Anche una lite bagatellare può ben arrivare in Cassazione, ma a patto di pagarne lo scotto. L’autore delle molestie telefoniche a danno di due donne non accetta il verdetto dei giudizi di merito: risultato? Invece che pagare 500 euro di risarcimento del danno ne pagherà anche 1.000 di spese di giudizio, di cui 800 per onorari. Inutile scomodare i giudici di legittimità con un ricorso inadeguato dal punto di vista procedurale e, dunque, inammissibile. È quanto emerge dall’ordinanza n. 3663 del 14 febbraio 2011, emessa dalla terza sezione civile della Cassazione.
La sentenza del giudice di pace è confermata dal Tribunale: alle due signore va riconosciuto il risarcimento per la petulanza delle telefonate. Ma il molestatore non ci sta e ricorre alla Suprema corte. Il fatto è che l’impugnazione risulta inammissibile perché non contiene il momento di sintesi necessario a dimostrare il vizio di motivazione della sentenza di merito. In particolare, l’autore delle chiamate sgradevoli non riesce a smentire il carattere offensivo delle sue iniziative né a dimostrare che le telefonate non fossero riconducibili alla sua persona. Insomma: poteva risparmiarsi di far perdere del tempo ai giudici. E ora paga pedaggio.
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