dell’esercizio precedente o del prospetto
contabile previsto nell’Articolo 2433 bis, 5° comma, oppure in difformità da
essi, ovvero sulla base di un bilancio o di un prospetto contabile
falsi.


 

 

[2] Decreto Legislativo 11 aprile 2002, n. 61

“Disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le
societa\’ commerciali, a norma dell\’articolo 11 della legge 3 ottobre 2001, n.
366”

 

[3] (NUOVO) Articolo 2621

False comunicazioni sociali (1)

– Salvo quanto previsto dall\’articolo
2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla
redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i
quali, con l\’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di
conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle
relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai
soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorchè
oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è
imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria
della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre
in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l\’arresto
fino a due anni.

La punibilità è estesa anche al caso in
cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per
conto di terzi.

La punibilità è esclusa se le falsità o
le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della
situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al
quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le
omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al
lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del
patrimonio netto non superiore all\’1 per cento.

In ogni caso il fatto non è punibile se
conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate,
differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

Nei casi previsti dai commi terzo e
quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione
amministrativa da dieci a cento quote e l\’interdizione dagli uffici direttivi
delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall\’esercizio
dell\’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e
dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonchè da
ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o
dell\’impresa”.


(1) Articolo così sostituito con la Legge 28
dicembre 2005, n. 262

 

[4] (NUOVO)  Articolo 2622

False comunicazioni sociali in danno dei soci o dei
creditori (1)

– Gli amministratori, i direttori
generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,
i sindaci e i liquidatori, i quali, con l\’intenzione di ingannare i soci o il
pubblico e al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nei
bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla
legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti
al vero ancorchè oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui
comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o
finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo
ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un
danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti, a querela
della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Si procede a querela anche se il fatto
integra altro delitto, ancorchè aggravato, a danno del patrimonio di soggetti
diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso in danno dello Stato,
di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

Nel caso di società soggette alle
disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al
decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, la
pena per i fatti previsti al primo comma è da uno a quattro anni e il delitto è
procedibile d\’ufficio. La pena è da due a sei anni se, nelle ipotesi di cui al
terzo comma, il fatto cagiona un grave nocumento ai risparmiatori. Il nocumento
si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiore
allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall\’ultimo censimento ISTAT
ovvero se sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di
entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo.

La punibilità per i fatti previsti dal
primo e terzo comma è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino
beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. La punibilità
per i fatti previsti dal primo e terzo comma è esclusa se le falsità o le
omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione
economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa
appartiene.

La punibilità è comunque esclusa se le
falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di
esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una
variazione del patrimonio netto non superiore all\’1 per cento.

In ogni caso il fatto non è punibile se
conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono
in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

Nei casi previsti dai commi settimo e
ottavo, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione
amministrativa da dieci a cento quote e l\’interdizione dagli uffici direttivi
delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall\’esercizio
dell\’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e
dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonchè da
ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o
dell\’impresa


(1) Articolo così sostituito dalla Legge 28
dicembre 2005, n. 261

 

 

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