Linea dura della cassazione contro la violenza domestica. E’ infatti legittimo il sequestro preventivo delle armi da caccia del marito accusato di minacce di morte contro la moglie.
Lo ha affermato la Suprema Corte che, con la sentenza 21998 di oggi, ha confermato la misura cautelare preventiva con cui il Gip di Ravenna convalidava il sequestro di più armi da sparo e relative munizioni regolarmente detenute da un uomo, indagato per i reati di violazione degli obblighi di assistenza familiare e di minaccia grave ai danni della moglie. Il sequestro era stato eseguito d’urgenza dopo che la donna, che si stava separando dal marito, l’aveva denunciato per averla minacciata di morte, addirittura puntandole contro uno dei suoi fucili e gridando che l’avrebbe uccisa. L’uomo tentava inutilmente di difendersi, chiedendo la revoca della misura, sottolineando come in realtà il sequestro si basasse sulla sola versione dei fatti fornita dalla moglie, che tra l’altro l’aveva denunciato ben tre mesi dopo l’episodio di minaccia. Il Tribunale del riesame confermava però il provvedimento, ricordando che nella denuncia della donna erano contenuti riferimenti a un contesto di minacce reiterate, che andava bel oltre il singolo episodio. I giudici di piazza Cavour hanno condiviso la tesi dei giudici di merito, ravvisando, nei comportamenti dell’uomo, “il periculum in mora, idoneo a giustificare la misura cautelare ablativa, allo scopo di scongiurare il protrarsi delle conseguenze del reato e di prevenirne possibili ulteriori e piú gravi progressioni lesive”.