lunedì, Aprile 29, 2024
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Evasione fiscale e corruzione: Qualche accorgimento di possibile utilità!

Evasione fiscale e corruzione: Qualche accorgimento di possibile utilità!

 

Ogni anno, a cura dell’amministrazione finanziaria o per il tramite del Direttore generale dell’Agenzia delle entrate, si enfatizzano i grandi successi conseguiti nella lotta alla evasione fiscale in termini di recupero di “imponibile” sottratto e quindi di imposta per le casse dell’Erario.

Ora, mi chiedo, se fossero vere queste apparenti bufale o esagerazioni Istituzionali, perchè di tali introiti nessuno pensa di ridurre la tassazione almeno di “pari importo” di quanto si sarebbe recuperato che, per fare un esempio, si parla di 24,3 miliardi di euro per il solo anno 2023?

Questo lo dico perchè, a detta della stessa amministrazione finanziaria e del Vice ministro delle finanze – Maurizio Leo – il livello di tassazione è intollerabile – Maurizio Leo: Ogni tanto una cosa giusta! | Formazione & consulenza antiriciclaggio (giovannifalcone.it).

Pratica operativa

Avendo dedicato solo mezzo secolo della mia vita in attività di “Verifiche & controlli”, nel recente periodo ed in più occasioni ho sottolineato la esigenza di introdurre qualche utile accorgimento nella lotta alla evasione fiscale.

Naturalmente si è trattato di suggerimento fatto alla luna e rimasto inascoltato!

Inoltre, quando parliamo di fenomeni corruttivi nella pubblica amministrazione, essendomi occupato per diversi anni del controllo sui grandi appalti pubblici, vorrei ribadire qualche concetto di possibile utilità.

Nella lettura delle 530 pagine dell’ultima Relazione redatta come ogni anno dalla Direzione Nazionale Antimafia al Parlamento , il termine più utilizzato, per descrivere il malaffare pubblico e privato, è la parola “corruzione”.

Ora, quando pensiamo alla corruzione, in modo naturale, siamo tutti indotti a pensare al dipendente pubblico che, solo per fare il suo dovere, accetta denaro o benefici di vario genere.

Nella realtà, così facendo, abbiamo inquadrato solo la metà del problema, pari al 50% del fenomeno in quanto, dobbiamo aggiungere anche il cattivo operato del “corruttore” di cui nessuno parla.

Chi è il corruttore?

E’ l’imprenditore che vuole vincere facile, nella convinzione che un appalto si può vincere facilmente pagando, in spregio alla concorrenza e ad una sana dinamica imprenditoriale.

Quindi, da una parte abbiamo il dipendente della pubblica amministrazione infedele (questa figura è insostituibile perchè rimane un sicuro protagonista del malaffare) e dall’altra il titolare dell’impresa, interessato a vincere ad ogni costo e disposto a pagare ed è sempre lui che, in genere, propone l’affare illecito, la “corruzione”.

Se queste premesse appaiono condivisibili, urge un intervento sull’Ance – Associazione Nazionale Costruttori Edili – affinchè vengano migliorati i requisiti “tecnici dell’impresa” e “reputazionali” degli amministratori. In pratica, ho ragione di ritenere, anche sulla base della esperienza maturata nello specifico settore nelle indagini sui grandi appalti pubblici (al Comando di Reparti della Guardia di finanza in terra di Calabria nel periodo 1988/1993) che migliorando la qualità delle imprese, si possa meglio contenere il fenomeno corruttivo.

Dettagli!

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Ecco come garantirsi un Pnrr all’anno | L’analisi di Sergio Rizzo

Fonte: Ripartelitalia.it

“Non esistono uomini perfetti, ma solo intenzioni perfette. È la frase di un film del 1991 (Robin Hood principe dei ladri, regia di Kevin Reynolds) che rispecchia fedelmente la complessa situazione da affrontare per combattere le frodi al Piano nazionale di ripresa e resilienza”.

Lo scrive Sergio Rizzo su Milano Finanza.

“Perché si fa presto a promettere “tolleranza zero” contro i truffatori senza aver prima risposto alla domanda se la pubblica amministrazione italiana è attrezzata per mettere in atto questo proposito.

E non parliamo di attrezzature tecniche.

La nostra informatica pubblica non è certo la migliore del continente, ma consente comunque livelli di controllo neppure lontanamente immaginabili rispetto a qualche anno fa.

La tecnologia ha reso la vita più difficile anche agli evasori fiscali, se sono veri gli ultimi dati diffusi dal ministero dell’Economia, secondo cui dal 2016 al 2021 il volume di tasse evase e contributi previdenziali non pagati si sarebbe ridotto di ben 24 miliardi”.

“Mica male” prosegue Rizzo.

Ma alla famosa “tolleranza zero”, mancano pur sempre 83,6 miliardi di euro.

“All’anno: il che significa che azzerando del tutto l’evasione fiscale e contributiva, in soli due anni e mezzo avremmo a disposizione una cifra pari a quella del Pnrr.

E qui per capire la situazione torna utile la frase di quel vecchio film.

Gli uomini perfetti che servirebbero per realizzare le intenzioni perfette sono in primo luogo i cittadini.

Se tutti facessero il proprio dovere con il fisco, coscienti del fatto che ogni euro evaso è rubato alla collettività della quale fanno parte, il problema sarebbe risolto alla radice.

Siccome non accade, e anzi la furbizia nell’aggirare i doveri civici è considerata da noi una qualità nazionale, l’efficienza della burocrazia risulterebbe fondamentale per far rispettare le regole.

Ma purtroppo la burocrazia italiana è quella che è.

Non soltanto per una questione di organizzazione carente, di sprechi e strutture spesso fatiscenti, ma soprattutto di qualità e competenza delle risorse umane.

Che ha riflessi inevitabili anche sulla qualità dei controlli: dice tutto la valanga di truffe che ha investito i bonus edilizi.

L’età media del personale della pubblica amministrazione è elevata.

La più elevata d’Europa.

Ormai ha superato i 50 anni, con punte di 53,1 anni nei ministeri.

La formazione dei quadri è prevalentemente di tipo giuridico, mentre soltanto il 6,6% dei dipendenti ha fatto progressi nella formazione informatica.

Un’età media così elevata significa che la maggior parte del personale, e soprattutto la parte che pure per ragioni anagrafiche ha maggiore responsabilità, è entrato nel sistema pubblico quando la trasparenza non era ancora una regola fondamentale dei rapporti fra pubblica amministrazione e cittadino.

Ed è accertato che una scarsa o insufficiente propensione alla trasparenza amplifica i rischi di conflitti d’interessi e in definitiva di corruzione.

Né dalla politica arrivano esempi e stimoli particolarmente edificanti: considerando che l’esempio arriva sempre dall’alto, le conseguenze sono preoccupanti.

Si assiste così a una regressione strisciante del principio di accountability, termine anglosassone che indica l’obbligo di rendere conto del proprio operato.

Sono sempre più frequenti casi in cui i giornalisti che domandano informazioni alle pubbliche amministrazioni si sentono rispondere che per ottenere quelle informazioni è necessaria una procedura formale di accesso agli atti.

Per non parlare dei siti internet nei quali si moltiplicano nella sezione “amministrazione trasparente” le pagine con la scritta “in lavorazione”.

Non ci si può quindi stupire se la storia anche recente dice che l’Italia è il Paese europeo nel quale il rischio di frodi ai fondi comunitari risulta inferiore soltanto all’Ungheria.

La relazione dell’Olaf, l’ufficio europeo per il contrasto alle truffe, riporta che nel 2022 sono state avviate nel nostro Paese ben 10 inchieste, nove delle quali sfociate in richieste di intervento alle autorità competenti per il recupero di somme evidentemente concesse in modo indebito.

Ovviamente la cronaca ci ricorda che nemmeno i denari del Pnrr sono al riparo dei truffatori, occasionali o seriali.

“Le notevoli dimensioni dei flussi finanziari appostati per l’attuazione del Pnrr possono rivelarsi molto vulnerabili a frodi, corruzione e infiltrazioni della criminalità organizzata”, ha avvertito pubblicamente qualche mese fa il presidente della Corte dei conti, Guido Carlino.

Spiegando che la proroga del cosiddetto scudo erariale per i funzionari che hanno paura di firmare non è la soluzione al problema della lentezza nell’uso di quei soldi.

L’ennesimo allarme, dopo quelli lanciati a suo tempo dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e dell’ex ministro dell’Economia Daniele Franco, al quale si risponde con i documenti e i protocolli d’intesa: non c’è Regione o ente locale che non ne abbia sottoscritto uno con le forze dell’ordine.

Quando la vera risposta, però, sarebbe un’altra.

Cioè, avere un apparato pubblico con personale preparato e motivato, che funzionasse davvero” conclude Rizzo.

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