lunedì, Aprile 29, 2024
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LA POLITICA IN VETRINA: Politica & Giustizia nella segretezza delle indagini

 

Quando in
Italia scoppia uno scandalo in cui sembrano coinvolte personalità politiche –
locali o nazionali – si torna puntualmente a parlare di “Violazione del segreto
istruttorio”.

Un noto
avvocato, già parlamentare di centro destra ebbe una volta ad affermare, non
senza qualche fondamento che, le “informazioni di garanzia”, si ritirano la
mattina in edicola dai giornali, i quali riportano atti di indagine come gli
interrogatori dell’indagato fatti in nottata o al più il giorno prima, pagine
intere di intercettazioni telefoniche e qualche volta, anche pettegolezzi e
sputtanamenti di vario genere.

Beninteso,
questo avviene solo se lo sventurato – per così dire – incappato nelle maglie
dell’azione della polizia giudiziaria e quindi della magistratura è un politico,
perché diversamente, nulla trapela se trattasi di una indagine riguardante il
“Ciccillo Cacace” qualunque.

La regola
generale, ben spiegata dall’enciclopedia Treccani circa il significato del
segreto istruttorio è che gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero
e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato(o l’indagato) non ne possa avere conoscenza e,
comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Tale vincolo grava
su tutti i soggetti che sono a conoscenza dell’atto di indagine e assolve alla
funzione di proteggere la ricerca della verità rispetto ad atti che possono
precludere la genuina acquisizione della prova.

Ora, è
indubbio che le notizie relative all’attività di indagine compiuta dalla
Polizia Giudiziaria per l’accertamento e la repressione dei reati, sovente,
possono rivestire grande rilievo sociale, divulgabili attraverso l’esercizio
del diritto di cronaca da parte degli organi di informazione. .

Tuttavia, la
pubblicazione di tali atti o informazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari
non deve compromettere il corretto svolgimento del processo e il diritto delle
persone in esso coinvolte al rispetto della propria dignità e della propria
riservatezza.

L’art 329
del c.p.p. relativamente al segreto di indagine, dal momento dell’acquisizione
della notizia di reato fino alla chiusura delle indagini preliminari (primo
semestre), al fine di non nuocere all’attività investigativa e restano segrete
fino a quando l’indagato ne viene a conoscenza (notifica di proroga) o quando il
pubblico ministero deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di
assistere (Informazione di garanzia ex art.369 Cpp) o quando assume la veste di imputato (rinvio a giudizio).
Fatte queste premesse, può allora precisarsi che, in via generale, gli atti di
indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria (a
iniziativa o su delega) sono segreti fino a quando l’indagato non può averne
conoscenza e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari (art.
329 comma 1, artt. 405 e 407 c.p.p.).

L’obbligo in
parola riguarda anche i testimoni e le parti private e cessa a partire dal
momento in cui la persona sottoposta alle indagini può avere conoscenza dei
singoli atti.

A parte
alcune deroghe all’obbligo di segretezza[1],
la violazione di tali regole comporta delle sanzioni, configurando,
solitamente, i delitti di rivelazione di segreti di ufficio (art. 326 c.p.) o
di rivelazione di segreto professionale (art. 622 c.p.).

Ad esempio,
risponde perciò del reato di rivelazione di segreto di ufficio, l’Ufficiale o
Agente di PG che rivela a un giornalista il contenuto di una dichiarazione che
ha ricevuto nel corso di indagini tuttora in corso e della quale l’imputato non
ha ancora potuto acquisire conoscenza. Dello stesso reato è responsabile anche
la persona informata sui fatti che, prima della chiusura delle indagini,
racconta a un giornalista il contenuto delle dichiarazioni che ha reso alla
polizia giudiziaria quando è stata sentita da questa nel corso delle prime
indagini sul reato (art. 351 c.p.p.).

Del reato di
rivelazione di segreto professionale si rende, invece, colpevole il difensore
dell’indagato che rivela il contenuto dell’interrogatorio che il pubblico
ministero ha segretato.

Di converso,
non risponde di reato di cui all’art. 326 c.p., l’Ufficiale di PG che rivela ad
un giornalista il contenuto di un interrogatorio non segretato dal pubblico
ministero del quale l’imputato ha conoscenza.

A cosa va
incontro chi viola il disposto degli artt. 114 e 329 del c.p.p?

L’art. 115
del c.p.p. delinea quali sono le conseguenze per chi si rende protagonista
delle violazioni di tale divieto. Tale articolo, che non sembra aver subito
variazioni con le successive modificazioni del 1999, fa riferimento a due
ordini di conseguenze: uno penale ed uno costituente illecito disciplinare.

Oggi lo
stato dell’arte, nel suo complesso è che quando l’indagine riguarda un
politico, ovvero un personaggio comunque
conosciuto, non viene risparmiato nulla, pubblicando tutto il
pubblicabile – verbali, intercettazioni etc. – anche indagini preliminari
durante in assoluta violazione alle norme esistenti e sinteticamente citate.

Cosa fare?

Bisogna
continuare così?

La politica
è chiamata a fare qualcosa, non trattandosi di bavaglio all’informazione ma di
civiltà giuridica volendo ricordare ancora una volta la citazione di
M.Robespierre: “LA LIBERTA’ E L’INNOCENZA NON HANNO NULLA DA TEMERE DALLA
PUBBLICA INDAGINE A CONDIZIONE CHE REGNI LA LEGGE E NON L’UOMO”.

Ecco, nel
nostro caso si ha l’impressione che a regnare sia l’uomo e non la legge!




[1] La segretezza degli atti di indagine
subisce alcune significative deroghe collegate alla volontà del legislatore di
assicurare la cooperazione tra organismi istituzionali e la circolazione degli
atti tra procedimenti connessi e collegati e, più precisamente, di seguito si
menzionano le più ricorrenti:

  • <<Fermo quando disposto
    dall’art. 371, quando è necessario per il compimento delle proprie
    indagini, il pubblico ministero può ottenere dall’autorità giudiziaria
    competente, anche in deroga al divieto stabilito
    dall’art. 329 c.p.p., copie di atti relativi ad altri procedimenti penali
    e informazioni scritte sul loro contenuto………..>> ( art. 117 c.p.p.);
  • <<Il Ministro
    dell’Interno, direttamente o a mezzo di un ufficiale di polizia
    giudiziaria o del personale della DIA, può ottenere dall’autorità
    giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito dall’art. 329
    c.p.p., copie di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul
    loro contenuto ritenute indispensabili per la prevenzione dei delitti
    quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza di reato……..>>
    (art. 118 c.p.p.);
  • a richiesta di Commissioni
    parlamentari d’inchiesta istituite legislativamente su particolari
    argomenti (art. 4 co.1 L. 19 ottobre 2001 n. 386, fenomeno della
    criminalità organizzata mafiosa o similare ovvero art. 4 co.1 L. 31
    ottobre 2001 n. 399, ciclo dei rifiuti e attività illecite connesse);
  • dagli organi della disciplina
    sportiva, ai fini della propria competenza funzionale in materia di frodi
    sportive (art. 2 L. 13 dicembre del 1989 n. 401).

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