domenica, Maggio 5, 2024
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L’antiriciclaggio, quale cultura della legalità & Governance del rischio!

L’antiriciclaggio, quale cultura della legalità & Governance del rischio!

 

Quando mi guardo intorno e faccio mente locale sulla quotidianità, dove il malaffare imperversa, la corruzione nella pubblica amministrazione sembra inarrestabile, le frodi fiscali si susseguono a ritmo incessante con numerose misure cautelari eseguite dalle Autorità e di cui la cronaca giudiziaria ci aggiorna, ho la percezione che qualcosa non funziona o almeno, potrebbe funzionare meglio nell’azione di contrasto.

Nel contempo, leggendo le comunicazioni periodiche, a distanza abbastanza ravvicinata che ci giungono dall’Organo di vigilanza centrale della Banca d’Italia, rilevo la presenza di numerose contestazioni agli intermediari finanziari di prima e seconda fascia – banche, compagnia di assicurazioni, Sim, Sgr etc. – destinatarie di sanzioni amministrative, anche ingenti, per violazioni alla vigente normativa antiriciclaggio. Il ciclostile utilizzato per la contestazione appare scontato, abituale, dove i precetti sono sempre gli stessi, cambiano solo gli importi delle sanzioni, qualche volta addirittura surreali, soprattutto quando si calcolano sul volume di affari (fatturato) dell’azienda di credito (34 milioni di euro per la Ing Bank).

La formula utilizzata è: − carenze nell’adempimento degli obblighi di adeguata verifica, di profilatura e di collaborazione attiva (artt. 17, 18, 19, 20, 24, 25, 35 e 36, d.lgs. 231/07, come modificato dal d.lgs. 90/17)”.
In proposito, ho lamentato spesso poca trasparenza laddove, se si decidesse di fornire una esatta e più puntuale informazione circa la portata dei rilievi che, laddove argomentati meglio, potrebbero rivelarsi di estrema utilità per l’intero mondo della intermediazione finanziaria.

Pratica operativa

Sulla base di quanto sommariamente detto, qualunque Responsabile aziendale antiriciclaggio di un intermediario finanziario, stante l’attuale contesto storico e normativo, dovrebbe avere due obiettivi principali da conseguire:

  1. Mettere in sicurezza l’intermediario finanziario tanto sotto il profilo reputazionale e scongiurare con ogni mezzo il rischio di sanzioni.

Per fare questo, è tutto drammaticamente semplice: garantire una formazione adeguata a tutti i collaboratori che, direttamente o indirettamente hanno rapporti diretti con la clientela (Direttori di filiale, Addetti di sportello, Responsabili operativi, Addetti clientela, Consulenti corporate, Promotori finanziari, Mediatori creditizi etc.). La formazione deve focalizzare esempi pratici della quotidianità operativa e realmente in grado di fornire quel valore aggiunto necessario a superare ogni sorta di criticità.

Prima ancora di ricevere le famigerate ispezioni Uif, almeno una volta all’anno, bisogna simulare delle ispezioni interne all’Istituto di credito, in tutto simili al percorso seguito dall’organismo ispettivo centrale della Banca d’Italia, non dimenticando di effettuare delle verifiche ex post, circa la corretta alimentazione dell’Aui. Per quanto noto a tutti, ricordo che l’Aui, per definizione, rappresenta la scrittura contabile (sia pure informatica) più importante per un intermediario, perché per un decennio, conserva traccia della storia economica della clientela, fondamentale per qualunque indagine dell’autorità giudiziaria.

Ai miei tempi, quando facevo il Responsabile aziendale antiriciclaggio di un Gruppo bancario – 1999/2007 – le chiamavo “Verifica organizzativa di filiale, visitando quattro filiali al mese. In otto anni, ho ricevuto 5 ispezioni dall’UIC – due dirette e tre indirette sulle quali avevamo il controllo del capitale al 100% come la Banca Popolare di Calabria, la Banca Popolare della Penisola Sorrentina e la Banca Mediterranea.

In tutte le ispezioni non ho mai ricevuto un rilievo ma direi neanche un soffio di rilievo da parte dell’organo centrale di vigilanza.

  1. Collaborazione attiva verso l’istituzione, attraverso una lettura qualificata delle transazioni economiche registrate sui rapporti cercando di leggere la “coerenza” delle operazioni in rapporto all’oggetto sociale dichiarato.

Per fare questo, bisogna capire di cosa stiamo parlando ed essere in grado di decifrare i rischi di coinvolgimento, anche inconsapevole, in episodi di malaffare.

Le frodi fiscali, la corruzione (consulenze fittizie), le frodi carosello, la false fatturazioni infragruppo, le cartiere ed annesse false fatturazioni, i rapporti ingiustificati con Paesi a rischio, l’usura, l’infiltrazione della criminalità organizzata nelle compagini societarie, gli aumenti di capitale con soci occulti attraverso risorse finanziarie di dubbia provenienza etc.

Insomma, per concludere, fare antiriciclaggio è una cosa seria, maledettamente seria!

 

 

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