Chi ha effettuato un pagamento in realtà non dovuto in base a una sentenza provvisoriamente esecutiva, e poi riformata, ha diritto a essere indennizzato dal percettore della somma per l’intera diminuzione patrimoniale subita. Se dunque l’Inps deve restituire contributi incassati cui pure non aveva diritto, accanto alla somma capitale pagherà interessi o rivalutazione, nella maggior misura, a partire dal giorno del versamento. Lo stabilisce la sentenza n. 25589/10, emessa dalla sezione lavoro della Cassazione.
La restituzione del pagamento imposto dalla sentenza provvisoriamente esecutiva non rientra nella condictio indebiti disciplinata dall’articolo 2033 Cc: il versamento, infatti, non avviene nell’ambito di un rapporto privatistico ma risulta effettuato in ottemperanza a un atto pubblico imperativo. Ai fini degli accessori della somma da restituire, allora, non conta la buona o mala fede dell’accipiens, come nella ripetizione dell’indebito oggettivo, ma rileva solo il fatto che manchi la causa originaria del pagamento: il solvens deve quindi essere riportato nella stessa situazione patrimoniale in cui si trovava prima di effettuare il versamento.
La riparazione patrimoniale deve essere possibilmente integrale: l’istituto di previdenza dovrà aggiungere alla restituzione della somma quanto lucrato per interessi oppure per svalutazione monetaria, nella maggior misura; la svalutazione, fino a prova contraria, andrà liquidata nella misura del tasso medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi. Fa bene il giudice a disporre la restituzione della somma più accessori dal giorno del pagamento dell’indebito e non dalla domanda giudiziale di restituzione come previsto dall’articolo 2033 Cc per i percettori in buona fede.
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