giovedì, Maggio 2, 2024
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“LOTTA ALLA CONTRAFFAZIONE E TUTELA DELLA SALUTE, DELLA SICUREZZA, DELLA LIBERTA’ ECONOMICA E DI IMPRESA.”

Premessa

Gli obiettivi di questo progetto possono sintetizzarsi nella esigenza di migliorare l’interesse Istituzionale a fronteggiare il grave fenomeno criminale della contraffazione, attraverso una specifica e più attenta formazione degli Operatori di polizia giudiziaria, oltre ad una generalizzata sensibilizzazione del consumatore sui rischi connessi.

Infatti, anche attraverso le scuole, sarà avviata una intensa opera di sensibilizzazione del consumatore in genere sugli enormi rischi per la salute e la sicurezza dei cittadini provocati dalla “Contraffazione” di prodotti alimentari, medicinali, cosmesi, giocattoli e altro ancora.

La “Contraffazione” è un fenomeno antichissimo, laddove basti pensare che alcuni scritti latini riferiscono che venivano falsificati i sigilli che attestavano l’autenticità di alcuni tipi di vino.

Forse è da qui che deriva l’aneddoto del testamento orale di quel genitore in punto di morte  .

Per “Contraffazione” dobbiamo intendere una alterazione e mistificazione della realtà, ovvero una falsificazione di un marchio di qualità, una imitazione di prodotti di minor valore spacciandoli per genuini.

Non c’è paese al mondo che non sia interessato dal fenomeno de qua. Ormai si falsifica di tutto: dai prosciutti di Parma ai contraccettivi, dal parmigiano reggiano ai medicinali, dai ricambi auto ai farinacei (pasta, pane etc.), dai giocattoli agli elettrodomestici.
Ormai l’intera economia è sommersa dai falsi. La nostra Istituzione, compresa l’Unione europea, è costretta a correre ai ripari, cercando di contrastare in ogni modo questa forma di diffusa illegalità.

Il nostro Paese, risulta interessato nella sua globalità: dai quartieri spagnoli del napoletano all’interland milanese,  dalla provincia di Prato all’ara pugliese o palermitana.

L’Italia è terza nel mondo come produttore di falsi e prima in  Europa per il consumo.

L’origine della merce contraffatta – soprattutto giocattoli e medicinali – sembra di provenienza asiatica, prevalentemente cinese ed entrano nella Unione europea sia attraverso i valichi doganali (contrabbando intraispettivo) – attraverso false dichiarazioni doganali  – sia fuori dai varchi doganali (contrabbando extraispettivo).

Conoscenza del fenomeno – effetti sull’economia

Gli effetti sulla economia sono molteplici e tutti particolarmente nefasti, quali:

• Economici, per un evidente calo di fatturato delle aziende, una significativa riduzione dell’occupazione regolare, della ricerca  e degli investimenti;
• Finanziari, per una drastica riduzione delle entrate fiscali a tutto danno della collettività;
• Sicurezza, per una chiara incidenza di mortalità sulla infortunistica stradale e trasporti in genere volta a influenzare la sicurezza dei cittadini;
• Alimentare, laddove si possono arrecare danni irreversibili alla salute dei cittadini spesso anche mortali  . Pensiamo quindi alla contraffazione degli alimenti, dei medicinali, cosmetici, prodotti per la persona etc..
• Fede pubblica, perché trattasi anche di reato che lede la “fede pubblica” che il cittadino ripone nei marchi distintivi o proprietà industriali quale indicazione di qualità e che a sua volta tutelano il c.d. Diritto d’autore, se parliamo di opere dell’ingegno. Infatti, il trasgressore risponderà oltre alle violazioni afferenti alla contraffazione – ex art. 473 cp – anche della ipotesi connessa alla Frode in commercio – ex art. 516 e seguenti cp..
• Aspetto sociale, che causa lo sfruttamento della mano d’opera e la criminalità collegata. A questo proposito voglio ricordare il fenomeno altrettanto grave dello sfruttamento improprio del “Made in Italy” ad opera di normali operatori economici. Parlo del c.d. Made in Italy importato.
Il nostro bravo operatore economico, connazionale, delocalizza la produzione del noto marchio in Paesi esteri aumentando i profitti in termini esponenziali e apponendo all’atto della immissione sul mercato il marchio finale del “Made in Italy”. Trattasi di una operazione vietata e punita dalla legge.

La delocalizzazione della produzione, se è vero che non toglie niente alla qualità e bontà del prodotto costituisce una inaccettabile speculazione alle regole del mercato e diventa concorrenza sleale all’analogo imprenditore che producendo in Italia deve pagare le tasse, deve osservare la normativa sulla sicurezza e sulla mano d’opera, cosa che non sempre avviene in altri Paesi e soprattutto in quello che lo stesso ha deciso di delocalizzare.

Definizione sociale del falso

Sulla base della comune esperienza maturata, possiamo dire che il fenomeno del “Falso” è percepito in modo variegato, come:
1. Falso per vero: è il tipico falso che prevede la frode all’utente, giocando sulla condizione di inconsapevolezza del consumatore riguardo alla falsità del prodotto che egli crede di acquistare per vero;
2. Falso quasi vero – inconsapevole: in questo caso viene fatto credere all’utente che si tratta di prodotto che – sia pure originale – presenta dei difetti di fabbricazione che comunque non si notano particolarmente (merce fallata, partita invenduta etc.). Anche in questo caso si è in presenza della più assoluta inconsapevolezza dell’utente rispetto alla vera natura del prodotto;
3. Falso quasi vero- consapevole: L’utente sa bene di acquistare un prodotto falso, ma spesso gli viene detto che sta acquistando un prodotto identico all’originale, ovvero prodotto dagli stessi artigiani e produttori;
4. Falso per falso: l’utente consumatore si trova in questo caso in una condizione di piena consapevolezza dell’acquisto di un prodotto assolutamente falso.

Cosa orienta l’industria del falso?

L’industria della contraffazione in Italia è diffusa in tutto il territorio, con punte particolarmente elevate in Campania (abbigliamento, componentistica, beni di largo consumo), Toscana, Lazio e Marche (pelletteria), Nord oveste e Nord est (componentistica e orologeria).

Sul falso incrociano motivazioni contrastanti.

Secondo uno studio della Demoskopea   chi acquista oggetti di lusso falsi lo fa per divertimento, per gioco o per convenienza e anche per dichiarare guerra alle grandi marche.

Nella ricerca del “Falso”, le ragioni principali credo che siano sostanzialmente di natura economica.

Al riguardo, a mero titolo di esempio, possiamo chiederci cosa induce una persona ad acquistare una borsa “Burberry falsa”  piuttosto che, a parità di prezzo, una borsa senza marca ma di buona qualità?

Riuscire a dare una risposta ad una domanda del genere serve a comprendere il fenomeno, laddove vediamo un aumento dei laboratori dediti a produrre falsi in risposta ad una domanda crescente che giunge dal mercato di griffe, di marche e di firme.

La contraffazione – rilevanza penale

Per contraffazione di marchio o di segno distintivo si intende la creazione di un nuovo contrassegno avente il medesimo significato esteriore e rappresentativo del marchio originale registrato.

La condotta penalmente rilevante dovrà essere direttamente riferita al segno coperto dal diritto all’esclusivo.

“”La contraffazione del marchio non sussiste nel caso in cui il modello di confezionamento del bene detenuto abbia uno stile simile a quello di un prodotto con marchio protetto, non essendo preclusa la imitazione ove questa sia attuata senza plagio di marchi o segni distintivi protetti (nella specie, la detenzione riguardava borse confezionate con uno stile simile a quello di una nota casa di produzione ma recanti la dicitura – ALTAMODA – e non già la denominazione di tale casa.”” 

In assenza di una contraffazione rivolta al segno potranno comunque emergere profili di rilievo penale con riferimento alle diverse caratteristiche in grado di contraddistinguere il prodotto, purché anch’esse coperte dal diritto all’esclusiva: così nei casi di riproduzione illecita non di un semplice segno ma delle caratteristiche distintive regolarmente registrate di un disegno o modello, tale da renderlo confondibile con l’originale agli occhi dei consumatori, si verterà in ipotesi di contraffazione di brevetti, disegni o modelli ornamentali richiamate dal secondo comma dell’articolo 473.

Entrambe le ipotesi testé delineate, oltre al già richiamato presupposto dell’esistenza di un diritto all’esclusiva, rendono immediatamente conto che la valutazione del giudice penale verte sulla CONFONDIBILITA’ fra segno registrato e segno contraffatto.

Confondibilità che aiuta a distinguere le condotte criminose che meritano un’attenzione di carattere penale, allorquando pongono in pericolo la funzione distintiva del contrassegno, lo sfigurano, recando confusione là dove, invece, per definizione della natura stessa del contrassegno, dovrebbe esserci distinzione.

“”Il giudizio di confondibilità ai fini dell’applicazione degli artt.473-474 c.p. trae origine dalla regola di vita pratica per cui il potenziale acquirente non ha normalmente s simultaneamente sotto gli occhi i due marchi, quello origina e quello contraffatto o alterato, ed è perciò portato a giudicare il più delle volte in base a ricordi sbiaditi o sommari relativo al marchio genuino sicché quel giudizio è strettamente ancorato al dato di esperienza, a nulla rilevando che un esame diretto e dettagliato evidenzi fra i due marchi differenze o somiglianze non catturabili da un raffronto approssimativo dell’acquirente.”” 

Sul punto la giurisprudenza si è tradizionalmente espressa nei seguenti termini:

“”Il reato di contraffazione del marchio previsto dall’articolo 473 sussiste anche nell’ipotesi in cui il soggetto commercializzi le effigi di marchi contraffatti indipendentemente dal fatto che siano impresse sul prodotto industriale che sono destinate a contrassegnare. Anche dal confronto con il successivo articolo 474 cod.pen. risulta infatti l’autonoma rilevanza penale riconosciuta dall’ordinamento all’attività di contraffazione del marchio in sé, indipendentemente dalla sua applicazione al prodotto.”” 

Questa lettura pone in rilievo il valore “certificatorio” del marchio laddove, anche la sua mera duplicazione, non autorizzata, configura ipotesi di rilievo penale di cui all’articolo 473, a prescindere dalla sua effettiva apposizione del segno sul prodotto imitato.
Varrà lo stesso concetto in presenza della fabbricazione di punzoni e altri strumenti per la creazione del marchio, purché finalizzati ad una funzione o impiego di carattere certificatorio.

Ragionando in questi termini, una certa dottrina considera il marchio un equivalente del “Sigillo” – tutelato dagli articoli 467 e 468 cp  .

La giurisprudenza di merito ha inoltre ritenuto legittimo il sequestro, oltre che delle merci recanti il marchio o i marchi contraffati, anche della macchina stampatrice e degli altri strumenti destinati all’apposizione dei falsi marchi di fabbrica e delle merci non ancora contraffatte, qualora si consideri che la macchina, i punzoni e le altre apparecchiature non possono non ritenersi di pertinenza delittuosa, essendo essi i mezzi impiegati per la commissione del reato, e che uguale apprezzamento di pertinenza criminosa debba riguardare le merci non ancora contraffatte, essendo queste comunque destinate alla contraffazione, nella specie non ancora verificatesi sol perché è intervenuta la polizia giudiziaria.

La tesi della plurioffensività è stata autorevolmente contestata dal filone dottrinale che si è spinto a valutare la reale funzione svolta dal marchio e che ha osservato come talvolta, al produttore, la contraffazione, oltre a non procurare alcun danno, può addirittura portare vantaggio.

In tema di cronaca commerciale per marchi di larghissimo consumo – soprattutto abbigliamento e pelletteria – si annoverano casi non isolati di multinazionali che non agiscono contro episodi di contraffazione ritenendo più vantaggiosa la diffusione, comunque attuata del proprio marchio.

In tal senso si è espressa qualche sentenza :

“”In caso di detenzione per vendere o vendita di beni apparentemente di lusso con marchio contraffatto da parte di cittadini extracomunitari per strada, il produttore non può lamentare né un danno diretto da sottrazione o sviamento della clientela, ipotizzabile solo ove il bene sia venduto come autentico in un comune esercizio commerciale, al prezzo di listino, o magari ad un prezzo leggermente inferiore per catturare qualche cliente in più, né una lesione dell’immagine commerciale del prodotto, che anzi può esaltarsi proprio nel momento in cui riesce a suscitare il falso; può solo ipotizzarsi che col tempo la diffusione del falso volgarizzi il prodotto autentico e lo privi del suo connotato di distinzione, ciò che tuttavia costituisce un solo danno  mediato.””

Cronaca di servizio dell’attività operativa

• Nel luglio 2002, i carabinieri hanno sequestrato a Napoli oltre 2000 borse griffate, di qualità tale da non essere facilmente distinguibili dalle originali. Probabilmente erano destinate al mercato legale. Nell’operazione, denominata “Veronica”, oltre le borse sono state scoperte due fabbriche abusive con sofisticati macchinari; 17 operai vi lavoravano in completa assenza di tutele;
• Una organizzazione commerciale cinese con sede legale e depositi a Roma riproduceva perfettamente le scarpe Nike e gli accessori per cellulare Nokia, completi di confezioni. L’operazione è stata condotta dalla Guardia di finanza e partita da alcuni sequestri fatti a venditori ambulanti abusivi;
• A Campi Bisenzio, nel gennaio 2003, la Guardia di finanza ha sequestrato due capannoni in cui venivano stoccati capi di pelletteria con il logo Fendi e Alviero Martini. I pezzi erano 150.000. L’organizzazione era completamente cinese, sia gli amministratori che gli operai e gli acquirenti. Un cittadino cinese, titolare di una Ditta di Import-export con sede a Roma stava per mettere in commercio 200.000 occhiali da vista e 9 mila Pokemon contraffatti, completi di marchio CE contraffatto, e non rispondenti alla normativa di sicurezza;
• Nel gennaio 2003, la Guardia di finanza ha sequestrato a Roma un container proveniente dalla Cina con 50 mila articoli contraffatti; 30 mila indumenti intimi marca lycra, 3 mila orologi Rolex, Breitlingt e Panerai, 20 mila cover Nokia e penne Mont Blanc. Il livello di perfezione era tale che è stato necessario ricorrere agli esperti;
• A la Spezia, nel febbraio 2003, la Guardia di finanza ha sequestrato 28 mila penne di qualità perfettamente imitate, tra cui 11 mila Parker e 1000 Mont Blanc. La contraffazione comprendeva i pennini in oro, le garanzie e gli astucci. Secondo gli inquirenti la merce era destinata agli esercizi commerciali;
• Nello stesso mese un maxi sequestro a Fiumicino con 3,5 milioni di capi contraffatti delle marche Levi’s, Versace, Hugo Boss per un valore di sei milioni di euro. Le due spedizioni sequestrate provenivano dalla Turchi ed Egitto; i contraffattori avevano attaccato sopra le etichette delle griffe, quelle di marchi locali;
• All’inizio di maggio 2003, la Guardia di finanza ha scoperto a Casalnuovo (Napoli) un deposito del valore di oltre 300 mila euro, con migliaia di profumi falsi (Chanel, Calvin Klein, Biagiotti, Dolce e Gabbana, false borse griffate Fendi, Gucci, Vuitton. In particolare risultano pericolose alla salute le creme solari. Le indagini hanno appurato che molti di tali prodotti sono state smerciate anche attraverso normali rivendite;
• Nel 2004, le più importanti operazioni della Guardia di finanza in alcuni capoluoghi italiani, hanno confermato collegamenti tra le organizzazioni italiane e quelle cinesi. A Forlì, l’operazione ha riguardato il sequestro di batterie Duracell, pile elettriche e lamette realizzate in Cina; un milione di euro di valore. In particolare è stato rilevato che la quantità di mercurio nelle batterie sequestrate era tre volte superiore a quello consentito dalla legge. Si è, invece, sviluppata tra Genova, Milano, Varese, Novara e Biella l’inchiesta che ha portato alla denuncia di 29 persone per associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione e 16 per ricettazione di prodotti contraffatti, oltre al sequestro di 300 mila capi d’abbigliamento contraffatti e di 465 mila etichette. Il meccanismo della truffa era semplice: la merce veniva prodotta senza marchio, successivamente l’organizzazione affidava a sarte di professione l’applicazione delle false etichette Dolce & Gabbana, Prada, Gucci, etc.;
• Nel napoletano, invece, è stata sgominata dalla DIA – in collaborazione con la DDA di Napoli – una vera e propria Holding dei “falsi”, facente capo al clan di Secondigliano. Tutto comincio qualche decennio prima, quando il clan sopra citato incominciò ad esportare jeans prodotti localmente. Col passare degli anni, l’iniziativa è cresciuta fino ad assumere un carattere industriale. In Campania, il clan si è costruito una struttura imprenditoriale semi-clandestina, quasi esclusivamente dedita alla produzione di abbigliamento contraffatto. Dopodiché attraverso lo sfruttamento di meccanismi e canali commerciali tipici delle più grandi aziende del “Made in Italy”, è riuscita ad espandersi in modo esponenziale nei mercati più ricchi del mondo: Francia, Germania, Inghilterra, Spagna, Australia e Stati Uniti. Il modus operandi era ovunque lo stesso: le fabbriche campane producevano capi di abbigliamento e giubbotti di pelle identici a quelli di una decina dei maggiori brand della moda italiana, da Armani ad Ermegilfo Zegna, che venivano poi esportati con bottoni ed etichette contraffatte con i nomi più prestigiosi del “Made in Italy”.

Esperienze di servizio

E’ di questi giorni (Sole 24 ore del 24 ottobre 2007) la notizia secondo la quale la UE starebbe lavorando ad un nuovo trattato Anticontraffazione.
“La Commissione europea chiederà un mandato agli Stati membri per negoziare un nuovo trattato internazionale anti-contraffazione. Lo ha annunciato ieri l’Esecutivo, spiegando che il negoziato avverrà con USA, Corea, Giappone e altri stati minori, ma non con Cina e Russia, i Paesi leader della pirateria.”

Strumenti di contrasto

Per quanto sia impossibile una esatta mappatura del fenomeno della contraffazione, sia per quanto riguarda la sua quantificazione che l’esatta provenienza – con particolare riferimento ai luoghi di produzione – appare innegabile l’urgenza di migliorare la nostra struttura di contrasto.

Voglio riferirmi, per esempio alla Istituzione Paese:

• Centralizzazione della banca dati dell’intera attività di servizio svolta dalle Forze dell’ordine  sul territorio, nazionale ed estero, laddove andremo a distinguere i vari settori operativi con apposito “Codice di riferimento”;
• La unificazione delle diverse banche dati oggi esistenti riguardanti la specifica problematica della contraffazione (Forze dell’ordine e Amministrazione doganale);
• Il censimento deve avvenire nello stesso contesto della statistica delle informative di reato, conseguente all’attività repressiva del servizio svolta (perquisizioni, sequestri, esecuzione misure cautelari etc.). Tale censimento, dovrà contenere oltre alla quantificazione e tipologia della merce contraffatta sequestrata, esito di eventuali perizie, anche la località del sequestro, l’origine della merce (provenienza, luoghi di produzione, rotta seguita, mezzi di trasporto utilizzati, vettori etc.), gli autori degli illeciti, la destinazione.
Sono elementi questi che potrebbero rivelarsi di particolare utilità in presenza di accordi internazionali di cooperazione, accordi bilaterali, finalizzati ad assalire le organizzazioni produttrici.

Con riferimento invece alla Impresa:

Bisogna migliorare e incentivare il ricorso alla tecnologia per aumentare sensibilmente la difesa del proprio Marchio, Brevetto o segno distintivo. Possiamo pensare ad appositi strumenti di controllo, sovente sofisticati e continuamente innovati, quali:
1.   IDENTIFICAZIONE I prodotti vengono identificati singolarmente (numero di serie), la produzione e la distribuzione sono strettamente sorvegliate, gli utenti sono registrati e appositamente registrati;
2. LOCK-IN Per impedire procedure di ricostruzione ingegneristica e copie non autorizzate, i produttori possono sviluppare strumenti tecnici, come la criptografia, interfaccia non standard, concezioni complesse. Questo rende difficile la copia al di la di ogni problema di brevetto;
3. UNNOVAZIONE E RINNOVO FREQUENTE DEL PRODOTTO Si attiva un frequente ricambio di prodotti sviluppando un alto tasso di innovazione, aggiungendo regolarmente miglioramenti tecnici nel design e nel processo di produzione. In questo modo i produttori sono sempre in vantaggio sugli imitatori;
4. AUMENTARE IL LIVELLO DI QUALITA’ E LA COMPLESSITA’ PRODUTTIVA Bisogna rendere i prodotti, componenti, materiale e processi di lavorazione più complessi e sofisticati, assolutamente possibili con le tecnologie esistenti. I tentativi di contraffazione diventano molto difficili, richiedono una competenza e attrezzature più avanzate e comportano un aumento dei costi;
5. SEGRETO INDUSTRIALE Tramite i Segreti, non si è obbligati a rivelare informazioni sulle innovazioni adottate e, in più, il segreto non ha una scadenza come il brevetto;
6. DISTRIBUZIONE ESCLUSIVA Il produttore può conoscere con precisione e monitorare la rete dei rivenditori. La distribuzione esclusiva è informazione pubblica e permette al consumatore di conoscere facilmente che la merce è originale. Inevitabilmente, i prodotti venduti al di fuori della rete esclusiva o sono falsi o sono rubati;
7.  FORMAZIONE DI CONSORZI E CARTELLI L’obiettivo principale è di condividere risorse e mezzi per far conoscere un colosso economico capace di minacce credibili sia nei confronti di altri produttori che di consumatori.

 

 

 

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