martedì, Maggio 7, 2024
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La banca, tra merito creditizio & prestito obbligazionario

La banca, tra merito creditizio & prestito obbligazionario

Le risultanze investigative conseguenti a molti degli scandali scandali finanziari vissuti nel nostro Paese, che hanno coinvolto l’intera galassia finanziaria mondiale (dalla vicenda Enron alla Worldcom, dalla Cirio alla Parmalat e Giacomelli, dai crediti baciati alla truffa dei diamanti più recentemente, hanno dimostrato che molti istituti di credito, alla valutazione del tradizionale “merito creditizio”, hanno preferito sostituire la incentivazione e promozione del “collocamento obbligazionario” dei diversi gruppi imprenditoriali o speculare sulle commissioni per la mediazione offerta per l’occasione per la chiamata a raccolta della rete retail.

Io stesso presidente della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob), in una passata occasione di un incontro annuale con il mercato finanziario, con la relazione di rito, ha testualmente riferito:
“”I potenziali conflitti tra i diversi interessi possono portare gli intermediari a incentivare collocamenti obbligazionari da parte di società o gruppi nei confronti dei quali non ritengono di incrementare la propria esposizione.””

In pratica, le stesse banche hanno trovato un modo per fare business senza rischiare, come avveniva in passato quando, con l’inflazione a due cifre consentiva di acquistare il debito pubblico (Bot e Cct).

Alla luce dei disastri finanziari vissuti, possiamo dire subito e forse con maggiore precisione, che:

• Il conflitto di interessi nel mondo bancario, non è stato solo potenziale, bensì concreto e permanente;
• Il collocamento delle obbligazioni emesse sul mercato dalla Cirio, Parmalat e Giacomelli, non è stato solo incentivato, ma anche promosso e sponsorizzato nei confronti dei piccoli risparmiatori, in genere clienti delle stesse banche; diversamente, le medesime obbligazioni, per le stesse ragioni scoperte successivamente, non avrebbero certamente potuto trovare investitori istituzionali, nazionali o esteri, in modo particolare, nelle grandi banche d’affari;
• Le banche, rinunciando alla valutazione del “merito creditizio”, hanno di fatto rinunciato alla verifica attenta e ponderata circa la veridicità delle scritture contabili obbligatorie, primo fra tutte del bilancio di esercizio, contribuendo, non sappiamo ancora quanto passivamente, ad alimentare la dimensione dell’enorme danno patrimoniale perpetrato in danno della collettività;
• Così facendo, hanno trasferito di fatto i rischi dell’investimento obbligazionario sull’ignaro risparmiatore, beneficiando, di converso, del duplice effetto positivo ottenuto tanto dalle commissioni per il servizio prestato (opera di collocazione del prodotto finanziario), ovvero rientrando dalle diverse e già ragguardevoli esposizioni.

La negoziazione di titoli obbligazionari con investitori non istituzionali (comunemente denominata come clientela non professionale), se da un lato ha facilitato ed accelerato la collocazione, dall’altro ha contribuito in misura significativa a favorire le banche nel rientro di “impieghi” su posizioni di non facile recupero (spesso anche per la elevata concentrazione del rischio di credito), per rilevanti somme che altrimenti andavano ristrutturate o addirittura passate a sofferenza.
Pertanto, volendo leggere ed interpretare i fatti e le circostanze che vanno emergendo, possiamo dire che le banche, non solo non hanno voluto “incrementare la propria esposizione” (come riduttivamente, a mio sommesso parere, si è detto nella prefata relazione), ma sono andate ben oltre, nel perseguire e realizzare l’intento di rientrare da esposizioni già consolidate (obiettivo questo, realizzato grazie al ricavato dalla vendita dei bond), per le quali, molto verosimilmente, già sussisteva una sufficiente e reciproca consapevolezza d’insolvenza.

Il danno d’immagine registrato dal sistema creditizio nel suo complesso è stato notevole, e ciò ove si considera la diffusa sfiducia fra i risparmiatori che ne è conseguita, sulla cui entità solo il tempo, al momento l’unico vero galantuomo rimasto in circolazione, potrà fornirci la dimensione.

Ciò che è certo, è che il “profitto ad ogni costo” non paga, soprattutto quando si decide di sacrificare la fiducia del cliente, quale unico e vero patrimonio di ogni banca che nessun bilancio certifica, al di là di regole e variabili, scritte o solo pensate, auspicate o sussurrate, presenti o future, quali che esse siano.

La banca è, o forse mai come adesso dovrebbe tornare ad essere, lo specchio di valori condivisi, il ritrovo di un’etica che, se mai è veramente esistita, auspichiamo che non sia definitivamente perduta ma più semplicemente soltanto smarrita.

Auspici per l’immediato

Come ho appena detto, i numerosi episodi di malaffare registrato hanno allontanato il pragmatismo e l’interesse del risparmiatore laddove oggi vediamo, i conti correnti crescere in misura esponenziale.

Nel contempo, sono tanti gli allarmi o le richieste di aiuto – Ceo di Banca Intesa o il Presidente dell’Abi – che recentemente hanno pubblicamente auspicato l’intervento del risparmio privato nella vita dell’economia del nostro Paese.

Ne ho parlato in questo articolo: https://www.giovannifalcone.it/risparmio-nazionale-inviti-ad-alta-voce/

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