domenica, Maggio 5, 2024
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Giustizia & Bar Sport: Le riforme che mancano!

Giustizia & Bar Sport: Le riforme che mancano!

 

Per ridurre o contrastare queste discussioni da Bar Sport che alimentano solo livore e risentimento senza nulla aggiungere ad una legittima esigenza  di legalità diuffusa, bisogna fare le riforme.

Per fare un esempio e rimanendo al tema di oggi, della giustizia mediatica, scritta ed urlata sulla stampa, avendo il problema di restituire credibilità all’azione della magistratura, dobbiamo preoccuparci maggiormente dei presunti colpevoli. Lo dico questo perchè, non ha senso arrestare a destra e a manca durante le indagini preliminari – come ho detto infinite altre volte – se poi in dibattimento, quando bisogna formare la prova delle presunte responsabilità, si conclude con un’assoluzione del tipo: “Il fatto non sussiste” oppure “Il fatto non costituisce reato”.

E allora che facciamo?

La proposta dell’attuale Ministro di G. e G. Carlo Nordio che ha proposto di introdurre nel vigente Codice di Procedura penale l’esigenza sacrosanta e di buon senso, di anticipare l’Interrogatorio di garanzia ex ante alla esecuzione della misura cautelare, andrebbe certamente nell direzione giusta.

Per rimanere al caso di oggi, del presunto coinvolgimento della “Famiglia Verdini” nel malaffare di una presunta corruzione nella gestione degli appalti pubblici da parte dell’Anas, sarebbe già un primo passo verso una verità giudiziaria e non solo di un teorema accusatorio, come ahimè, molto spesso avviene.

Insomma, facciamo le riforme e chiudiamo definitivamente il Bar dello Sport!

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Moriremo giustizialisti – Il caso Verdini conferma che non ci libereremo mai del maledetto bipolarismo manettaro

Le intercettazioni spiattellate sui giornali prima che inizi ancora il processo; Pd, M5S e sinistra che chiedono subito le dimissioni del governo a indagini in corso; e la solita storia del ventilatore che sparge liquame su persone che al momento sono ovviamente innocenti e alcune nemmeno indagate

Malgrado il doloroso travaglio – è il caso di dire – della Fnsi e dell’onorevole Debora Serracchiani, nessuna legge bavaglio avrebbe impedito la diffusione della notizia di ordinanza di custodia cautelare relativa all’indagine su presunte tangenti per ottenere appalti pubblici, se non altro perché non basterebbe a spezzare il continuum procure-giornali che è vivo e lotta insieme a noi. E infatti, come al solito, è uscito di tutto e di più, con la consueta valanga di intercettazioni più o meno dello stesso tenore da trent’anni: conosco quello, ci aiuterà, vinciamo l’appalto eccetera eccetera.

Ovviamente sono sparati i nomi pesanti che fanno i titoloni dei giornali: Denis Verdini, il figlio Tommaso, vari dirigenti del ministero, il sottosegretario Federici Freni (che non risulta indagato). Ecco qua, dal Corriere della Sera, per gli amanti del genere: «”L’importante è che si tengano lì i marescialli a presiedere il fortino”, dice Fabio Pileri, terza gamba della Inver srl, socio dei Verdini: Denis e il giovane Tommaso. Ma chi sono i “marescialli”? Sono loro i veri motori di questa storia di possibile corruzione, vale a dire funzionari pubblici ben disposti verso i privati (soprattutto se come in questo caso sono in grado di migliorare la loro carriera interna) come Luca Cedrone, Paolo Veneri, Domenico Petruzzelli. Più esplicito ancora, in un’altra intercettazione Pileri: “A me non me ne frega un ca… di avere rapporti con questi (dirigenti, ndr) tanto le gare le vinco con i marescialli, non le vinco con loro”». Ecco qua, tutto spiattelllato.

Serracchiani ha recitato il solito copione: «Ci sono delle indagini e non entriamo nel merito, ma sono le undici e il governo non ha smentito». Da quando in qua il governo smentisce o conferma l’esistenza di indagini? Al di là delle indagini (sic), ha detto, «il problema è politico»: e già, al di là delle indagini. Questi ragionano come il vecchio adagio a proposito delle chiacchiere di paese sulle infedeltà coniugali, «dove c’è fumo c’è fuoco». Peccato che la sinistra dovrebbe un minimo elevarsi sugli antichi detti popolari, a differenza dei Cinque Stelle che essendo rimasti all’asilo infantile della politica si avvoltolano alla grande nel fango.

Ma anche se Salvini accettasse di andare domattina in Aula, che cosa dovrebbe dire più di «Onorevoli colleghi, essendoci delle indagini in corso io non ho nulla da dire, grazie e arrivederci»?
E allora che senso ha questa richiesta, se non quella di provare a incassare sull’unghia un minuscolo dividendo politico puramente d’immagine su una vicenda che semmai, forse, un giorno potrà assumere un rilievo politico?

Allora qui i problemi sono due. Anche ove le accuse fossero dimostrate, si tratterebbe di reati molto gravi ma obiettivamente il governo in quanto tale oggi non può essere chiamato sul banco degli imputati. Secondo, è la solita storia del ventilatore che sparge liquame su persone che al momento sono ovviamente innocenti e alcune, come il citato Freni, nemmeno sotto indagine.

La fine è nota: nell’aggravarsi di una evidente malattia della politica, ecco che uno dei suoi sintomi più intollerabili, il giustizialismo, riprende forza a destra e a sinistra: così che torna – ma non se n’era mai andato – il bipolarismo manettaro. Trent’anni dopo siamo al punto di partenza.

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