domenica, Aprile 28, 2024
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Azienda tedesca in bancarotta: Mala gestio o malversazione?

Azienda tedesca in bancarotta: Mala gestio o malversazione?

 

Quando fallisce un grande gruppo imprenditoriale, a prescindere dal settore economico di appartenenza, le ragioni possono essere sostanzialmente due.

La prima, quella più frequente e probabile, riguarda l’assenza di mercato, di commesse, di clienti spesso collegato ad una gestione insufficiente, approssimativa e poco attenta ai costi.

La seconda, quando ci sono malversazioni, quando si ha la malasorte di incontrare amministratori malandrini, che rubano e falsificano le carte, i bilanci, anche allungando al massimo l’agonia dell’azienda. Noi in Italia, conosciamo bene questa forma di bancarotta, avendo potuto vivere ed apprezzare da vicino la storia della Parmalat, un colosso dell’alimentazione, una multinazionale, presente in tutto il mondo. Un fallimento scoperto nel 2003, quando si mostrò insolvente all’appuntamento con le cedole da onorare verso i tanti risparmiatori e che avevano creduto al famoso “Fondo patrimoniale alle Cayman”, posto a garanzia nella emissione dei bond. Circostanza questa, alla quale avevano creduto tutti, sulla parola, senza nessun controllo, tanto la Consob che la Società di certificazione dei bilanci. Insomma, una storia tragica ed incredibile che si fa fatica pure a raccontare, per quante sono state le inefficienze ed approssimazioni di sistema. Secondo le indagini dell’Autorità giudiziaria svolte a suo tempo, si venne a sapere che gli ammanchi pilotati dai vertici e dall’intero management erano iniziati dagli anni ’90. Il buco dell’azienda privata di Collecchio totalizzò quattordici miliardi di euro e registrò la condanna dell’amministratore Callisto Tanzi a diciotto anni di carcere.

Grazie all’eccellenza della qualità dei prodotti, con un’amministrazione straordinaria di un paio di anni, si tornò in bonis e l’azienda tornò più forte di prima.

Malversazione e ammanchi

Personalmente, se dovessi scegliere il male minore, sarebbe addirittura preferibile fallire per le ruberie degli amministratori – stile Parmalat – perchè nel giro di pochi anni, il sole torna a splendere, mandando al fresco i malandrini dei vecchi amministratori e rinnovando il management.

Nel caso specifico della Signa austro tedesca non conosco le ragioni di queste difficoltà, quali sono le cause. A naso, come sempre accade, ogni mondo è Paese, sicuramente i controlli – interni ed istituzionali – hanno fatto acqua.

L’unica cosa che mi auguro che a rimetterci non sia il solito “risparmiatore” e che ci sia un modo per salvare il salvabile.

Nel caso, alla bisogna, siamo anche disposti a prestare il nostro articolo 47 della Costituzione dove si parla che “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme…”.

E’ un articolo che da noi non legge nessuno, lo teniamo solo per corredo e bisogna provare per vedere se funziona!

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Il gruppo Signa va in default con la filiale tedesca. Trema il mondo bancario, fra cui Unicredit

Fonte: Scenari economici

La grande conglomerata austriaca Signa, che possiede, fra l’altro, il gruppo della distribuzione commerciale Selfridge e immobili di prestigio in tutto il mondo,, e che era un colosso della finanza austro tedesca, era in difficoltà profonde ormai da settimane, problemi divenuti evidenti dopo che Signa Sport, la divisione relativa alla vendita al dettaglio di articoli sportivi, era andata in bancarotta.

Ora la filiale tedesca Signa Real Estate Management Germany ha dichiarato fallimento presso il tribunale distrettuale di Berlino-Charlottenburg. Lo ha riferito per primo lo “Spiegel” . Si tratta di una filiale della filiale di Signa che sviluppa progetti immobiliari di particolare prestigio, tra gli altri, a Berlino, Amburgo e Monaco.

Questo è un ulteriore problema per il gruppo che fa capo all’imprenditore René Benko e che si dice presto possa andare in bancarotta nel suo complesso, altro segno della crisi immobiliare che colpisce Germania e Austria. L’imprenditore si è mosso soprattutto nel Medio Oriente per trovare fondi necessari al salvataggio, e si parla anche di una trattativa, non di successo per ora, con il PIF, il fondo d’investimenti pubblico saudita.

Questo fallimento sarebbe un’altro duro colpo alla soliditita del sistema bancario austro tedesco, il tutto in un momento in cui la bolla immobiliare si sta sgonfiando molto rapidamente, trascinando nella crisi il sistema creditizio.

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1 commento

  1. Nel caso, alla bisogna, siamo anche disposti a prestare il nostro articolo 47 della Costituzione dove si parla che “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme…”.

    E’ un articolo che da noi non legge nessuno, lo teniamo solo per corredo e bisogna provare per vedere se funziona!

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