domenica, Maggio 12, 2024
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TAR PIEMONTE: I militari possono svolgere attività politica. Illegittima la sanzione inflitta a un Carabiniere


Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), con un\’articolata
motivazione ha [B]accolto il ricorso del Maresciallo Aiutante Sostituto
Ufficiale di Pubblica Sicurezza dei Carabinieri Carmelo Cataldi, ora in
congedo, al quale era stata vietata “l’iscrizione e l’assunzione di carica
sociale in seno a partito politico”ed erano stati inflitti, per
un\’asserita incompatibilità con l’adempimento dei doveri di Sottufficiale, 5
giorni di consegna di rigore, peraltro con l\’espressa ammonizione «[I]che, in
caso di inottemperanza, sarebbe stato avviato il procedimento per la diffida
ministeriale ed eventuale successiva decadenza dal servizio».

Secondo
l\’Arma dei Carabinieri infatti – si legge nella sentenza – «l’iscrizione e
l’assunzione di carica sociale in seno a partito politico, costituisce
comportamento suscettibile di assumere rilievo sotto il profilo disciplinare,
ai sensi del nr. 9 dell’allegato ‘C’ al R.D.M.» (Regolamento di Disciplina
Militare, di cui al d.P.R. n. 545 del 1986), trattandosi di «incarico
incompatibile con l’adempimento dei Suoi doveri di sottufficiale», in proposito
richiamando l’allora vigente art. 6, comma 1, della legge n. 382 del 1978, a
norma del quale «Le Forze armate debbono in ogni circostanza mantenersi al di
fuori delle competizioni politiche». L’amministrazione ha anche aggiunto che la
carica politica ricoperta dal Maresciallo «implica necessariamente l’esercizio
di funzioni attive a carattere propriamente politico, atteso che, quale
Segretario Regionale, la S.V. siede – oltretutto con voto deliberativo – sia
nel Consiglio Nazionale che nella Direzione Nazionale del partito, ex artt. 9 e
10 dello statuto del partito medesimo[/I]».

Il
Maresciallo, rappresentato e difeso dagli avvocati Giorgio Carta (ex Ufficiale
dell\’Arma), ha impugnato l\’intero procedimento a suo carico sostenendo la piena
legittimità dei suoi atti, compresa l\’assunzione della carica di segretario
regionale.

Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Piemonte gli ha dato pienamente ragione, ma
vediamo nel dettaglio cosa dice la sentenza.

I giudici
amministrativi hanno dapprima ricordato all\’Amministrazione del Maresciallo che
«[I]la questione oggetto del presente giudizio è stata, da ultimo, approfondita
da alcuni arresti giurisprudenziali che, per fattispecie del tutto analoghe, ed
in considerazione del complessivo quadro normativo (costituzionale e
legislativo) vigente, [B]sono giunti alla condivisibile conclusione di ritenere
illegittimo il divieto per i militari di iscriversi in partiti politici e di
assumere nel loro ambito cariche direttive[/B], alla luce di un’interpretazione
letterale e sistematica delle norme – tar-umbria-i-carabinieri-possono-esercitare-attivita-politica]cfr.
TAR Umbria, sent. n. 409 del 2011; TAR Veneto, sez. I, sent. n. 1480 del 2012) ».

Successivamente,
per rendere ancora più chiara la sentenza, i magistrati amministrativi hanno
sottolineato che «il legislatore non ha mai stabilito per i militari un
esplicito divieto di iscrizione ai partiti politici: ciò non ha fatto,
espressamente, né nella legge n. 382 del 1978 (recante “Norme di principio
sulla disciplina militare”) né nel Regolamento di disciplina militare
(approvato con d.P.R. n. 545 del 1986)[/I]».

Il TAR
Piemonte ha inoltre specificato che il legislatore non ha inteso in alcun modo
modificare in senso restrittivo la materia, «nemmeno con il varo del Codice
dell’Ordinamento Militare (d.lgs. n. 66 del 2010), ossia della disciplina che
si propone di regolare, in modo organico, l\’organizzazione, le funzioni e
l\’attività della Difesa e Sicurezza militare e delle Forze armate».

«Di
conseguenza – conclude la sentenza -, il ricorso introduttivo deve essere
accolto e deve, per l’effetto, disporsi l’annullamento dell’atto di ammonimento
a recedere dalla carica politica rivestita. Parimenti, risultando fondata la
censura di illegittimità derivata, e con assorbimento delle ulteriori censure,
vanno accolti anche i motivi aggiunti, con conseguente annullamento della
sanzione disciplinare inflitta al ricorrente (pari a giorni cinque di consegna
di rigore)».

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