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AUTOVELOX: La contestazione immediata non รจ necessaria

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Sentenza 12.10.2010 n. 21091

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

 

ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 349/2009 proposto da:

 

COMUNE DI STIGNANO, – ricorrente –

 

contro

 

G.U.; – intimato –

 

avverso la sentenza n. 298/2008 del TRIBUNALE di LOCRI, SEZIONE DISTACCATA di SIDERNO del 9/07/08, depositata il 22/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2010 dal Consigliere Relatore Dott. DE CHIARA Carlo;

è presente il P.G. In persona del Dott. CARESTIA Antonietta.

 

Fatto

 

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Locri Sezione distaccata di Siderno, respingendo l’appello del Comune di Stignano avverso la sentenza di primo grado di accoglimento dell’opposizione proposta dal sig. G.U. A verbale di accertamento di violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, (eccesso di velocità) rilevata il (OMISSIS) mediante apparecchiatura “Velomatic 512” direttamente gestita dalla Polizia Municipale, ha statuito l’illegittimità dell’atto per due ragioni: difetto della contestazione immediata pur essendo stato l’accertamento eseguito su tratto di strada statale non menzionato in decreto prefettizio ai sensi del D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4 (conv., con modif., in L. 1 agosto 2002, n. 168);

omessa produzione  del certificato di omologazione dell’apparecchiatura “Velomatic 512 matr. 1590” utilizzata per l’accertamento, che doveva quindi ritenersi inidonea.

Il Comune ha impugnato la sentenza di appello con ricorso per cassazione per quattro motivi, cui l’intimato non ha resistito.

Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. Il Consigliere relatore ha espresso  l’avviso che il ricorso sia fondato.

Detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. E notificata all’avvocato della parte ricorrente, i quali non hanno presentato conclusioni o memorie.

 

Diritto

 

Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, si critica la tesi del giudice di appello secondo cui, pur essendo nel verbale indicata la ragione di impossibilità della contestazione immediata prevista dall’art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. e), (”accertamento della violazione per mezzo di appositi apparecchi di rilevamento direttamente gestiti dagli organi di Polizia stradale e nella loro disponibilità che consentono la determinazione dell’illecito in tempo successivo poiché il veicolo oggetto del rilievo è a distanza dal posto di accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato in tempo utile o nei modi regolamentari”), tuttavia l’utilizzo di apparecchiature elettroniche per l’accertamento delle violazioni dell’art. 142 C.d.S. È consentito soltanto nei tratti stradali inseriti in decreti prefettizi ai sensi dell’art. 4 D.L. Cit..

Con il secondo motivo di ricorso, denunciando nuovamente violazione di norme di diritto, si osserva che non è necessaria la contestazione immediata nell’ipotesi di cui all’art. 201 C.d.S., comma 1, lett. e).

I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

La tesi del Tribunale, infatti, è smentita dal rilievo che l’accertamento eseguito ai sensi del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, è invece oggetto di espressa, distinta previsione all’art. 201 C.d.S., comma 1 bis, lett. f) e che la distinzione tra le due ipotesi di cui, rispettivamente, alle lett. e) ed f) del comma in questione consiste in ciò, che nella prima l’apparecchiatura utilizzata per l’accertamento è – a differenza che nella seconda ipotesi e come è concretamente avvenuto nel caso in esame -”direttamente gestita” dall’organo di polizia operante. In definitiva, cioè, l’inserimento del tratto stradale in un decreto prefettizio ai sensi dell’art. 4 D.L. Cit. è condizione di legittimità dell’utilizzo delle sole apparecchiature di rilevamento “a distanza” delle infrazioni (art. 4, comma 1, D.L. Cit.), non anche di quelle “direttamente gestite” – come nella specie – dagli organi di polizia (sulla legittimità dell’utilizzo di siffatte apparecchiature su tratti stradali non compresi in decreti prefettizi cfr. anche Cass. nn. 376 e 17905 del 2008).

Con il terzo motivo di ricorso, sempre denunciando violazione di norme di diritto, si osserva che l’omologazione si riferisce al tipo di apparecchiatura destinata all’accertamento delle infrazioni stradali, non a ciascun esemplare di essa, per cui la certificazione richiesta dal Tribunale non era necessaria.

Con il quarto motivo, infine, denunciando vizio di motivazione, si deduce che l’efficienza dell’apparecchiatura doveva presumersi sino alla prova, da fornirsi dall’opponente, del difetto di costruzione, installazione o funzionamento.

Anche questi motivi possono essere esaminati congiuntamente, attesa la loro connessione, ed accolti per l’assorbente considerazione che, come questa Corte ha già avuto plurime occasioni di osservare, la necessità di omologazione delle apparecchiature di rilevazione automatica della velocità, ai fini della validità del relativo accertamento, va riferita al singolo modello e non al singolo esemplare, come si desume, sul piano logico e letterale, dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345, comma 2, come modificato dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610, art. 197, secondo cui non ciascun esemplare ma “le singole apparecchiature” devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici (cfr. Cass. 29333/2008 ed ivi ulteriori riferimenti).

Il ricorso va in conclusione accolto e la sentenza impugnata va cassata.

Non essendo, peraltro, necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ult. Parte, con il rigetto dell’opposizione proposta al Giudice di pace.

Le spese dell’intero giudizio, sia di merito che di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione e condanna l’opponente alle spese processuali, liquidate in Euro 50,00 per esborsi, 150,00 per diritti ed Euro 200,00 per onorari, quanto al giudizio di primo grado, Euro 50,00 per esborsi, 100,00 per diritti e 500,00 per onorari, quanto al giudizio di appello, e in Euro 200,00 per esborsi e 400,00 per onorari, quanto al giudizio di cassazione, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2010

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