lunedì, Aprile 29, 2024
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POLIZZE ASSICURATIVE: Le clausole ambigue si interpretano contro la compagnia

In materia assicurativa la Corte di Cassazione ribadisce il principio dell\’interpretatio contra stipulatorem


Con la sentenza del 18 gennaio 2016 n. 668, la Sezione
III, della Corte di Cassazione ha ribadito un consolidato principio
ermeneutico: nei contratti cosiddetti standard
le clausole
predisposte da uno dei contraenti si interpretano a fa
vore dell\’altro, si
tratta della interpretatio contra proferentem
di cui all\’art. 1370
c.c.. Tale regola pone a carico del predisponente l\’onere di evitare ambiguità
nel regolamento contrattuale.[1] In altre parole, chi redige una clausola non
perspicua si assume il rischio che la stessa venga interpretata in senso non
conforme al suo intendimento. In particolare, la norma è volta a tutelare
l\’aderente in quanto riguarda contratti conclusi con moduli o formulari[2]in cui il predisponente si trova in una condizione di vantaggio e deve mettere
a disposizione del contraente debole un testo il più possibile intellegibile.

La pronuncia in commento scaturisce dalla seguente
vicenda.
Una società produttrice di calcestruzzo aveva concluso una polizza assicurativa
con tre compagnie a seguito di un contratto di finanziamento. Dopo l\’esplosione
di un\’autoclave, dalla quale era derivata la morte di una persona, la società
domandava alle coassicuratrici l\’indennizzo che le veniva rifiutato in quanto
le compagnie assicurative consideravano l\’evento di danno fuoriuscente da
quelli coperti dalla garanzia. In particolare, la clausola inerente ai danni da
scoppio, secondo i tre coassicuratori, afferiva unicamente all\’esplosione
cagionata da un eccesso di pressione e non già a quella derivante da un
cedimento strutturale, come era accaduto nel caso di specie. In primo grado le
compagnie assicuratrici sono state condannate alla corresponsione dell\’indennizzo;
per contro, in appello la sentenza viene ribaltata e la domanda risarcitoria
rigettata.

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, nel
suo articolato percorso argomentativo inizia rilevando come il giudice di
seconde cure abbia violato l\’art. 1362 c.c., giacché l\’interpretazione delle
clausole contrattuali dallo stesso adottata si mostrava incoerente con la
volontà delle parti. La Corte, in proposito, si richiama al principio di uberrima
bona fides
ed all\’obbligo che il contratto sia redatto in modo chiaro ed
esauriente
[3].
L\’impresa, infatti, concludendo la polizza assicurativa aveva inteso tutelarsi
contro i danni da scoppi in genere; inoltre, la suddetta polizza era stata
richiesta dall\’istituto bancario concedente il finanziamento per la
costituzione dello stabilimento industriale. I coassicuratori, consapevoli
dell\’esistenza del citato finanziamento, si erano impegnati, in caso di
sinistro, a versare l\’indennizzo al terzo finanziatore.

I supremi giudici rilevano, altresì, una violazione
dell\’art. 1370 c.c. La clausola oggetto del contendere, infatti, era ambigua e,
pertanto, il giudice di appello avrebbe dovuto ricorrere all\’interpretazione
contro lo stipulatore, vale a dire interpretare quella clausola in senso
sfavorevole a chi l\’aveva predisposta. In conclusione, il principio elaborato
dalla Corte di Cassazione nella pronuncia in commento è il seguente: «il
contratto di assicurazione deve essere redatto in modo chiaro e comprensibile.
Ne consegue che, al cospetto di clausole polisenso, è inibito al giudice
attribuire ad esse un significato pur teoricamente non incompatibile con la
loro lettera, senza prima ricorrere all\’ausilio di tutti gli altri criteri di
ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c., ed in particolare quello dell\’interpretazione
contro il predisponente, di cui all\’art. 1370 c.c.
»




[1] In tal senso vedasi C. M. BIANCA, Diritto civile. Il
contratto
, 3, Milano, Giuffrè, 2000, 440 ss.

[2] Secondo alcuni esponenti della dottina l\’art. 1370 c.c. sarebbe
applicabile anche al di fuori dei contratti standard. Per un approfondimento,
vedasi C.M. BIANCA, Diritto civile. Il contratto, cit.

[3] Così dispone l\’art. 166 d. lgs. 7 settembre 2005 n. 209, Codice delle
assicurazioni private

Fonte: studiocataldi.it

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