Le morali oscillanti dei giornalisti sui dossieraggi veri o presunti
Inchieste giudiziarie, piroette giornalistiche e polemiche politiche su spionaggi o dossieraggi veri o presunti. Estratto dalla newsletter quotidiana di Francesco Cundari per Linkiesta
Fonte: Startmag.it
Come accade in ogni paese del mondo, ma da noi forse un po’ più che altrove, la lotta per il potere si svolge in larga misura attraverso un incessante commercio sotterraneo di intercettazioni, dossier, pettegolezzi, informazioni riservate, manipolate o inventate che pressoché quotidianamente emergono sui giornali o in tv, attraverso fughe di notizie dei più diversi tipi, quasi sempre (ma non sempre) legate all’attività giudiziaria.
Quando la vittima si azzarda a protestare, si leva in genere un coro assordante che denuncia subito l’attacco alla libertà di stampa e all’indipendenza della magistratura, e la questione si chiude lì. In alcuni momenti succede tuttavia che qualche rotella dell’ingranaggio s’inceppi, e un tecnico delle intercettazioni o delle indagini finanziarie, un magistrato, un agente dei servizi o un uomo della security di qualche grande azienda finisca sotto inchiesta o comunque sui giornali con l’accusa di «dossieraggio», per avere trafugato, archiviato e diffuso intercettazioni telefoniche, estratti conto e altri dati sensibili riguardanti esponenti delle istituzioni, della politica, della finanza, dello sport e dello spettacolo, dai più alti livelli ai più infimi.
Ma è davvero arduo capirci qualcosa, almeno a leggere i resoconti di quegli stessi giornali che in ogni altro giorno e in ogni altra pagina continuano a teorizzare, in nome della libertà di stampa da un lato e dell’obbligatorietà dell’azione penale dall’altro, l’impossibilità stessa di qualunque abuso da parte della stampa o della magistratura. Oggi è uno di quei giorni.
Il comma 3-bis dell’art.38 del D.lgs 231/07, testualmente recita: “3-bis. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela indebitamente l’identità del segnalante è punito con la reclusione da due a sei anni. La stessa pena si applica a chi rivela indebitamente notizie riguardanti l’invio della segnalazione e delle informazioni trasmesse dalle FIU o il contenuto delle medesime, se le notizie rivelate sono idonee a consentire l’identificazione del segnalante”.
In pratica, pubblicare il contenuto di una Sos prodotta da una banca o ancora peggio da un professionista – legale o contabile, significa svelare il nome e cognome del “segnalante” vanificando completamente la ratio del precetto normativo.
Aver violato questo divieto posto dal Parlamento della repubblica, invocando la libertà di stampa, significa dire che i giornalisti non sono tenuti al rispetto della legge.