mercoledì, Maggio 8, 2024
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BANCA & CLIENTE: Se il cointestatario preleva dal conto del parente dopo la sua morte

La cointestazione del conto corrente non equivale ad una donazione indiretta: i soldi prelevati dopo la morte del contitolare vanno restituiti agli altri eredi.

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Il cointestatario di un conto corrente non può prelevare somme di denaro dal conto comune per versarle sul proprio dopo che l’altro titolare è morto, per quanto si trattasse di un parente. Non è infatti sufficiente la cointestazione del conto corrente per far presumere che il familiare deceduto avesse voluto donare il deposito all’altro correntista. È quanto chiarito dal Tribunale di Ivrea con una recente sentenza[1].

 

Prendiamo il caso di una persona, anziana d’età, che cointesti il proprio conto corrente a uno dei figli affinché la coadiuvi nelle varie operazioni bancarie: in particolare per prelevare la pensione e per effettuare quei pochi versamenti di risparmi che la terza età e l’attuale costo della vita consentono. Senonché avviene, come del resto prevedibile, che il genitore ahimè muore e lascia tutto il proprio patrimonio ai tre figli. Il contitolare del conto corrente, prima che gli altri fratelli si facciano avanti, preleva gran parte del deposito presente sul conto cointestato con il genitore e lo versa sul proprio rapporto bancario. Appena i fratelli se ne accorgono nasce la contestazione: questi sostengono di aver diritto a pari percentuali della somma presente sul conto del genitore, mentre l’altro fratello fa presente che, nel cointestare il conto, il papà aveva voluto di fatto donargli i soldi da lui depositati con la pensione. Chi ha ragione?

 

 

Secondo il tribunale di Ivrea, la cointestazione del conto corrente non equivale a una donazione, ma piuttosto è indice della finalità di natura pratica, per dare all’altro soggetto la possibilità di operare sul conto corrente. Quindi, salvo che venga fornita una prova specifica della volontà del familiare defunto di effettuare una donazione del proprio denaro, la semplice cointestazione non dà diritto al contitolare di prelevare dal conto quanto e quando vuole. Anzi, alla morte dell’altro contitolare, dovrà dividere il deposito bancario con gli altri eredi (nell’esempio di poc’anzi i fratelli).

 

Del resto, il principio in questione è facilmente intuibile anche per via di un altro aspetto non secondario. Il nostro codice civile vieta la donazione di beni futuri. Questo significa che, con la cointestazione si potrebbe, a tutto voler concedere – ma, come detto, il fatto va provato – donare solo i soldi già depositati sul conto prima di tale momento, ma non anche i successivi versamenti che, appunto, sono da considerarsi «somme future» e, quindi, non oggetto di donazione.

 

Con parole più tecniche, si legge in sentenza che «la mera cointestazione di un conto corrente bancario a favore di un altro soggetto diverso da quello che effettua il versamento delle somme non integra di per sé un atto di liberalità a favore del cointestatario, a meno che non venga riscontrata l’esistenza» della volontà di donare dette somme. Volontà che si realizza quando al momento della cointestazione «il proprietario del denaro già esistente sul conto non avesse altro scopo che quello di liberalità» e non quando, per esempio, le finalità siano state di carattere «squisitamente pratico per operare sul conto» o di «altra natura».

 

«Mentre – prosegue la sentenza richiamando una pronuncia della Cassazione[1]– nel diverso caso in cui i versamenti da parte di uno dei correntisti siano effettuati successivamente alla cointestazione, allora la donazione indiretta sarebbe preclusa dal divieto di donazione di beni futuri ».

 

Dunque, prosegue il giudice piemontese «il semplice versamento di denaro in un conto corrente cointestato a firme disgiunte può essere qualificato come una liberalità, qualora sia verificata l’esistenza» della volontà di donare[4].

 

Spetta quindi al contitolare del conto corrente cointestato a con firme disgiunte dimostrare tale volontà di donare del parente defunto, che certo potrebbe essere più facilmente evidenziata, se non da un testamento, da una scrittura privata tra le due parti avente data certa anteriore alla cointestazione.

 

[1]Trib. Ivrea sent. n. 614/16 dell’8.07.2016.

[2]Art. 771 cod. civ.

[3]Così anche Cass. sent. n. 809/2014.

[4]Cass. sent. n. 26983/2008. La donazione indiretta, spiega poi la sentenza, «consiste nell’elargizione di una liberalità che viene attuata, anziché con il negozio tipico dell’art. 769 c.c., mediante un negozio oneroso che produce, in concomitanza con l’effetto diretto che gli è proprio ed in collegamento con altro negozio, l’arricchimento animo donandi del destinatario».

Fonte: laleggepertutti.it

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